BERSAGLIO MASSIMO - D'ALEMA ALL'ATTACCO DI GENTILONI: “DOBBIAMO PRENDERE SEMPRE PIU’ LE DISTANZE DAL GOVERNO”, PISAPIA LO STOPPA E FRENA LA CRISI – LA VIA CRUCIS DEL PREMIER ATTESO DA UNA RAFFICA DI VOTI DI FIDUCIA SULLO IUS SOLI: IL "DUCETTO" RENZI CERCHERA’ L’INCIDENTE DI PERCORSO PER ANDARE AL VOTO ANTICIPATO?
-Fabio Martini per la Stampa
Paolo Gentiloni, oramai si sa, è un fuoriclasse nel nascondere le emozioni e infatti in queste ore nulla trapela di ciò che il premier pensa sull' ultima, insolitamente "espressiva" esternazione di Pier Carlo Padoan sul libro di Matteo Renzi. Ma soprattutto nulla trapela circa la preoccupazione ben celata, che circola a palazzo Chigi sulla raffica di voti di fiducia che attendono il governo nei prossimi giorni, tra banche e ius soli.
Le ultime tre settimane prima delle chiusura per ferie del Parlamento si presentano come una via crucis, anche perché a rendere più "emozionante" il tragitto ha contribuito la decisione del Pd di scegliere la procedura parlamentare, forse più sicura, di certo la più barocca per arrivare all' approvazione del provvedimento sullo ius soli: quattro fiducie una dopo l' altra, una per articolo.
Una procedura che è stata preferita ad altre più lineari e che in queste ore sta suscitando preoccupazione in Gentiloni, ma anche quella - se possibile ancora più ovattata - del Quirinale. Nessuno lo dice a voce alta, ma l' iter delle «quattro fiducie», da qualcuno nel Pd è letto come la ricerca spasmodica dell' incidente di percorso da parte di Matteo Renzi. Allo scopo di attribuire ad altri la caduta del governo e andare ad elezioni anticipate.
Ma si tratta forse di un vecchio schema di Renzi che ora i suoi avversari gli attribuiscono in modo seriale? «Diciamo la verità: se anche volessero imbastire una operazione del genere, dentro il Pd sono così divisi che non sono in grado di organizzare manovre così sofisticate», dice Rocco Palese, il deputato di Forza Italia che i colleghi hanno ribattezzato «il sismografo» per la capacità di registrare ogni più minimo umore in tutti gli scranni di Montecitorio.
Eppure i provvedimenti all' esame del Parlamento suscitano batticuore. Un fronte inatteso è quello che si è aperto nelle ultime 24 ore sul lato sinistro della maggioranza, quello presidiato dall'Mdp di Bersani, D' Alema e anche di Pisapia, che è rappresentato da un drappello di parlamentari.
Massimo D' Alema, che continua a nutrire riserve su come il suo Mdp procede nell' operazione Pisapia, in una riunione interna, ha sostenuto: «Dobbiamo sempre più prendere le distanze dal governo».
Una linea non pienamente condivisa da Pier Luigi Bersani, ma fatta propria da Roberto Speranza che pubblicamente ha detto: «Valuteremo come votare il decreto sulle banche, ma per ora il giudizio è negativo. Rischia di diventare un ricatto al Parlamento».
Una presa di posizione che non è piaciuta a Giuliano Pisapia, con un disagio che è stato tradotto da Bruno Tabacci nei suoi colloqui con Bersani e Speranza: «Se contribuite a far cadere il governo, fate il regalo più grande a Renzi!». Risultato del pressing discreto di Pisapia: i parlamentari di Mdp voteranno la fiducia al governo sul decreto banche.
Ma naturalmente la vicenda, almeno a breve meno stabilizzante per il governo, è rappresentata dall' offensiva di Matteo Renzi che, con un'operazione mediatica efficace, si è ripreso per se tutti i riflettori. Anche a costo di urtare suscettibilità. O di contraddire scelte politiche consolidate, come quella impostata dal ministro dell' Economia nel rapporto con Bruxelles.
La forte esternazione di ieri di Padoan, a palazzo Chigi non viene letta con un episodio estemporaneo. Il solitamente impassibile ministro che sorride, si lascia sfuggire una divertita imprecazione e poi dice che la proposta di Renzi «non mi riguarda», è una di quelle sequenze che parlano e pesano politicamente più di tanti retroscena giornalistici. Il presidente del Consiglio lo sa: il governo dura fino a quando la dialettica Renzi-Padoan continua a restare nei binari "fisiologici".