ANCHE I CRUCCHI PIANGONO - LA GERMANIA TAGLIA LE STIME SULLA CRESCITA E IL SECONDO TRIMESTRE 2014 SARA’ DELUDENTE: PESANO LE TENSIONI TRA RUSSIA E UCRAINA - PER NOI NESSUNA GODURIA: SE I TEDESCHI SI FERMANO, PER L’ITALIA CI SARA’ UN ALTRO ANNO DI RECESSIONE


1 - ORDINI A PICCO, ANCHE LA GERMANIA FRENA

Tonia Mastrobuoni per “la Stampa

 

SIGMAR GABRIEL E ANGELA MERKEL

Un «raffreddore estivo» lo chiama Marco Wagner, analista di Commerzbank, confidando su una ripresa da metà anno. Ma intanto la pioggia di dati economici negativi degli ultimi giorni fa pensare che giovedì l’istituto di statistica tedesco potrebbe formulare anche per la Germania un bilancio in nero per il secondo trimestre. Una settimana dopo la doccia fredda del ritorno dell’Italia in recessione, qualche osservatore si spinge a prevedere persino un andamento negativo per il Pil tedesco, tra aprile e giugno.

 

angela merkel vestiti

La prima economia europea non sarebbe tecnicamente in recessione - il primo trimestre è stato positivo - ma se anche fosse un dato piatto, sarebbe comunque il segnale inequivocabile che il gigante nordeuropeo si è insabbiato. Insomma, anche gli osservatori più ottimisti non vanno ormai oltre una stima di stagnazione.?Colpa, principalmente, di un «effetto Ucraina che nel secondo trimestre si è fatto sentire in tutta la sua durezza» spiega ad esempio Wolfgang Nierhaus dell’Ifo.

 

angela merkel 4

Le tensioni con la Russia, importante partner principale per Berlino, ma anche i focolai di crisi in Iraq, in Siria o in Israele hanno costretto le imprese a tirare il freno a mano. Proprio dall’Ifo, l’istituto che misura l’indice di fiducia delle imprese, sono arrivati i primi segnali di allarme: è in discesa da tre mesi. Ieri un altro dato che misura l’umore congiunturale, l’indice Zew sull’andamento dell’economia, è letteralmente crollato da 27,1 a 8,6 punti: le attese erano di un calo a 17 punti. ?

 

Ma il numero più impressionante uscito nei giorni scorsi, sentinella di una possibile dinamica negativa dell’economia tedesca anche nei mesi estivi, è l’andamento degli ordinativi: a giugno sono crollati oltre il 4%, trascinati a ribasso dalla caduta verticale di quelli provenienti dall’eurozona (-10,4%). E qui si annida il secondo, importante motivo della frenata tedesca: esporta ancora il 40% dei suoi prodotti nell’eurozona.

 

BUNDESBANK

Se si fermano in particolare la Francia o l’Italia e i Paesi della fascia mediterranea, difficile che la Germania possa ripartire. Lo scrisse anche il Fmi nel suo rapporto del 2013 sul Paese di Angela Merkel: le imprese erano imbottite di liquidità ma non sapevano che farsene: erano in attesa che il resto dell’eurozona ripartisse.?La maggior parte degli istituti economici, ma anche la Bundesbank, sta riformulando dunque in peggio le previsioni per l’andamento del Pil per il 2014, stimato universalmente attorno all’1,9-2%.

 

BUNDESBANK

Deutsche Bank ha già fatto sapere che l’economia tedesca non crescerà oltre l’1,5%. E ieri il ministero dell’Economia, guidato dal vicecancelliere Gabriel, ha diffuso un rapporto in cui spiega che «dopo il forte primo trimestre si arriva adesso ad un indebolimento nel secondo. Assieme a un debole sviluppo dell’eurozona, contribuisce l’insicurezza degli sviluppi geopolitici». In particolare «la produzione e gli ordini alle fabbriche sono diminuiti nel secondo trimestre». Tuttavia la prospettiva di una tendenza congiunturale «positiva», scrivono gli uomini di Gabriel, resta «intatta».

