AVVISATE LA MELONI: CON LEI A PALAZZO CHIGI I PROBLEMI VERRANNO DALL’ESTERO – SENTITE IL POLITOLOGO LIBERALE (TENDENZA MALAGODI) GIOVANNI ORSINA: “QUANDO MI RIFERISCO A PROBLEMI DI LEGITTIMAZIONE E CONDIZIONAMENTO PER LA MELONI PENSO ALL'EUROPA. I CONSERVATORI DI MELONI NON GOVERNANO NÉ A BRUXELLES NÉ A PARIGI O BERLINO. FARSI ACCETTARE DA UE, FRANCIA E GERMANIA SENZA ANNACQUARE LA PROPRIA IDENTITÀ POLITICA SARÀ LA SFIDA DI FDI" – I FRONTI CALDI DEL RAPPORTO CON LA LEGA E IL RUOLO DEL QUIRINALE
-Alessandra Ricciardi per “Italia Oggi”
«Meloni ha ben presente la parabola discendente di Gianfranco Fini. E farà di tutto per evitarla. Certo, quando non si è più all'opposizione ma si governa, e ci si deve muovere sul confine sottile tra legittimazione e condizionamento dei "poteri forti", è tutto più difficile», dice Giovanni Orsina, storico dell'Università Luiss Guido Carli e direttore della School of government dell'università romana.
Il centrodestra si avvia a vincere le elezioni del 25 settembre, «ammesso pure, bisogna vedere con quali numeri, il che sarà decisivo anche per definire gli assetti interni alla maggioranza». Nel rapporto tra Fratelli d'Italia e Lega, due i fronti caldi su cui potrebbero esserci scossoni: «Le politiche di bilancio e l'autonomia».
E l'interlocuzione con il Quirinale? «Girano voci, che forse in quanto tali non andrebbero commentate. Ma fosse pure vero», ragiona Orsina, «considerate le chance che Giorgia Meloni ha di diventare presidente del consiglio, direi che è istituzionalmente naturale che vi siano delle interlocuzioni che preparano il terreno».
Domanda. La coalizione Fratelli d'Italia, Lega, Forza Italia pare avere un vantaggio non recuperabile sul centrosinistra. Che centrodestra sarà quello che uscirà dalle urne del 25 settembre?
Risposta. Molto dipenderà dai risultati dei singoli partiti e da quello della coalizione nel suo complesso, se avrà una maggioranza solida o risicata.
Ammesso, ovviamente, che vinca. L'impressione è che l'elemento centrale nel cdx sarà Fratelli d'Italia e Meloni ha già mostrato di aver fatta propria la convinzione che le condizioni del contesto storico in cui governeranno saranno molto cogenti. L'incognita è il ruolo che avranno nella partita Matteo Salvini e Silvio Berlusconi, un'incognita importante che rende imprevedibile anche il tasso di coesione nel tempo della coalizione.
D. A quali condizioni cogenti di governo si riferisce?
R. Se il cdx vince va al governo in un momento molto difficile per l'Italia, in un quadro europeo e internazionale di grandi tensioni. Questo richiede innanzitutto che chi si candida a governare sia considerato affidabile a livello internazionale.
Meloni sul versante dell'atlantismo ha lavorato molto, su quello europeo meno. E poi c'è l'altro grande tema dell'affidabilità rispetto al debito pubblico, all'Italia si chiede di continuare a garantire la sostenibilità dei conti pubblici. E FdI, messa alla prova da ultimo sul dl Aiuti bis, ha mostrato grande cautela sull'ipotesi di scostamento di bilancio.
D. La Lega invece ha chiesto uno scostamento di bilancio per un intervento immediato di 30 miliardi di euro per aiutare famiglie imprese contro il caro bollette, come del resto fatto anche in altri Paesi europei. Si intravedono già le prime frizioni?
R. È prematuro dirlo, almeno all'inizio il collante del potere sarà molto forte. Certo dipende anche dalle condizioni in cui si troverà il Paese, se in autunno le difficoltà dell'economia italiana saranno gravi come si teme, le tensioni saranno inevitabili.
D. Salvini ha ottenuto che nel programma del cdx tra i punti chiave vi sia l'autonomia differenziata. Ce lo vede un partito statalista e romanocentrico come Fratelli d'Italia passare dalle parole ai fatti e dire sì al federalismo?
R. È il secondo dossier caldo su cui potrebbero esserci tensioni nel cdx. Anche se Salvini ha coltivato ambizioni di partito nazionale, la Lega è autonomista e di fronte a una FdI che le erode consensi al Nord rivendicherà l'attuazione della riforma-chiave per il proprio territorio. E su questo un partito attento all'unità nazionale come Fratelli d'Italia potrebbe far fatica. A maggior ragione se dovesse essere primo partito le sue contrarietà peseranno.
D. In questi giorni si sono susseguite indiscrezioni su un'interlocuzione molto forte tra la Meloni e il Quirinale. Voci realistiche?
R. Rimangono voci, che forse in quanto tali non dovremmo nemmeno commentare. Diciamo però che sono verosimili, perché hanno un loro senso. Se Meloni andrà a Palazzo Chigi, dal punto di vista istituzionale è del tutto fisiologico che vi sia un'interlocuzione con il presidente della Repubblica. E che essa sia anche preventiva, per preparare il terreno del prossimo governo, non trovo sia affatto disdicevole. Anzi: sarebbe preoccupante il contrario.
D. Quali sono le caselle governative che il Quirinale attenzionerà?
R. Il Quirinale è particolarmente attento al rispetto degli impegni internazionali dell'Italia, il che vuol dire avere un occhio sulla politica estera, che comprende come sfera di azione almeno Esteri, Difesa ed Economia.
D. Fini sdoganò la destra portandola al governo con Alleanza nazionale.
Un'ascesa trionfante pari alla discesa fragorosa che ne seguì dopo la rottura con Berlusconi. Ora tocca a Giorgia Meloni.
R. La mia impressione è che Meloni abbia ben presente la parabola discendente di Gianfranco Fini. E che farà di tutto per evitarla. Certo, quando non si è più all'opposizione ma si governa, e ci si deve muovere sul confine sottile tra legittimazione e condizionamento dei "poteri forti", è tutto più difficile.
D. Quali condizionamenti?
R. Quelli che derivano dai molti meccanismi di interdipendenza internazionale nei quali l'Italia è inserita. È a questo che mi riferisco quando dico "poteri forti": un'espressione alquanto cospirativista che non mi piace, ma è tanto per capirsi.
D. Si riferisce all'Europa?
R. Soprattutto, ma non soltanto. Quando mi riferisco a problemi di legittimazione e condizionamento, sto anche pensando al fatto che l'Europa non è un'entità astratta. È un'entità politica, nella quale i conservatori di Meloni non governano né a Bruxelles né in capitali importanti quali Parigi o Berlino. Farsi accettare in quelle città senza però annacquare la propria identità politica sarà la sfida di FdI.