AVREMMO POTUTO GIÀ AVERE GLI EUROBOND. POI ARRIVARONO I TEDESCHI - IL PRIMO ACCORDO ISTITUTIVO DEL MES, FIRMATO L’11 LUGLIO 2011, ERA UN’INTESA POLITICA FINALIZZATA ALL’INTRODUZIONE DEGLI EUROBOND - POI SI MISE IN MOTO LA MACCHINA CRUCCA: “LA GERMANIA VERREBBE PUNITA NONOSTANTE LA SUA BUONA POLITICA ECONOMICA. BISOGNA INSISTERE SU UNA MAGGIORE DISCIPLINA SUL FRONTE DEL DEBITO PUBBLICO E PORRE FINE AI PERMISSIVI VINCOLI DI BILANCIO”. ANCHE SARKOZY FU COSTRETTO A CEDERE…
-Antonio Grizzuti per “la Verità”
Gli eurobond sacrificati sull' altare dell' amicizia tra Parigi e Berlino da due boia d' eccezione: l' ex presidente francese, Nicolas Sarkozy, e l' attuale cancelliera tedesca Angela Merkel. Per chiarire i dettagli della tragica fine delle emissioni europee di debito comune occorre riavvolgere il nastro all' indietro, nel periodo che va dall' estate del 2011 fino ai primi mesi del 2012. La vicenda degli eurobond è intimamente legata a quella della nascita del Mes.
Come chiarito ieri su queste stesse pagine, esistono due versioni del trattato istitutivo del Mes. La prima, approvata durante l'Ecofin svoltosi l'11 luglio 2011, fu firmata da Giulio Tremonti, a quei tempi ministro dell'Economia. La seconda, invece, risulta attualmente in vigore e venne approvata il 2 febbraio del 2012, quando a capo del governo c'era Mario Monti. Come recita la relazione che accompagna la legge di ratifica del 2012, firmata da Enzo Moavero Milanesi, Giulio Terzi di Sant' Agata e dallo stesso Monti, quella del 2 febbraio è una «nuova versione che supera quella sottoscritta l'11 luglio 2011», la quale non è stata «avviata a ratifica in nessun Paese dell' eurozona».
È lo stesso professore a spiegare alla Verità che il Mes varato a luglio altro non era che il frutto di un «accordo politico finalizzato all' introduzione degli eurobond». Strumenti i quali, per questioni di natura legale non potevano essere inseriti direttamente nel trattato, ma che era previsto fossero realizzati a margine del Fondo salvastati. La tesi di Tremonti sulla fragilità del testo licenziato dall'Ecofin è suffragata dal fatto che appena dieci giorni dopo, il 21 luglio 2011, il vertice euro delibererà di modificare il trattato appena approvato per «accrescerne la flessibilità». Rimane il fatto che, se il Mes va avanti, degli eurobond si perdono le tracce. Perché?
Come già dichiarato al nostro quotidiano dall' ex ministro, ci fu un periodo durante il quale intorno agli eurobond pareva ci fosse consenso. La lettera a quattro mani pubblicata sul Financial Times da Jean-Claude Juncker e dallo stesso Tremonti, datata 6 dicembre 2010, è la dimostrazione che le buone intenzioni per realizzarli c' erano tutte. Ma la prova regina risiede nella risoluzione approvata dal Parlamento europeo il 23 marzo 2011, la quale al punto «j» stabiliva che «ad integrazione del Meccanismo europeo di stabilità, l'Unione dovrebbe promuovere un mercato consolidato di eurobond».
Qualcosa però, appena dopo il delicato accordo raggiunto a luglio, interviene per spezzare l' idillio. Subito dopo Ferragosto, il ministro tedesco dell' Economia, Philipp Roesler, esprime con forza la sua contrarietà agli eurobond: «La Germania verrebbe punita nonostante la sua buona politica economica».
Sul Sole del 23 agosto, citando la proposta Tremonti-Juncker, intervengono a favore degli eurobond gli economisti Romano Prodi e Alberto Quadrio Curzio. Ma due giorni dopo arriva la doccia fredda: Hans-Werner Sinn, presidente del più importante pensatoio economico tedesco, informa che «il cancelliere tedesco Angela Merkel ha resistito alle pressioni provenienti dal Sud Europa e ha detto no agli eurobond». Secondo Sinn, si tratta di una lezione esemplare per gli Stati spreconi: «Per la ripartenza di questi Paesi non si può far altro che insistere pazientemente su una maggiore disciplina sul fronte del debito pubblico e porre fine ai permissivi vincoli di bilancio».
Sul fronte interno, la Merkel sa che dire sì agli eurobond significa perdere voti. L'azione del governo italiano è neutralizzata dalla lettera minatoria che esige le riforme strutturali inviata da Mario Draghi e Jean-Claude Trichet. Si apre quindi un braccio di ferro tra l'allora presidente francese Nicolas Sarkozy e Angela Merkel. La svolta arriva il 5 dicembre con la resa di Sarkozy: «Gli eurobond non sono la soluzione, non possiamo rischiare una divergenza tanto grande tra le due economie più grandi d'Europa». Si apre così una delle pagine più oscure della storia recente dell' Ue, quella che Tremonti definisce la «chiamata dello straniero in Italia». Piegato dal ricatto dello spread, al governo guidato da Mario Monti non rimane che obbedire.