LA BATTAGLIA DELLA RETE/2 – A RENZI NON PIACE QUESTA TELECOM CHE ASPETTA VINCENT BOLLORÈ E SI PREPARA A FARE AFFARI CON MEDIASET – TRA LE IPOTESI IN CAMPO PERFINO UN RITORNO DELLO STATO IN TELECOM CON UNA QUOTA DEL 10% PER STRINGERE SULLA FIBRA OTTICA
Francesco Manacorda per “la Stampa”
Si scrive Enel ma si legge Telecom. Che il colosso elettrico, chiamato in causa da fonti di governo come partner per un’infrastruttura di telecomunicazioni a banda ultralarga, sia o non sia tra i prossimi protagonisti della partita in fondo poco importa. Quel che conta, invece, è che il braccio di ferro tra Telecom Italia e il governo guidato da Matteo Renzi è di quelli durissimi.
Succede che Palazzo Chigi vuole creare una sorta di autostrada ad altissima velocità dei bit che arrivi dappertutto, nelle grandi città come nei paesini. L’obiettivo - afferma - è quello di rendere il Paese più connesso e produttivo: sulla banda ultralarga passerebbero i film in streaming come le applicazioni industriali o commerciali. Per attuare il suo programma il governo vuole usare come base Metroweb, società controllata dalla Cassa depositi e prestiti - cioè dallo stesso governo e dalle Fondazioni bancarie - che ha già cablato con la fibra ottica la rete di tlc di Milano e lo sta facendo in altre grandi città del Nord.
E in accordo con Palazzo Chigi la Cdp - presidente è Franco Bassanini, consigliere assai ascoltato da Renzi - vorrebbe portare a bordo dell’iniziativa le maggiori società telefoniche per dividere i costi. Ma Telecom non ci sta: vuole subito la maggioranza di Metroweb per poi arrivare al 100%. Dalla Cdp rispondono picche: vogliono il condominio.
Telecom decide allora che si muoverà da sola: prevede che comunque per fine 2017 porterà la fibra ottica al 75% della popolazione italiana, anche se gli ultimi metri saranno sul meno capiente cavo di rame, e che per la stessa data 40 grandi città italiane avranno la fibra fino a casa dei clienti. È qui che si crea la prima frattura.
La società telefonica, che otto anni fa era stata «strappata» all’interesse dell’americana At&t dal secondo governo Prodi, garantendo la sua italianità grazie a una cordata di azionisti finanziari - Mediobanca, Generali, Intesa-Sanpaolo e i Benetton più l’operatore spagnolo Telefonica - oggi sta cambiando soci di riferimento. Tutti i gruppi finanziari hanno infatti già venduto o annunciato di voler vendere, mentre Telefonica ha un accordo con il gruppo francese Vivendi, per cedergli tra breve il suo 8,3% di Telecom. Così - si lamenta nei palazzi della politica romana - i vertici della società telefonica nicchiano, rimandano le decisioni, «aspettando Godot. Anzi, aspettando Vincent».
Vincent chi? Proprio questo è il secondo problema. Vivendì è controllata da Vincent Bolloré, l’imprenditore e finanziere bretone che da anni cerca un posto al sole in Italia. E Bolloré, è il timore che aleggia a Palazzo Chigi e dintorni, vuol dire anche Silvio Berlusconi, con il quale ha rapporti molto buoni. Dunque nozze Telecom-Mediaset in vista? Alcune fonti ben informate lo escludono; altre sostengono che Mediaset, desiderosa di vendere Mediaset Premium, potrebbe comunque usare la Telecom “vivendizzata” per avere un’altra offerta da contrapporre all’eventuale proposta di Sky . Nel dubbio, meglio diffidare di Vincent.
E proprio perché le strategie di Telecom piacciono poco o nulla al governo - mentre la banda ultralarga gli piace tantissimo - in queste ore riprende quota un’idea che circola da qualche tempo. Con un 10% di Telecom in mano pubblica - si spiega - alcune operazioni sulla rete sarebbero più facili. Del resto l’ipotesi era presente anche quando si parlava di un’alleanza Metroweb-Telecom. I privati di Telecom contro il pubblico o invece il pubblico in Telecom? La partita - con buona pace dell’Enel - è questa.