BIDEN SI AVVICINA ALLA VITTORIA, TRUMP SI AVVICINA A FARE CAUSA PURE AI POSTINI - DECINE DI AVVOCATI RECLUTATI GIÀ DA UN ANNO PER IMPUGNARE I RISULTATI NEGLI STATI CHIAVE: HANNO GIÀ PRESENTATO RICORSI IN PENNSYLVANIA, MICHIGAN E GEORGIA PER FERMARE LO SCRUTINIO. SECONDO I TRUMPIANI, I VOTI CHE ARRIVANO OLTRE L'ELECTION DAY NON CONTANO. NON È UN'IDEA COSÌ PEREGRINA, E A QUESTO SERVE AMY CONEY BARRETT IN UNA CORTE SUPREMA A SCHIACCIANTE MAGGIORANZA REPUBBLICANA
-1. IL DREAM TEAM DI AVVOCATI RECLUTATO UN ANNO FA
V.Ma. per il “Corriere della Sera”
Un anno prima di iniziare a parlare di brogli elettorali Trump aveva cominciato ad assumere un team di avvocati provenienti soprattutto da tre importanti studi (Consovoy McCarthy, Jones Day, King and Spalding ) e a reclutare migliaia di volontari: quelli provenienti da Stati non in bilico (come la California, New York o l' Illinois) sono stati inviati nelle zone «calde» e istruiti sui cavilli elettorali locali.
A luglio la campagna ha annunciato la formazione di una coalizione chiamata «Lawyers for Trump»: nella lista, alcuni dei più famosi attorney general (presenti e passati) di Stati repubblicani e noti avvocati conservatori (Leonard Leo, Carrie Severino, Ed Meese) oltre ai legali personali del presidente (Rudy Giuliani, Will Consovoy, che lo ha difeso sulle tasse contro il procuratore di New York). E naturalmente c' è Jay Sekulow, in prima linea durante l' impeachment e il Russiagate. È il più gigantesco sforzo legale mai intrapreso in vista delle elezioni dal partito repubblicano, con ai vertici un team di 20 persone - tra cui Justin Riemer - che si coordinano con la campagna di Trump e con quelle dei candidati alla Camera e al Senato.
Non solo i repubblicani hanno iniziato prima del voto a scrivere ricorsi da presentare ai tribunali dopo l' Election Day, ma hanno da tempo avviato battaglie nei tribunali, per esempio per impedire che fossero accettate nei giorni successivi le schede elettorali spedite entro il 3 novembre.
Anche il partito democratico ha centinaia di legali, con il doppio delle forze schierate nel 2016. Coinvolte celebrità come Walter Dellinger e Donald Verrilli, che furono rispettivamente solicitor general (l' avvocato che rappresenta il governo federale davanti alla Corte Suprema) sotto la presidenza di Bill Clinton e di Barack Obama. Li coordinano Bob Bauer, ex avvocato alla Casa Bianca di Obama, e Dana Remus che lavora a tempo pieno per la campagna di Biden. Ci sono l' ex ministro della Giustizia Eric Holder e, naturalmente, Marc Elias dello studio Perkins Coie, già al fianco di Hillary Clinton nel 2016 e di John Kerry nel 2004.
Elias, bestia nera dei repubblicani, ha un seguito di 180 mila follower su Twitter: è l' avvocato che ha ottenuto dalla Corte Suprema che in Pennsylvania vengano accettate le schede pervenute per posta fino a tre giorni dopo il voto.
Entrambi i campi fanno riferimento al precedente del 2000 Bush v. Gore davanti alla Corte Suprema. Vent' anni fa Barry Richard, che rappresentò Bush nella causa sul riconteggio in Florida, ricevette una telefonata la mattina dopo le elezioni: gli chiesero di mettere insieme una squadra.
Oggi è diverso, era tutto previsto. La presenza di tanti legali e le accuse di brogli da parte dell' attuale presidente rendono ancor più litigiosa e caotica la situazione. Trump ha insistito perché Amy Coney Barrett, la giudice da lui nominata alla Corte Suprema dopo la morte di Ruth Bader Ginsburg, venisse confermata in fretta, notando che sarebbe stato importante avere un nono giudice per decidere eventuali dispute elettorali.
