BERSANI, MA “COSA” VUOI? LA PROPOSTA DI FEDERAZIONE (“LA COSA 2.0”) A SINISTRA RILANCIATA DA "CULATELLO" VIENE SMONTATA DAI LETTIANI E DAGLI EX RENZIANI COME ANDREA ROMANO: “MI COLPISCE CHE BERSANI NON DICA UNA PAROLA SU LEU: È STATO UNO DEI PROMOTORI DELLA SCISSIONE, DOVREBBE PRENDERE ATTO CHE NON HA FUNZIONATO” – IL RENZIANO ROSATO BOCCIA SENZA MEZZI TERMINI L’IDEA…
-Alessandro Di Matteo per "la Stampa"
La "Cosa" 2. 0 rilanciata da Pier Luigi Bersani alla Stampa non scalda gli animi nel centrosinistra, di sicuro non piace ad Azione e Iv - che non vogliono avere a che fare con i 5 stelle, ma lascia tiepidi anche molti dirigenti Pd, più o meno tutti convinti che l'allargamento della coalizione non sia tanto una questione di «formule» e che non sia una buona idea evocare un accantonamento del Pd proprio nel momento in cui il partito esce vincitore dalle amministrative.
Certo, ammette il capodelegazione a Strasburgo Brando Benifei, «il Pd non basta a sé stesso, alle amministrative non c'è stato il trionfo del Pd da solo», ma la strada da seguire per l'allargamento della coalizione è quella indicata da Enrico Letta, le "agorà democratiche". «Non sono contro l'idea di Bersani di costruire e stare assieme, sia chiaro. Ma guarderei più verso il futuro che verso architetture politicistiche. Non c'è bisogno di correre verso nuove formule».
Un ragionamento simile a quello del lettiano Enrico Borghi: «L'impostazione che ha dato Letta - un centrosinistra largo, che si apre a M5s, alle forze liberali e alla sinistra più tradizionale è stata premiata dagli elettori. Piuttosto che impalcarsi in una discussione sull'ennesima "cosa" della sinistra, prenderei lo spunto che Bersani dà per andare nella direzione di un rafforzamento di questo spirito federativo, che ha bisogno di un Pd largo, rappresentativo».
Borghi cita una definizione ormai quasi vietata tra i democratici: «Un Pd che abbia la capacità di assumere quella che una volta chiamavano vocazione maggioritaria», un partito capace di «assumere al proprio interno i vari riformismi e le diverse sensibilità». Borghi pensa a questo, «piuttosto che ennesima palingenesi della sinistra». Poi, «le forme le studieremo».
Andrea Romano, Base riformista - l'area che in passato era quella dei renziani - intanto puntualizza: «Mi colpisce che Bersani non dica una parola su Leu: è stato uno dei promotori della scissione, dovrebbe prendere atto che non ha funzionato». Ma, a parte la punzecchiata, il dato di fondo è che «l'impegno di Letta è stato premiato alle elezioni, il Pd c'è. Ben venga Bersani e anche Calenda e Renzi, se vogliono. Ma il Pd è lì.
Eviterei l'ennesima "Cosa" per ricomporre la frattura con Leu». Più accomodante nei toni, ma sostanzialmente su una linea simile ai suoi colleghi di partito, è Sandra Zampa, della segreteria: «Adesso il Pd ha una sua forza, il segretario esce rafforzato. Cominciamo la costruzione di un campo più largo, ma chi entra - e come - lo si decide alla fine di un confronto sul progetto, non all'inizio. Non si tratta di unire sigle ma di costruire un'idea di Paese. E le "agorà" sono un'ottima occasione per farlo».
Per Azione parla Matteo Richetti e i paletti sono molto chiari: «Non si può pensare di mettere insieme Calenda che ha salvato l'Ilva e i 5 stelle che volevano chiuderla. O Costa che è un baluardo del garantismo con Bonafede che è un manettaro Bisogna vincere, ma anche poter governare. Sennò si fa quello che si faceva con l'Unione».
Ettore Rosato, Italia viva, è lapidario: «È un progetto che legittimamente un pezzo della sinistra mette in campo per allearsi con M5s. Ma se ci sono i 5 stelle non può essere un progetto che ci riguarda».