IL BARATTO CONTE-DRAGHI - COME DAGO-ANTICIPATO, L'AVVOCATO DI PADRE PIO SI ACCONTENTERA' DI PRESERVARE IL REDDITO DI CITTADINANZA, ULTIMO BALUARDO IDENTITARIO DEL M5S, IN CAMBIO DELL'OK ALLA RIFORMA DELLA GIUSTIZIA - RENZI FA IL GUASTATORE: VUOLE IL REFERENDUM PER CANCELLARE IL SUSSIDIO GRILLINO, MANDANDO IN CRISI PD E CINQUESTELLE - MA POI AI MILIONI DI POVERI, CRESCIUTI IN UN ANNO E MEZZO DI PANDEMIA, CHI CI PENSA?
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REDDITO CITTADINANZA: CONTE,DRAGHI PRENDA POSIZIONE CHIARA
(ANSA) - "Ieri ho sollecitato il Presidente Draghi a prendere una posizione chiara e ferma in merito a un dibattito 'inquinato' che si trascina da giorni. Alcuni leader di partito hanno deciso di prendere di mira gli aiuti alle fasce più deboli e più esposte della popolazione". Lo scrive su Fb il leader in pectore del M5s Giuseppe Conte. "Il Movimento 5 Stelle sta lavorando per migliorare il Reddito di cittadinanza", ma "non consentiremo a nessuno di togliere gli ombrelli di protezione ai più deboli in mezzo a un diluvio. Abbiamo scelto di stare dalla parte di chi non ha voce", aggiunge.
"Non sorprendono le dichiarazioni di chi propone referendum per cancellare reddito e pensioni di cittadinanza per milioni di cittadini e famiglie in difficoltà economica. Quando, forti della propria esperienza di potere, si sottoscrivono contratti per centinaia di migliaia di euro con produttori compiacenti, il rischio di diventare insensibili ai bisogni dei più fragili è nelle cose. Dispiace anche il tono di chi parla di 'metadone per i tossicodipendenti' riferendosi al sostegno economico fornito con il Rdc dallo Stato a tanti italiani", prosegue l'ex premier.
"Non fa onore alla nostra democrazia e ai nostri valori il fatto che forze politiche che si candidano a governare il Paese possano perdere la bussola del rispetto per le difficoltà dei cittadini. Eventuali abusi vanno contrastati - chiarisce Conte -. L'ho detto io per primo. È per questo che abbiamo sin dall'inizio previsto che le dichiarazioni false costituiscono reato. Ma la forza della Politica non può essere quella di correre dietro ai grumi di interessi economico-finanziari che hanno mezzi e risorse per far sentire la propria voce e per interferire nei processi decisionali.
La forza della Politica deve esprimersi porgendo l'orecchio alla voce di tanti che soffrono e non hanno voce. Invito queste forze politiche ad approfondire le tante microstorie dei beneficiari del reddito, di oltre 1,3 milioni di minori e di mezzo milione di disabili per cui queste risorse rappresentano un sostegno imprescindibile per mangiare e per far fronte a bisogni di vita essenziali.
Le invito ad approfondire le storie di tanti precari che lavorano e non riescono a mettere insieme uno stipendio degno, tanto da dover ricorrere al Reddito per 'sopravvivere'. Così come quelle di tanti pensionati che ricorrono alla pensione di cittadinanza per alleviare la sofferenza economica del proprio nucleo familiare. Invito tutti a fare un bagno di umiltà e di umanità, a rispettare storie e momenti difficili. A darsi da fare, invece di nascondere i principi della nostra Costituzione sotto una coltre di superficialità e slogan volgari", conclude.
2 - RENZI VUOLE ABROGARLO, I RIFORMISTI NO. SARÀ IL VOTO DEL DIVANO
Dario Di Vico per "l'Economia - Corriere della Sera"
La metafora non è originalissima ma rende. Proponendo o solo ipotizzando un referendum abrogativo del reddito di cittadinanza Matteo Renzi ha replicato la mossa dell'elefante in cristalleria. Il Reddito fortissimamente voluto dal Movimento 5 Stelle durante la pandemia alla fine il suo compito l'ha fatto, ha rappresentato una diga contro un ulteriore smottamento della società ma si porta dietro tante contraddizioni.
Il leader di Italia viva lo sa, ma una battaglia «migliorista» non sembra interessargli, preferisce rompere i vetri specie se si tratta di quelli del Pd, spera forse di portarsi dietro la Lega ma comunque finisce per fare un regalo ai 5 Stelle. Così la pensa Tommaso Nannicini, il padre del jobs act («una riforma Gorbaciov, più amata all'estero che in Patria») e ora parlamentare del Pd. «Polarizzare l'elettorato ci fa tornare indietro di qualche anno. Il referendum è tutto giocato in chiave tattica, mentre noi avremmo bisogno di migliorare e ricucire il welfare. Andando incontro alle esigenze di precari, giovani e partite Iva».
È evidente che nel gioco dei costi e benefici della battaglia politica - o come si usa dire delle "bandierine" - i percorsi della buona amministrazione si perdono. Eppure il dibattito sulla revisione del Reddito non solo trova qualche urgenza nella congiuntura politica ma avrebbe il vantaggio di contribuire a risistemare il puzzle del welfare italiano. L'antefatto è facile da raccontare.
