Goffredo De Marchis per “la Repubblica”
«Not in my name. Se vogliono ancora Visco, se lo facciano loro, Gentiloni e Mattarella». Matteo Renzi ha appena finito di parlare al telefono con il presidente del Consiglio. Era a Civita Castellana, racconta ai suoi collaboratori rimasti a Roma, in una tappa del suo viaggio in treno. I due si spiegano, trovano a fatica una formula di compromesso in grado di risparmiare al Paese una clamorosa spaccatura tra governo e partito di maggioranza sulla mozione anti-governatore di Bankitalia. Con Palazzo Chigi si mette una pezza alla fine di una giornata molto difficile. Almeno sul piano formale.
Con il presidente della Repubblica, no. Assolutamente no. Lo strappo con Renzi è definitivo, suggeriscono fonti del Colle. Al Quirinale, per tutto il pomeriggio, risuona più volte la parola «eversione». Un ribaltamento delle regole istituzionali tutto addebitato al segretario del Pd.
Una sfida in piena regola alle prerogative del capo dello Stato e soprattutto a una scelta praticamente già fatta dallo stesso Sergio Mattarella: confermare alla guida di Via Nazionale Ignazio Visco, il cui mandato scade tra due settimane. «Se qualcuno pensava di affossarlo, adesso lo ha rafforzato », è il concetto attribuito a un Mattarella fuori dalla grazia di Dio. Nessuno del Pd aveva avvertito il Colle e Palazzo Chigi della mazzata in arrivo.
ignazio visco piercarlo padoan
Ma Renzi accetta il braccio di ferro, mettendosi alla pari del presidente della Repubblica. La sua ricostruzione dei fatti sembra una cronaca neutra: «I 5 stelle presentano una mozione contro Visco e contro l'attività di Bankitalia. Noi non potevamo votarla e infatti ci siamo espressi contro. A differenza di Bersani che fa tanto il puro su Visco ma si è astenuto sul testo dei grillini. Ma Visco non lo vogliamo, questo è chiaro, E abbiamo presentato una mozione del Pd». Semplice no? Mica tanto.
La prima versione dell' ordine del giorno parlava esplicitamente di «discontinuità» ovvero un siluramento di Visco. Gentiloni, stretto tra Mattarella e Renzi, esprime il suo dissenso netto: «Così il governo non può dare il parere favorevole ed è il caos». Allora Ettore Rosato corregge il testo. Non va ancora bene ma si può riformulare e alla fine c' è il via libera. «In fondo è venuta fuori una mozione soft», commenta Renzi con un certo sarcasmo.
Ma la bomba è appena esplosa. Visco considera la mozione «un agguato». È la sua prima reazione. La seconda è peggio perché diventa un comunicato minaccioso: «Il Governatore è pronto ad essere audito nella Commissione banche con tutti i dati a sua disposizione». Vorrà parlare di Banca Etruria, tallone d' Achille del renzismo? Il Quirinale non sta a guardare. Si sentono Gentiloni e Mattarella. Il presidente della Repubblica è furibondo. Prepara anche lui un comunicato e lo diffonde sulla Reuters, l'agenzia internazionale, per tranquillizzare i mercati. E per far capire al mondo che qualcuno gioca allo sfascio.
È in gioco il rapporto tra Renzi e il Quirinale. Bankitalia finisce quasi sullo sfondo. Ma non per il segretario del Pd che sembra rivendicare il diritto di fare la campagna elettorale a modo suo. «Se noi non avessimo detto nulla - spiega ai suoi interlocutori - avrebbe significato che Visco doveva rimanere al suo posto. Questo è proprio quello che nessuno mi può chiedere. Approvare la riconferma di Visco, no. Lo vogliono Gentiloni e Mattarella? Se ne assumano la responsabilità».
Renzi in sostanza si domanda come i presidenti del Consiglio e della Repubblica non vedano quello che è sotto gli occhi di tutti. «Visco ha combinato un pasticcio sulle quattro banchette e ha una colpa enorme nella mancata vigilanza. Come si può pensare che questi quattro anni passino in cavalleria?».
L' impressione che Renzi vuole dare è che sia stato un sacrificio già grande attenuare la mozione. «Perché dev' essere chiaro: noi non ci carichiamo la responsabilità della riconferma ». Quindi la battaglia continua. Mattarella non tornerà indietro su una decisione già presa e sponsorizzata dal presidente della Bce Mario Draghi. La mozione del Pd però non rimarrà un fatto isolato. Le parole del segretario dem sono una dichiarazione di guerra e non soltanto una resa gridata. Quindici giorni così sono lunghi.
Può Gentiloni proporre la conferma di Visco se la posizione del leader del suo partito è questa? Può Mattarella non tenere il punto? E in fondo al percorso Renzi dovesse perdere il match, l' audizione di un Visco riconfermato alla commissione d' inchiesta sulla banche vedrà schierato il plotone dem. Lo si capisce dal sorrido beffardo di Matteo Orfini, uomo forte del Pd in quel gruppo di lavoro. «Che ha i poteri della magistratura », ricorda Orfini.