BIDEN ABBANDONA ISRAELE PER VINCERE LE ELEZIONI – L’ASTENSIONE DEGLI USA SULLA MOZIONE PER IL CESSATE IL FUOCO A GAZA È LA GOCCIA CHE FA TRABOCCARE IL VASO NEI RAPPORTI TRA “SLEEPY JOE” E NETANYAHU. IL PRESIDENTE USA SI GIOCA LA RIELEZIONE SULLA GUERRA A GAZA E HA DECISO DI ANDARE ALLO SCONTRO TOTALE CON “BIBI” – WASHINGTON HA I FUCILI DALLA PARTE DEL MANICO: DA OTTOBRE A DICEMBRE GLI USA HANNO FORNITO 15MILA BOMBE A ISRAELE. SENZA L’ASSISTENZA USA, NETANYAHU SAREBBE COSTRETTO A RINUNCIARE ALL’OFFENSIVA…
-1. MESI DI TENSIONI ORA LA SVOLTA BIDEN NON VUOLE LA ROTTURA, MA BIBI?
Estratto dell’articolo di Viviana Mazza per il “Corriere della Sera”
«Questo nostro voto non cambia nulla nella nostra politica. Non c’è ragione per leggerlo come un’escalation... Non abbiamo messo il veto perché a differenza di precedenti risoluzioni questa lega il rilascio degli ostaggi ad un cessate il fuoco temporaneo», ha detto il portavoce della Casa Bianca John Kirby ai giornalisti, dopo che il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha approvato ieri la prima risoluzione per un immediato cessate il fuoco a Gaza. È passata grazie all’astensione degli Usa, che non hanno votato a favore perché mancava nel testo la condanna di Hamas. Ma l’aver evitato stavolta il veto è un chiaro messaggio a Netanyahu.
La Casa Bianca è sempre più frustrata per l’atteggiamento del premier israeliano e sta aumentando la pressione pubblica su Israele per tentare di prevenire un’azione militare a Rafah. Gli Stati Uniti sono rimasti al fianco di Israele dopo l’attacco del 7 ottobre, sottolineando il diritto a difendersi e a sconfiggere Hamas, continuando a fornire aiuti militari nonostante le critiche interne e internazionali per le vittime civili a Gaza.
[…] Le critiche […] non sono state accompagnate da misure concrete, a parte le sanzioni sui coloni violenti in Cisgiordania e la richiesta di un impegno scritto al rispetto dei diritti umani nel ricevere le armi Usa. La fornitura di armi non è stata limitata.
[…] Una domanda è se la Casa Bianca possa far leva su altri nel gabinetto di guerra. «Gallant, che ora è a Washington, ha detto che Israele colpirà ovunque a Gaza contro Hamas, e questa rimane la posizione pubblica di Israele», dice al Corriere Ed Abington, ex console generale degli Stati Uniti a Gerusalemme dal 1993 al ‘97.
«Non vedo un improvviso e drammatico scontro ma un continuo deteriorarsi dei rapporti tra Biden e Bibi. Netanyahu cerca di usare le dichiarazioni contro Washington a proprio beneficio interno, ma deve stare attento. Lo speaker della Camera parla di invitarlo al Congresso, ma se accettasse ciò lo metterebbe ai ferri corti con Biden. Può calcolare che Trump vincerà le elezioni, ma non sono vicinissime. Sospetto che vedremo un’escalation di tensione. Biden non la vuole, ma Bibi potrebbe forzarla, soprattutto se va avanti con Rafah».
2. LA MOSSA DI BIDEN ALLONTANARSI DA BIBI PER NON PERDERE LE ELEZIONI AMERICANE
Estratto dell’articolo di Paolo Mastrolilli per "la Repubblica"
In gioco c’è la sopravvivenza politica di Joe Biden e Bibi Netanyahu, che in questo momento sembrano escludersi a vicenda. Quindi quanto è avvenuto ieri al Consiglio di Sicurezza non riguarda solo la strategia a Gaza, […] ma lo stesso futuro della più importante democrazia del mondo.
La scelta del presidente Biden di non usare il veto per bloccare la risoluzione dell’Onu sul cessate il fuoco a Gaza ha almeno due motivi fondamentali. Primo, quello strategico: gli Usa vogliono eliminare Hamas dalla Striscia, […] però ritengono che la maniera più efficace di raggiungere l’obiettivo non sia un’altra operazione come quella condotta al Nord […]. Piuttosto suggeriscono di lanciare raid mirati, per colpire in maniera specifica la leadership del gruppo terroristico e gli eventuali reparti ancora operativi a Rafah.
Secondo, il motivo politico: Biden rischia di perdere le elezioni presidenziali, a causa dell’appoggio dato agli israeliani, perciò per sopravvivere ha assolutamente bisogno di cambiare percezione e sostanza prima del voto del 5 novembre, a maggior ragione perché il suo avversario repubblicano Donald Trump sta già spingendo pubblicamente il messaggio esattamente opposto.
Un’opportunità politica […], ma anche una minaccia per l’impatto che potrà avere sugli elettori ebrei e arabi americani, e non solo. […] In questi giorni negli Usa c’è il ministro della Difesa Gallant, per colloqui previsti da tempo al Pentagono, ma a conferma delle tensioni Netanyahu ha cancellato la visita di una delegazione guidata dal ministro per gli Affari Strategici Dermer e il consigliere per la sicurezza nazionale Hanegbi, invitata da Biden durante l’ultimo colloquio col premier per discutere un approccio alternativo a Rafah. Dal punto di vista politico il problema del presidente è molto serio.
Nelle recenti primarie del Michigan l’iniziativa degli arabi americani di non votare per lui ha avuto un grande successo, che poi si è ripetuto in altre consultazioni. Se questi scontenti non andassero a votare il 5 novembre, basterebbero per far perdere al capo della Casa Bianca alcuni stati chiave per la rielezione, regalando il successo a Trump.
Uno scontro che si è accentuato nelle ultime ore, con l’intervista che Donald ha dato ad un giornale israeliano, per offrire il suo incondizionato appoggio alla strategia di Netanyahu. A Washington non manca chi sospetta che il premier voglia prolungare la guerra proprio per favorire la vittoria di Trump alle presidenziali.
Biden ha un lungo e difficile rapporto col il leader israeliano. Una volta si era rivolto a lui così: «Bibi, io ti amo, ma non condivido una sola cosa che tu dici». La relazione ora si è complicata, perché da essa dipende la sopravvivenza politica di entrambi, e quindi Joe ha deciso che non può più fare sconti.
Il primo segnale era venuto dal discorso del leader democratico del Senato Schumer, in cui l’ebreo che ricopre la posizione più alta nelle istituzioni americane aveva auspicato un cambio di governo in Israele. Biden lo aveva pubblicamente apprezzato. Ora quindi l’astensione Usa all’Onu acquista un valore che va oltre la questione strategica di Rafah […].
[…] Joe potrebbe usare la risorsa degli armamenti. Da ottobre a dicembre gli Usa hanno fornito ad Israele 15.000 bombe e 57.000 pezzi artiglieria, ma soprattutto si preparano a passare un pacchetto di aiuti da 14 miliardi di dollari. Senza questa assistenza Netanyahu difficilmente potrebbe proseguire le operazioni a Gaza e difendersi da Hezbollah e Iran. Forse Biden sta puntando non solo a frenarlo, ma anche a realizzare l’auspicio di Schumer.