Nonostante che l'Italia del '900 sia stata la culla della sinistra laburista e del sindacalismo abbiamo colpevolmente ritardato nel dotarci, come quasi tutti i Paesi europei, di un reddito minimo che combattesse la povertà. In extremis il centro-sinistra tentò di porre rimedio a questa clamorosa amnesia istituendo sotto il governo Gentiloni il Rei (Reddito di inclusione), che aveva però dei limiti oggettivi di stanziamento e conseguentemente di una platea ristretta di beneficiari.
La vittoria elettorale dei 5 Stelle aprì la strada all'attuale Reddito di cittadinanza che fu però mal disegnato e a chi lo mise nero su bianco sin dai primi giorni fa piacere che adesso questo giudizio venga fatto proprio anche dal presidente dell'Inps, Pasquale Tridico, vero regista dell'operazione. Si scelse la formula ibrida - come la chiama Nannicini - si vollero sommare l'obbiettivo del contrasto alla povertà con quello della lotta alla disoccupazione costruendo così un ircocervo, andando a pescare un presunto guru (Mimmo Parisi) nel Mississippi e istituendo una figura quella dei navigator che l'attuale ministro del Lavoro, Andrea Orlando considera da eliminare.
Piuttosto che mettere in campo un referendum abrogativo oggi varrebbe la pena tagliare quel legame, affidare con opportune modifiche al Reddito la lotta contro l'indigenza e affrontare i temi del lavoro con altri strumenti che possono chiamarsi politiche attive e persino salario minimo. Ma comunque inserite in una corsia parallela, non nello stesso calderone. Del resto proprio Tridico nei giorni scorsi ha detto che due terzi dei 3,7 milioni di beneficiari del Reddito è costituito da soggetti non occupabili.
Ovvero minori, disabili, persone con difficoltà fisiche o psichiche ed altre categorie minori. Quindi solo in pochi casi la povertà è causata dalla perdita del posto di lavoro. È stato importante che sotto pandemia questi soggetti fossero tutelati e questo è riconosciuto anche da diversi esperti o analisti di orientamento riformista, in passato vicini a Renzi e che avevano avversato l'istituzione del Rdc.
Abrogarlo ci farebbe ritornare alla casella del Via quando invece tutti i Paesi occidentali in qualche maniera hanno comunque allargato le reti del welfare. Piuttosto andrebbero indagate alcune contraddizioni intrinseche al funzionamento del Reddito che sono state sottolineate con forza in questi anni sia da commentatori liberal sia dalle associazioni contro la povertà.
La prima è di carattere territoriale. L'assegno erogato è uguale su tutto il territorio nazionale ma è sin troppo facile sottolineare che i differenziali di costo della vita ne rendono asimmetrica l'efficacia. Non è un caso che tutte le rilevazioni dell'Istat nella stagione del Reddito abbiano dimostrato con la forza dei numeri come l'area della povertà assoluta si sia allargata soprattutto al Nord e in particolare nelle grandi città e nei comuni limitrofi. Un assegno medio di 552 euro - secondo i dati Inps - a Milano copre molto poco. La seconda contraddizione riguarda l'equilibrio tra beneficiari single (attorno ai 9.600 euro annuali) e famiglie numerose (tra i 10.800 e gli 11.800 euro annuali).
Una contraddizione che però è stata affrontata indirettamente dall'istituzione da parte del governo Draghi dell'assegno unico familiare che aggiungendo circa 2.400 euro per ogni figlio ha sensibilmente modificato la situazione. Il terzo problema del Reddito non è di carattere normativo ma riguarda i controlli. Secondo il presidente del Cnel, Tiziano Treu, non se ne sono fatti a sufficienza, mentre «c'è bisogno di più ispettori e più trasparenza per evitare che l'erogazione del Reddito finisca per fare concorrenza alla fascia bassa dei lavori». Sempre secondo Treu dovendo individuare dei miglioramenti da introdurre «in una migliore connessione con la rete di assistenza dei Comuni».
Pur con questi rilievi il numero uno del Cnel pensa che «il referendum possa far leva su argomenti sbagliati» e crede che sia meglio aspettare «una direttiva Ue sui redditi minimi che è in corso di preparazione e che si muove con l'intento di armonizzare le normative nazionali attraverso linee guida comuni». Sarà dunque ancora una volta l'Europa a togliere la castagne dal nostro fuoco? Vedremo.
«Siamo stati gli unici al mondo a concepire una norma unica per povertà e disoccupazione - commenta l'ex presidente dell'Anpal e docente alla Bocconi, Maurizio Del Conte - e cosa ancora più grave questa scelta ha portato a interrompere la costruzione, difficile per carità, di politiche attive universalistiche. Tutta la legislazione è diventata Reddito-centrica». Detto questo, il provvedimento anti-povertà pur con molti buchi «è servito soprattutto al Sud per limitare i danni della pandemia mentre un referendum abrogativo ci farebbe fare un errore speculare a quello di averlo disegnato male».
Anche Del Conte è su una linea migliorista, teme un dibattito pubblico centrato sul tema del divano (oggetto simbolo dell'assistenzialismo che demotiva i disoccupati dal cercare un lavoro) e invita a ricostruire con pazienza la rete del welfare. «Non credo che serva inventare nulla, basta studiare le best practice internazionali e ricondurle al nostro contesto».
E proprio in questa chiave Nannicini ha depositato in Parlamento una proposta che si chiama reddito di formazione e che spiega così: «Un reddito di formazione, una super Naspi (indennità di disoccupazione, ndr) che dia a un disoccupato, a una partita Iva o a un giovane che cerca lavoro per la prima volta una forte garanzia del reddito. E più forza per rifiutare un tirocinio sottopagato o un lavoro con un salario bassissimo».