AVVISATE LETTA CHE A MADRID HA VINTO ISABEL AYUSO, RICONFERMATA PERCHÉ ANTI-LOCKDOWN: LA SINISTRA PRO-CHIUSURE E' STATA SPAZZATA VIA - IL SUO SLOGAN, "LIBERTÀ", HA COLPITO GLI ELETTORI CHE CI HANNO LETTO LIBERTÀ DI USCIRE, DI ANDARE AL CINEMA, AL RISTORANTE - SORGI: "LA SCELTA DI LETTA DI PUNTARE SU UN SOLO AVVERSARIO - SALVINI - E DI CONDIVIDERE LE RAGIONI DEL MANTENIMENTO DI PRUDENZA E RIGORE È UNA SCOMMESSA. IN ITALIA NON C'È STATA OCCASIONE DI MISURARE IL PESO DI QUESTO GENERE DI POLEMICHE SUL PIANO ELETTORALE. LA PRIMA CIRCOSTANZA SARANNO LE COMUNALI…"

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1 - «LIBERTÀ»: COSÌ AYUSO SOGNA OLTRE MADRID

Andrea Nicastro per il "Corriere della Sera"

 

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Isabel Díaz Ayuso è nata e cresciuta tra quattro strade di Chamberí, quartiere elegante, ma non il più caro di Madrid. Di lei non si segnalano imprese memorabili, parenti in paradiso o voti scolastici da Nobel. Media borghesia, si è trovata un lavoro unendo la simpatia per il Partido Popular a un veloce master in Comunicazione politica: scriveva tweet per la cagnolina di una leader Pp. A 40 anni era fidanzata con un parrucchiere, ma politicamente una sconosciuta; a 42 è la «protettrice dei bar», la «killer delle sinistre», la speranza del Pp di tornare alla maggioranza assoluta.

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La parabola di Ayuso è esemplare di una politica in trasformazione accelerata e di una lettura ancora più frettolosa. La sua candidatura nel 2019 fu imposta dal segretario del Pp, Pablo Casado, per togliersi dai piedi due concorrenti interni. Dicono che un genio della comunicazione, Miguel Ángel Rodríguez, lui sì con tutti i quarti di nobiltà politica a posto, la teleguidi. Ovviamente, visto che lei è donna, il genio è maschio. Dicono infine che la sua disinibizione verso l' estrema destra diventerà la cifra dell' intero partito e che il centro-destra virerà a destra.

 

isabel diaz ayuso

Tutto può essere, però Ayuso ha anticipato e stravinto le elezioni di martedì alla Comunidad di Madrid perché da novembre i sondaggi mostravano che oltre il 40% dei madrileni approvava le sue misure per addolcire i lockdown anti Covid. Cinque mesi dopo i madrileni che l' hanno votata sono il 44% e la sua scommessa su una vita quasi normale anche in tempo di pandemia è stata tutto sommato vinta.

 

C' è stato un terzo di morti in più della media nazionale, ma gli ospedali non sono collassati. I prudenti dicono «colpa sua», chi non ha avuto lutti in famiglia dice «sarebbe successo comunque». Di fatto, in questi cinque mesi, Ayuso ha cementato l' intesa con quei madrileni che si sentono privilegiati a vivere in una città «normale».

 

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Nel frattempo, Ayuso (tranne che per il fidanzato lasciato a novembre) non è cambiata.

Ha continuato a non essere un' ideologa e a non discutere benissimo. Ha accettato un solo confronto tv senza fare faville perché le bastava non rovinare il giudizio che i suoi concittadini hanno sulla sua forma «light» di gestire la lotta al virus. Il suo slogan, «libertà», un classico del centro-destra, in questi tempi eccezionali ha ritrovato smalto. Libertà di uscire, di andare al cinema, dagli amici, al ristorante e, ovvia promessa, libertà di pagare meno tasse. È stata la discesa in campo di Pablo Iglesias, il leader di Unidas Podemos, a virare la campagna elettorale in crociata contro il fascismo a cui Ayuso ha subito risposto evocando il pericolo comunista.

 

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Individualismo contro dirigismo. Liberalismo contro centralismo. Il problema (per le sinistre) è che il Pp governa Madrid da 26 anni e gli elettori non si sono preoccupati per una presidenta destrorsa che, secondo loro, stava facendo bene. La polarizzazione ha avuto altri effetti: Iglesias ha lasciato la politica, i socialisti sono scesi al minimo storico, l' unica sinistra rafforzata è stata Más Madrid, favorevole ai lockdown. La candidata pro-chiusure (un' anestesista) ha ottenuto il 16%. La governatrice contro le chiusure il 44%.

Il successo della Ayuso dice a tutta Europa che il ciclo politico favorevole alla prudenza sanitaria sta scadendo.

ENRICO LETTA E MATTEO SALVINI

 

2 - MADRID E NOI

Marcello Sorgi per "la Stampa"

 

Viene dalle elezioni spagnole un segnale che dovrebbe far riflettere il centrosinistra italiano. La vittoria di Isabel Diaz Ayuso, leader dei popolari che a Madrid dovrà governare in alleanza con il movimento di destra radicale Vox, è anche il primo test elettorale a favore della linea "aperturista" e contro il rigore imposto dal governo Sanchez per salvaguardare la popolazione dal rischio Covid e limitare i danni della pandemia.

 

ENRICO LETTA E MATTEO SALVINI

Invece "la Presidenta" ha vinto sull' onda di una campagna giocata tutta sul «vivere alla madrilena», cioè, in sostanza, fregandosene, e senza rinunciare a godersi la vita. Lo scontro elettorale in Spagna somigliava molto al braccio di ferro che si trascina senza tregua all' interno della larga maggioranza che sostiene Draghi, con Salvini che prende le difese di ristoratori e baristi, e Letta che lo accusa di tenere «un piede dentro e uno fuori» dal governo.

 

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Finora in Italia non c' è stata alcuna occasione di misurare il peso di questo genere di polemiche post-Covid sul piano elettorale. La prima circostanza dovrebbero essere le elezioni comunali del prossimo autunno, che, con il voto in cinque tra le maggiori città del Paese, vedrà quasi certamente una campagna condotta con argomenti nazionali. La propaganda è già partita, anche se il clou dovrebbe arrivare a settembre, quando l' allarme-contagi, con la conclusione della campagna vaccinale, dovrebbe sperabilmente essere sceso.

 

Ma la scelta del leader del Pd di puntare su un solo avversario - Salvini - e di condividere quotidianamente le ragioni del mantenimento di prudenza e rigore - «riaperture in sicurezza, per non doversi trovare con le richiusure» -, è certamente una scommessa.

In fondo, nel cosiddetto «ventennio berlusconiano», le accuse lanciate quotidianamente contro Berlusconi contribuivano anche a mantenerne alto il tasso di popolarità, oltre a dare la sensazione di una coalizione a corto di programmi in positivo.

 

ENRICO LETTA E MATTEO SALVINI

Non a caso Veltroni, nella campagna elettorale del 2008 che seguì la fondazione del Pd e si concluse, sì, con la sconfitta del centrosinistra, ma con un risultato (quasi 34 per cento) mai raggiunto prima in elezioni politiche, scelse di non rivolgersi mai direttamente al Cavaliere, né per nome né con uno dei suoi arcinoti soprannomi.