BALLANO LE POLTRONE ALLA SCALA E SCARONI MINACCIA DI ANDARSENE - A RISCHIO I 3 MILIONI DI EURO DELL’ENI


Pierluigi Panza per il "Corriere della Sera"


Dopo la levata di scudi della politica lombarda e delle direzioni di Scala e Piccolo Teatro contro il decreto «Valore cultura», che metterebbe in difficoltà la gestione dei due teatri noti in tutto il mondo, la riflessione si sposta ora sulla ricerca di un punto d'equilibrio per la governance e sulle possibili ripercussioni. Il punto di equilibrio sarà studiato nel fine settimana, quando il ministro Massimo Bray incontrerà a Milano il sindaco Giuliano Pisapia, il governatore Roberto Maroni e i rappresentanti dei teatri. Le possibili ripercussioni sono da tenere in seria considerazione.

SCARONI E SERVILLO

«Stiamo attendendo di sapere quale sarà la governance della Scala. Se ci saranno cambiamenti significativi, rivedremo la nostra posizione», dichiara Paolo Scaroni, numero uno di Eni, uno dei soci fondatori del Teatro alla Scala sin dal ‘97. Quello dell'Eni sarebbe l'addio clamoroso di un privato, ma non il primo: Pirelli lasciò alcuni anni fa dopo la decisione di Stéphane Lissner di non continuare con la gestione del teatro degli Arcimboldi. L'Eni, che siede del Cda proprio con Scaroni, e precedentemente con l'ad Vittorio Mincato (un grande esperto wagneriano) eroga circa 3 milioni di euro all'anno, con investimento complessivo di circa 40 negli ultimi 10-12 anni.

Investimenti supplementari erano stati fatti anche in occasione di alcune «prime» degli anni passati. Un investimento importante quello di Eni, che si giustifica solo con un ruolo diretto nella governance e in Cda. Solo che, scendendo da undici a sette il numero massimo di consiglieri nei teatri - così è stato stabilito dalla modifica approvata in Senato del decreto -, la presenza dei privati viene messa in discussione, e anche la forma di gestione pubblico-privato potrebbe entrare in crisi. Di conseguenza, un privato come Eni potrebbe optare verso forme di sostegno culturale più legate a singole manifestazioni.

scaroni padellaro feltri
FRANCESCO MICHELI STEFANE LISSNER

Sebbene questo motivo di attrito, introdotto dal Senato, possa essere superato in fase di regolamenti attuativi, è anche il caso di chiarire lo stato dei finanziamenti dei teatri, a partire dai quali si possono tracciare le linee di governance. Dal ministero, infatti, trapela una certa amarezza per la situazione di contrapposizione sollevata da Milano verso un decreto che non si ritiene centralista o statalista, bensì finalizzato, in primo luogo, a ripianare l'esorbitante debito (circa 340 milioni) accumulato in tempi recenti o lontani - da tutte le fondazioni lirico-sinfoniche. Un decreto che non si ritiene nemmeno intenzionato ad ostacolare l'autonomia, piuttosto a calibrarla a seconda del capitale investito. Un decreto, infine - come ha sottolineato la Cgil -, per la stesura del quale era stato invitato a partecipare anche il sovrintendente, che ha scelto di non prenderne parte.

Napolitano e Lissner
Teatro Alla Scala

Quanto al capitale investito, lo Stato resta di gran lunga il maggior finanziatore. Prendiamo la Scala: nel 2012 la Regione ha messo 2,9 milioni, azzerati i contributi della Provincia, 7 circa dal comune, 19 milioni e 600 dai privati contro un investimento del ministero così composto: 30 milioni e 700mila dal Fus, 475 milioni extra per la tournée e 6 milioni e 600 mila euro dal fondo ministeriale Arcus. Dunque più del 50%, e ciò comporterebbe, secondo un pronunciamento del 2011 della Corte costituzionale, che sia maggioritario in Cda.

Teatro alla scala
MARCO TRONCHETTI PROVERA VALERIA MAZZA ALEGANDRO GRAVIER

Vero è anche che la Scala, sommando i contributi privati e i ricavi propri (cioé anche la biglietteria) raggiunge i 72 milioni. Dati analoghi si ritrovano negli anni precedenti.
Maggiori motivi di disparità ha il Piccolo, che riceve 3 milioni e 200 mila euro dal ministero per un fatturato di circa 20 milioni all'anno.
Entrambi i teatri hanno il merito di aver raggiunto i pareggi di bilancio attraverso varie azioni, tra le quali il contributo da parte dei lavoratori e la raccolta di fondi privati, sui quali, per la Scala, si è speso il vicepresidente Bruno Ermolli. Ma anche grazie al sostegno degli enti pubblici e dello Stato, che non è mai mancato.

GIULIANO PISAPIA E ROBERTO MARONI