BERGOGLIO O BADOGLIO? L’OMBRA LUNGA DEI DESAPARECIDOS
Rocco Cotroneo per il Corriere della Sera
Che faccia avrà fatto Cristina Kirchner alla notizia? Forse la stessa del leader polacco Edward Gierek in quell'ottobre del 1978, quando dal Conclave spuntò il peggior Papa che poteva capitargli. Fine della sfida domestica, per manifesta inferiorità. La storiella non ha nome, ma un volto, quello di un signore elegante di mezz'età, capelli ancora nerissimi e baffi, origini siciliane. Osserva incuriosito la cattedrale di Buenos Aires, Plaza de Mayo, circondata da cavi e telecamere di tutto il mondo.
Ha appena finito di discutere del tema con un altro passante, che invece la pensa all'opposto: è lui, il Papa argentino, a doversi preoccupare, perché la partita non è finita e gli scheletri nell'armadio esistono. E gli argentini, quando vogliono, giocano duro e pallone a terra.
Riassumiamo. Quali sono stati davvero i comportamenti di Jorge Mario Bergoglio, all'epoca 40enne gesuita, durante la dittatura militare che insanguinò il suo Paese? E perché se ne parla ancora, in relazione ai (pessimi) rapporti con il governo del suo Paese? Il ventaglio delle opinioni è vasto: si va da complice degli assassini a accondiscendente, poi viene distratto, neutro e infine l'assolutorio «tutto falso, si è comportato bene, aiutando i perseguitati».
Ieri il quotidiano di Buenos Aires Pagina 12 , vicino al governo, ha titolato l'elezione di papa Francesco con un polemico «Dios Mio!», che equivale assai probabilmente alla reazione della Kirchner. Titolo dell'articolo principale: «Errare è divino». L'editoriale è affidato a Horacio Verbitsky, il grande accusatore di Bergoglio. È un giornalista e scrittore di valore, ha il merito di aver rivelato molte atrocità dei militari.
Da tempo è considerato l'eminenza grigia dei governi K: se con Nestor era soprattutto un consigliere sul tema dei diritti umani, con la vedova Cristina si dice sia stato promosso a consigliere su tutto. Ieri Verbitsky ha scritto che il papato del suo connazionale sarà un Ersatz , parola tedesca che significa più o meno pappetta.
La presunte rivelazioni di Verbitsky nascono dal libro chiamato El Silencio, uscito nel 2005, pochi mesi prima del Conclave che avrebbe nominato papa Ratzinger. La data non pare casuale, e si dice addirittura che fotocopie scottanti di quel lavoro finirono tra le mani dei cardinali, i quali a Bergoglio papa pensarono seriamente già da allora. Il cardinale argentino, ormai è risaputo, prese 40 voti prima di desistere e far concentrare i voti su Ratzinger.
L'accusa è che l'allora generale dei gesuiti argentini facesse il doppio gioco con i militari, lasciando fare i preti progressisti (all'epoca considerati sovversivi) per poi denunciarli al regime. Su un caso specifico venne interrogato come testimone due anni fa, il sequestro con torture di due gesuiti. Bergoglio dichiarò di aver interceduto presso il governo per ottenere, invano, la liberazione dei due mentre Verbitsky scrisse che li aveva praticamente consegnati lui. Il nome di Bergoglio spuntò poi in due processi sul furto di neonati alle oppositrici poi fatte sparire dai militari.
I parenti testimoniarono di essersi rivolti al sacerdote chiedendo disperatamente aiuto, almeno per rintracciare i bambini. La risposta sarebbe stata quella di lasciar perdere, perché i piccoli stavano bene, in qualche altra famiglia. Altri episodi citati da Verbitsky indicherebbero come minimo la distrazione del religioso rispetto al dramma che stava attraversando l'Argentina.
Nel libro-intervista El Jesuita , scritto dagli italo-argentini Sergio Rubin e Francesca Ambrogetti, l'attuale Papa offre la sua versione dei fatti, e i due giornalisti smontano tutte le accuse. Ieri in sua difesa è sceso anche il premio Nobel Adolfo Perez Esquivel, campione dei diritti umani: «Ci sono stati vescovi complici della dittatura, ma Bergoglio non è stato uno di loro. Molti religiosi che chiesero aiuto ai militari per ottenere grazie e liberazioni non ottennero nulla». Divise le militanze storiche argentine: l'ex arcivescovo di Buenos Aires non è amato dalle «Madri» e dalle «Nonne» di Plaza de Mayo, mentre i gruppi cattolici di base lo difendono a spada tratta.
Il resto è un lungo e assai poco comune rapporto di disistima reciproca tra Bergoglio e i Kirchner al governo sin dal 2002, guarda caso maturato dopo la riapertura dei dossier sulla dittatura. Lui, il prelato che vive modestamente, della coppia al potere ha denunciato l'esibizionismo e gli annunci altisonanti. Poi si è battuto come un leone contro il matrimonio gay e l'aborto, perdendo entrambe le battaglie.
Per tutta risposta, Nestor Kirchner lo definì una volta «il diavolo in abito talare». Mercoledì sera, dopo la fumata bianca, la presidenta ci ha messo tre ore buone prima di emettere una nota. Assai formale. Ieri mattina ci ha ripensato annunciando il viaggio a Roma per l'insediamento di papa Francesco. La cosa si è fatta più seria, insomma.