BERLUSCONI NON HA CHANCE DI SALIRE AL QUIRINALE: A SILURARE LA CANDIDATURA DI SILVIO CI PENSANO LA MELONI (“OCCORRE CAPIRE COSA INTENDA FARE DRAGHI. BISOGNA VALUTARE I NUMERI E POI IL VOTO NON È PALESE”) E RENZI – “SIAMO PER UN CANDIDATO CHE RACCOLGA I VOTI DELLA MAGGIOR PARTE DEL PARLAMENTO E BERLUSCONI NON HA QUESTO PROFILO”, TAGLIA CORTO ETTORE ROSATO, BRACCIO DESTRO DEL LEADER DI ITALIA VIVA
-ALBERTO GENTILI per il Messaggero
Né per sette anni, né per due passando nel 2023 il testimone a Mario Draghi. La candidatura di Silvio Berlusconi al Quirinale perde colpi anche nella versione a tempo, collegata all'ipotesi di una staffetta con il premier. Ad affossarla, salvo sorprese a fine gennaio quando si comincerà a votare davvero, è Matteo Renzi: ago della bilancia, con i suoi 43 grandi elettori, e principale indiziato di un possibile accordo con il centrodestra. «Siamo per un candidato che raccolga i voti della maggior parte del Parlamento, Berlusconi non ha questo profilo», taglia corto Ettore Rosato, braccio destro del leader di Italia Viva che da Bruxelles parla di «partita complicata, in cui qualcuno come Bersani si è smenato l'osso del collo» e di «nomi buoni da tenere nell'angolino fino all'ultimo per non bruciarli».
LA SCELTA DI GIORGIA Non è la sola doccia fredda che cade addosso al Cavaliere. Giorgia Meloni, al di là professione di lealtà verso il fondatore di Forza Italia, fa capire che se Draghi volesse puntare al Colle sarebbe ben contenta. Chi sceglierebbe tra Berlusconi e Draghi per il Quirinale? E' stato chiesto alla leader di Fratelli d'Italia. La risposta: «Il tema del Quirinale non lo tratterei così, è una questione estremamente seria. Non si sta giocando alle figurine. Quando mi dicono che sono sostenitrice di Draghi al Quirinale, ricordo che siamo l'unico partito che non ha votato fiducia al suo governo. Ma se andasse al Quirinale, ragionevolmente, si dovrebbe andare a votare e questo è un punto a favore di Draghi».
Segue garbato affondo sulle speranze del Cavaliere: «Berlusconi è una persona che abbiamo più volte sostenuto alla presidenza del Consiglio, figuriamoci se FdI non lo sosterrebbe alla presidenza della Repubblica. La materia però è un po' più complessa, anche perché sappiamo che c'è un voto segreto e abbiamo visto i pregressi...». Ancora più chiara: «A me, al contrario della sinistra, non interessa avere un capo dello Stato amico. Berlusconi è ovviamente la nostra prima scelta, dopo di che bisogna valutare i numeri, occorre capire cosa intenda fare Draghi. La questione deve essere affrontata con estrema serietà, il gioco delle tifoserie non aiuta». Proprio la serietà e il proposito di tenere lontano il governo - e l'attuazione del Piano nazionale di riprese a resilienza (Pnrr) - da fibrillazioni che potrebbero rivelarsi esiziali, sono le ragioni che spingono Draghi al più assoluto riserbo:
«A nessuno di noi ha mai detto cosa vuole fare», rivela Renato Brunetta. E un altro ministro che chiede l'anonimato aggiunge preoccupato: «Se il premier desse la sua disponibilità senza aver prima la garanzia assoluta di essere eletto e alla resa dei conti non dovesse farcela, sarebbe un problema gravissimo per tutti. Si finirebbe per indebolire chi ha il compito di garantire con il Pnrr la rinascita del Paese».
E Rosato dice: «Se Draghi decidesse di andare al Quirinale difficilmente potrebbe essere fermato. Ma è anche vero che i 5Stelle, il Pd e Forza Italia già dicono che deve restare a palazzo Chigi, dunque...». Dunque «Draghi può fare tutto, anche il presidente della Commissione o del Consiglio europeo», chiosa Renzi. E Romano Prodi allarga le braccia: «C'è un Parlamento così confuso e non è solo Italia viva, almeno 150 elettori non si sa che cosa siano».
IL TIFO PER MATTARELLA La partita, insomma, resta decisamente complessa. Ciò spinge più di un ministro e leader di partito a scommettere sulla conferma di Sergio Mattarella. Ma dal Colle ribadiscono che il Presidente non ha cambiato idea: resta contrario alla sua rielezione per ragioni di opportunità costituzionale. E questo perché un secondo mandato, come ha più volte detto il capo dello Stato, sarebbe una forzatura. In pochi, però, se la sentono di escludere il bis del Presidente. «Ma non certo alla quarta votazione o in una situazione disperata. Se bis sarà, questo dovrà scattare subito con un voto a stragrande maggioranza», dice una fonte istituzionale. Condizione difficile da realizzare. Meloni ha già detto di no e pure Salvini è per il niet. Il motivo: «Vogliamo andare a elezioni anticipate, anche Matteo è d'accordo», garantisce la leader di FdI. Si vedrà.