LA BANDA DEL BUCO (DI BILANCIO) – LE NUOVE STIME DELLA COMMISSIONE EUROPEA SUL PIL (+0.7%) CREANO UNA VORAGINE DA DIECI MILIARDI NEI CONTI PUBBLICI. LA MAGRA CONSOLAZIONE PER IL GOVERNO “DUCIONI” È CHE DA BRUXELLES NON ARRIVERÀ LA RICHIESTA DI MANOVRA CORRETTIVA SUBITO. MA PRIMA O POI, UN AGGIUSTAMENTO DI BILANCIO SARÀ INEVITABILE. GIORGETTI ACCELERA IL PERCORSO PER PRIVATIZZARE L’ARGENTERIA DI STATO (POSTE, ENI, FERROVIE), MA L’INTRECCIO CON LE EUROPEE RENDE TUTTO COMPLICATO…

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Estratto dell’articolo di Alessandro Barbera per "La Stampa”

 

GIANCARLO GIORGETTI - GIORGIA MELONI GIANCARLO GIORGETTI - GIORGIA MELONI

[…] La cattiva notizia è che mezzo punto di crescita in meno significa un buco nei conti pubblici di dieci miliardi di euro. La buona è che difficilmente questo scenario si tradurrà entro l'estate in una richiesta di manovra correttiva. Pur essendo in uscita, il commissario italiano all'Economia Paolo Gentiloni […] resterà al suo posto per gran parte di quest'anno.

 

Il fatto che sin d'ora getti acqua sul fuoco dell'ipotesi è significativo. A primavera l'Italia […]entrerà formalmente in procedura per deficit eccessivo, ma la Commissione uscente non ha più la forza politica per imporre un aggiustamento dei conti in corso d'anno. E però la conferma del dimezzamento delle stime di crescita per il 2024 ora apre un problema serissimo per la maggioranza in campagna elettorale.

 

meloni gentiloni meloni gentiloni

«La situazione è sotto controllo», si limitano a spiegare dal Tesoro. A via XX settembre […] sono sempre più prudenti: prova ne è lo stallo che va avanti da settimane sul decreto per rifinanziare le spese tagliate ai Comuni dopo la revisione del Recovery Plan: ci sono ancora da trovare 1,9 miliardi.

 

Il calo delle stime di crescita e l'aumento del deficit avranno conseguenze sul piano di privatizzazioni, che ora deve procedere senza ripensamenti. A primavera ci sarà la cessione di una quota di Poste, poi si passerà ad Eni e - realisticamente in autunno - sarà il turno di Ferrovie, l'operazione più complessa.

 

Di Poste - già quotata in Borsa - sarà venduta una quota superiore al dieci per cento fin qui pronosticata: sulla carta il trenta per cento, l'intero pacchetto detenuto direttamente dal Tesoro. Di Eni sarà ceduto il quattro per cento, non più di quanto necessario a mantenere il controllo pubblico del colosso energetico. Per Ferrovie si ipotizza la cessione del trenta per cento di Trenitalia dopo la separazione dalla rete, che controlla anche le strade di Anas.

 

GIANCARLO GIORGETTI - GIORGIA MELONI GIANCARLO GIORGETTI - GIORGIA MELONI

La faccenda è complicata dal fatto che prima delle elezioni il governo deve procedere al rinnovo delle nomine nella stessa Ferrovie e a Cassa depositi e prestiti, controllata dal Tesoro e azionista di Poste ed Eni. Non è un caso […] che Giorgia Meloni stia accarezzando l'ipotesi di confermare sia il numero uno di Fs Luigi Ferraris sia quello di Cdp Dario Scannapieco, entrambi scelti da Mario Draghi.

 

Né Meloni sembra lasciarsi condizionare dalle battute che nei momenti di sconforto fanno dire a Giorgetti che andrebbe volentieri a occupare un posto nella nuova Commissione di Bruxelles. La debolezza politica di Matteo Salvini e della Lega […] complica la vita di Meloni e del ministro leghista del Tesoro, i cui rapporti con il leader sono sempre alterni.

 

PAOLO GENTILONI - GIANCARLO GIORGETTI PAOLO GENTILONI - GIANCARLO GIORGETTI

Complici i tassi alti in tutta Europa, lo spread fra Btp italiani e Bund tedeschi per ora non preoccupa il governo. Ieri ha chiuso a 149 punti, in lieve rialzo rispetto ai giorni precedenti. Il rendimento dei titoli resta però alto, al 3,85 per cento, e tiene alto il costo degli interessi sul debito.

 

La speranza a cui può attaccarsi il governo è quello di un taglio dei tassi da parte della Banca centrale europea - ai massimi dal 2007 - dove il dibattito sul quanto e il come è aperto.

giorgia meloni paolo gentiloni giorgia meloni paolo gentiloni

 

[…] La pressione dei governi su Christine Lagarde perché Francoforte faccia un passo è sempre più forte. L'ipotesi più probabile è quello di un taglio nella riunione del 6 giugno, il primo giorno in cui i cittadini europei andranno alle urne, ma - a meno di un ulteriore aggravamento del quadro - c'è chi non esclude una decisione l'11 aprile. Nulla può essere dato per scontato: più sale la pressione della politica, maggiori sono le probabilità che i venti banchieri della zona euro rispondano sottolineando le ragioni della loro indipendenza.

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