2. UN MESE PER RIBALTARE IL VERDETTO L'ASSO NELLA MANICA È BARRETT
Francesco Semprini per “la Stampa”
«Questa è una frode per gli americani e un imbarazzo per il Paese. Andremo alla Corte Suprema». Donald Trump lo ha promesso, si arriverà al massimo organo giudiziario degli Stati Uniti per decretare il nome del vincitore di Usa 2020. Scenario estremo, ma assai meno virtuale di quanto si credesse alla vigilia del voto.
E che riporta indietro di venti anni allo storico caso "Bush vs Gore", il verdetto del 2000 che consegnò ai repubblicani la Casa Bianca. Una battaglia combattuta da un esercito di avvocati foraggiati da parcelle stellari, attraverso atti, ricorsi e carte bollate e che, quest' anno più che mai, rischia di essere foriero di tensioni e instabilità.
Nel 2000 ci volle più di un mese per venirne a capo, ma del resto questa è la procedura prevista dalla Costituzione, con una sentenza del 12 dicembre con sette togati su nove che decisero di fermare i riconteggi in Florida per questioni di "uguale tutela", ribaltando il pronunciamento della Corte Suprema statale. In seconda istanza, la Corte stabilì con cinque voti a favore e quattro contrari contro il rimedio, proposto dai giudici Stephen Breyer e David Souter, di rinviare il caso in Florida per completare il riconteggio utilizzando uno standard uniforme in tutto lo Stato. I pronunciamenti decretarono di fatto la vittoria di George W. Bush.
La stessa procedura potrebbe essere seguita anche quest' anno per arrivare a un verdetto per l' 8 dicembre, termine entro il quale dovranno essere concluse le eventuali controversie, a partire da quelle sul voto per posta. Il termine vale anche per l' eventuale nuovo conteggio dei voti nei singoli stati, per le cause nei tribunali e per il possibile ricorso alla Corte Suprema. In modo tale da consentire il 14 dicembre la nomina del presidente da parte del collegio formato da 538 grandi elettori.
Intrecci e parallelismi rendono ancora più controverso lo scenario della consulta: nel 2000 furono gli avvocati repubblicani - tra loro tre massimi togati di oggi, l' attuale presidente John Roberts, il conservatore di nomina trumpiana Brett Kavanaugh e l' ultima arrivata, Amy Coney Barrett, allora 28enne - a difendere «i diritti degli elettori e l' obbligo di considerare ogni voto».
Dei nove membri della Corte suprema di allora, solo due sono ancora in carica: Clarence Thomas a destra, Stephen Breyer a sinistra. Tra i protagonisti di venti anni fa ci fu anche l' irriducibile trumpiano Roger Stone: orchestrò la protesta dei "colletti bianchi", finita in rissa in un albergo di Miami dove era in corso la conta dei voti, passata alla storia come "la rivolta dei Brooks Brothers".
«Trump rischia una sconfitta imbarazzante se ricorre alla Corte Suprema per le elezioni», avverte Joe Biden. Il punto è che oggi rispetto a venti anni fa gli scenari sono cambiati a vantaggio dell' attuale inquilino della Casa Bianca, in termini di equilibri della Consulta, visto che grazie alle sue tre nomine oggi la Corte suprema ha sei giudici conservatori su nove. Tra loro la pupilla del presidente, Barrett, che benché non si sia pronunciata sull' estensione della scadenza del voto per posta in Pennsylvania di sicuro non si sottrarrà a un giudizio sul nodo presidenziale.
La battaglia potrebbe cominciare proprio dal Wisconsin, dove la campagna di Trump ha già chiesto nuovi conteggi, e in Michigan, dove ha domandato la sospensione dello spoglio sino a quando lo staff non avrà accesso agli scrutini. Mentre in Pennsylvania i legali del comandante in capo stanno preparando la madre di tutte le battaglie