BERGOGLIO VUOLE EVANGELIZZARE LA CINA: IL PIU' GRANDE BACINO DI FEDELI AL MONDO - PECHINO E VATICANO SI PREPARANO A ESTENDERE (DA DUE A 4 ANNI) L’INTESA DEL 2018 SU RELAZIONI E NOMINA DI VESCOVI CINESI – MA L’APPEASEMENT TRA PAPA FRANCESCO E XI JINPING PREOCCUPA TAIWAN, CHE TEME UN ISOLAMENTO ANCORA MAGGIORE SUL PIANO INTERNAZIONALE (A BENEFICIO DELLA CINA CHE SE LA VUOLE PAPPARE) - IL DISAPPUNTO DEGLI USA PER LE MOSSE DI BERGOGLIO...
-Massimo Franco per il "Corriere della Sera" - Estratti
L’ipotesi, salvo imprevisti, è quella di un raddoppio: da due a quattro anni. Vaticano e Cina si preparerebbero non solo a confermare il loro «accordo provvisorio e segreto» siglato per la prima volta il 22 settembre del 2018, e rinnovato nel 2020 e nel 2022. A sigillare relazioni che continuano a migliorare, seppure millimetricamente e con i tempi imposti dal regime di Pechino, la durata dell’intesa per la nomina dei vescovi cinesi dovrebbe essere allungata. Un biennio era considerato un periodo troppo breve, che dava l’impressione della provvisorietà e della precarietà.
Non è chiaro se a avanzare la proposta siano state le autorità cinesi o la Santa Sede.
Gli ultimi contatti, risalenti a circa un mese fa, sono avvolti in una coltre di riservatezza. E si aspettava il «placet» dei superiori. La novità, tuttavia, non sembra avvicinare le relazioni diplomatiche rotte nel settembre del 1951, con l’espulsione da parte del governo di Mao Zedong dell’ultimo diplomatico vaticano; né la Cina è disposta a concedere una presenza formale anche minima della Santa Sede.
Le proteste La «Missione cattolica di studio» a Hong Kong, è vero, non è stata mai chiusa. Ma sembra tollerata più che voluta dal regime. Il fatto che durante le proteste contro la repressione tra 2017 e 2019 esponenti cattolici siano stati accusati di partecipare alle manifestazioni, ha acuito le diffidenze: al punto che nell’estate del 2019, gli archivi della «Missione di studio» sono stati trasferiti per via diplomatica prima alla Nunziatura a Manila, e poi all’allora Archivio Segreto Vaticano a Roma: si temeva un’irruzione da parte della polizia o dei militari.
Ma, per quanto siano latenti le tensioni, lo sforzo è di attenuarle. Papa Francesco da anni fa di tutto per offrirsi al dialogo con Xi Jinping; per dire che amerebbe visitare il Paese; per evitare giudizi sul sistema comunista che possano offendere le autorità. E quando alcune organizzazioni cattoliche hanno abbozzato una diplomazia parallela, irritando i cinesi, la Segreteria di Stato vaticana ha assicurato a Pechino che non delegava a nessuno la propria rappresentanza.
Lo sgarbo Con pazienza, i negoziatori hanno cercato di appianare anche lo sgarbo registratosi nell’aprile del 2023. Allora, la Cina nominò in modo unilaterale l’arcivescovo di Shanghai, monsignor Giuseppe Shen Bin, trasferendolo da un’altra diocesi. La Santa Sede non fu consultata, e si limitò a esprimere col segretario di Stato vaticano, Pietro Parolin, sorpresa e rammarico: anche se non era la prima volta. Ma come segnale di buona volontà, a metà luglio dello stesso anno Francesco ha assecondato quella nomina, eliminando un possibile attrito.
Ufficialmente il contenuto dell’accordo non è stato mai rivelato «perché ancora non approvato in via definitiva», è stata la spiegazione ufficiale di Parolin. Si tratta di un atteggiamento che ha permesso finora la nomina concordata di nove vescovi, è stato calcolato. Significativamente, nel computo non è incluso quello di Shanghai. Si tratta di un approccio distensivo che preoccupa i due convitati di pietra delle manovre di reciproco avvicinamento tra Vaticano e Cina: Taiwan e Stati Uniti.
Da quanto è filtrato negli ultimi mesi, si registra un nervosismo crescente nella diplomazia di Taiwan, che Xi Jinping considera una provincia da riportare all’ovile; e che da tempo provoca con incursioni nello spazio aereo e manovre militari nello stretto che la separa dalla Cina continentale. Il timore di Taiwan è che sull’altare delle relazioni diplomatiche con Pechino, il Vaticano la isoli ancora di più sul piano internazionale.
Ormai, le rappresentanze sono ridotte a una decina di Paesi, per lo più ininfluenti.
Il caso Taiwan E la Santa Sede è l’unico appartenente all’Occidente che continui a mantenerle. Ma i taiwanesi non si fidano. E lo fanno presente in continuazione. Per gli Stati Uniti, il tema è se possibile ancora più delicato.
Anche gli americani hanno manifestato agli uomini del Papa il loro disappunto, anche di recente; e additato i pericoli che vedono nella legittimazione morale di un regime come quello cinese, oltre che di un’eventuale invasione di Taiwan sul piano della sicurezza internazionale.