ANCHE L’ITALIA DEVE STARE IN GUARDIA: LUNEDÌ SCORSO UN MISSILE ISRAELIANO È ATTERRATO A CINQUECENTO METRI DALLA BASE ONU DI MANSOURI, IN LIBANO, DOVE SONO DISLOCATI I MILITARI ITALIANI DELLA MISSIONE “UNIFIL” – TRA ROMA E TEL AVIV C’È UN PATTO NON SCRITTO: NESSUN COLPO DEVE AVVICINARSI A UN RAGGIO DI UN CHILOMETRO ALLE NOSTRE POSTAZIONI. MA LE MILIZIE DI HEZBOLLAH SI NASCONDONO NEI BOSCHI CHE CIRCONDANO LA BASE ITALIANA, E GLI ISRAELIANI, COM’È NOTO, SE NE FOTTONO DELLA DIPLOMAZIA…
-Estratto dell’articolo di Francesco Bechis per www.ilmessaggero.it
Lo scoppio, l’onda d’urto. Vetri in frantumi, schegge intorno. È una guerra che tocca da vicino anche l’Italia, quella che infuria tra Israele ed Hezbollah. Letteralmente. Lunedì, nove di sera (otto italiane). Un rumore sordo fa scattare i nostri Caschi blu di stanza nella base Onu di Mansouri.
Sono le donne e gli uomini di Italbatt, l’unità operativa che comanda la missione Unifil. Un missile israeliano atterra a circa cinquecento metri dall’entrata della base, volano schegge. La porta di vetro dell’infermeria italiana va in mille pezzi per l’onda d’urto della deflagrazione. […] Nessuno rimane ferito. I danni alla base sono superficiali. Ma una linea rossa intanto è stata varcata.
Già perché tra gli italiani e i militari israeliani c’è un patto non scritto, da rinnovare ogni giorno: nessun colpo di mortaio deve avvicinarsi alle postazioni Onu oltre il raggio di un chilometro. Qualcosa invece lunedì non ha funzionato: l’Idf, le forze di difesa israeliane, intercettano una postazione di miliziani Hezbollah nei boschi che circondano la base italiana. Non attendono oltre: sparano.
[…] A Roma scatta subito l’allarme, squillano i telefoni. Giorgia Meloni, Antonio Tajani, Guido Crosetto: i vertici del governo sono informati del colpo di cannone atterrato a poche centinaia di metri dalle postazioni italiane. Si attivano anche i Servizi entrando in contatto con il Mossad.[…].
[…] Tajani si muove per primo, sente per telefono l’omologo israeliano Katz, poi ha un contatto perfino con il presidente Herzog. Crosetto fa lo stesso. Il ritiro del contingente Unifil, ha detto ieri, «non è in discussione» anche se sono allo studio nuovi piani di evacuazione. Il pressing sul governo di Tel Aviv sembra produrre risultati: dal governo Netanyahu assicurano che aumenteranno e sensibilmente la cautela nelle operazioni intorno alle basi Unifil.
Certo, il momento resta teso. Perché se la nota redatta nei minuti di apprensione per i vertici militari a Roma sembra sminuire, parla di «danni minori alle infrastrutture nelle vicinanze della base Mansouri (UNDP 1-26)» il missile israeliano non è il primo ad aver sfiorato una base dei Caschi blu alla frontiera mediorientale.
A fine agosto quattro osservatori Onu sono rimasti feriti dalle schegge di una bomba mentre attraversavano la Blue Line. D’ora in poi, sperano a Palazzo Chigi, il coordinamento sugli attacchi sarà più stretto.
[…] La promessa israeliana, violata nell’incidente di lunedì sera, è che nessun colpo atterri nel raggio di un chilometro da dove sono appostati i soldati. Raccontano che qualche giorno fa un gruppo di militari Unifil italiani fosse pronto a uscire dalla base per un giro di perlustrazione.
All’ultimo è arrivato il warning degli israeliani: restate dove siete. Poche ore dopo un’esplosione è risuonata in lontananza. Una postazione di miliziani Hezbollah, armata di lancia-razzi, è finita incenerita dalle forze armate di Netanyahu. Gli incidenti però sono dietro l’angolo. Una rete tutta italiana si è mossa una settimana fa per scongiurarne altri.