 

2 - SE SI FERMA LA LOCOMOTIVA TEDESCA?UN ALTRO ANNO DI RECESSIONE IN ITALIA

Tonia Mastrobuoni per “la Stampa

 

quartier generale di Deutsche Bank a Francoforte

Forse dovremmo smetterla di chiamarla «locomotiva». La probabile, brusca frenata dell’economia tedesca nel secondo trimestre ne dimostra ancora una volta tutta la fragilità. Il Paese che soprattutto dagli anni Novanta si è costruito un profilo da “Cina d’Europa”, da campione di esportazioni, è anche il più esposto a fattori esogeni. È trainato, in fondo, da locomotive che sono altrove: in Asia, negli Stati Uniti, nell’Est europeo.

 

DEUTSCHE BANK

E quando lì scoppiano le crisi, come sta accadendo in Medio Oriente, o quando con alcuni partner commerciali i rapporti si incrinano, come sta accadendo con la Russia, la Germania si arena. E, rappresentando un terzo dell’economia prodotta nell’eurozona, il problema è che costringe anche gli altri a fermarsi. Più che locomotiva, è il vagone più lungo di un convoglio che ha il resto del mondo come testa.

 

industrie imprese tedesche 4

Ma che ha la forza, deragliando, di trascinare la coda con sé.?Il rischio, se la stagnazione tedesca dei mesi primaverili dovesse trascinarsi oltre e compromettere anche la seconda metà dell’anno, è molto chiaro: «l’Italia, e forse l’Europa, rischierebbero un altro anno in recessione». Ne è convinto Sandro Trento, che ricorda che all’inizio dell’anno le stime di crescita europee erano state riformulate in meglio proprio per una fiammata della prima economia europea: «se ora la Germania di ferma, costringerà tutti a fare lo stesso». Per l’Italia, in particolare, che accoglie ogni anno 12 milioni di turisti tedeschi, che è il quinto Paese esportatore verso la Germania, «è un guaio serio».

 

industrie imprese tedesche 3

Francesco Daveri, economista dell’università di Modena, ricorda che per alcuni settori dell’industria, come la meccanica strumentale, l’apporto tedesco è «cruciale». ?Il punto debole dell’economia tedesca è da anni la sua anemica domanda interna: i salari ristagnano, ma anche gli investimenti - privati e pubblici - sono enormemente scesi, osserva Sandro Trento.

 

Nel 2000 rappresentavano ancora il 22% del prodotto interno lordo, ora sono il 17%. ?È vero che di recente sono accadute due cose che testimoniano una presa di coscienza, nel Paese di Angela Merkel, che anche la spinta interna vada rafforzata. Il governo ha approvato prima dell’estate il salario minimo da 8,50 euro all’ora, che dal primo gennaio del 2015 varrà per quasi tutti e che dovrebbe stimolare maggiormente i consumi, nei prossimi anni. Sarebbe una buona notizia anche per i partner europei.?

 

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Soprattutto, la Bundesbank, che ha sempre fatto della moderazione salariale un caposaldo delle sue prediche di politica economica, ha invitato esplicitamente i sindacati a pretendere rinnovi contrattuali più generosi. Una notizia talmente bombastica che da allora qualcuno ha cominciato a vedere davvero nero, per l’economia tedesca.?Ma proprio per questo, un fronte che secondo Francesco Daveri andrà monitorato da vicino nelle prossime settimane perché potrebbe riservare delle sorprese, è quello della Bce.

 

industrie imprese tedesche 1

Se la Germania si ferma, l’economista è convinto che potrebbe anche sbriciolarsi la granitica opposizione dei tedeschi - e della Bundesbank - all’ipotesi di un quantitative easing, di un acquisto in massa di titoli privati e pubblici da parte della Banca centrale europea, per stimolare l’economia dell’area euro. «Credo che già a settembre, in virtù di questi dati tedeschi, potremmo aspettarci una sorpresa, da questo punto di vista». Anche perché, aggiunge, «l’inflazione sta decelerando molto velocemente».?

 

E quello della deflazione è ovviamente il rischio più temuto, per l’eurozona. Il dato diffuso ieri dall’Istat sull’inflazione in Italia, piombata a 0,1% e già negativo in dieci città, è preoccupante. Anche se Draghi continua ad allontanare per l’Europa scenari “giapponesi”, cioè periodi prolungati di prezzi in calo come è avvenuto nell’ultimo ventennio nel Paese ora rimesso in moto da Shinzo Abe, si moltiplicano gli analisti che reputano questo pericolo come sempre più concreto. ?