BONOMI DICE CHE IL SALARIO MINIMO “SCASSA I CONTRATTI”. E GLI STIPENDI DA FAME CHE DANNO GLI IMPRENDITORI AI LAVORATORI HANNO SCASSATO IL CAZZO! – STAMANI IL PRESIDENTE DI CONFINDUSTRIA HA INCONTRATO MARIO DRAGHI, E CONTINUA A MOSTRARE PERPLESSITÀ PER IL SALARIO MINIMO: COME AL SOLITO, GLI INDUSTRIALI VOGLIONO LA BOTTE PIENA E LA MOGLIE UBRIACA E SI OPPONGONO ALLA PROPOSTA DI ORLANDO SUL "TRATTAMENTO ECONOMICO COMPLESSIVO". COSÌ RISPARMIANO LORO E VA “IN CUNEO” AI LAVORATORI (TANTO PER CAMBIARE)
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1 - CONFRONTO DRAGHI-BONOMI SU CUNEO FISCALE E SALARIO MINIMO
(ANSA) - Il presidente del Consiglio, Mario Draghi, ha incontrato questa mattina a Palazzo Chigi il Presidente di Confindustria, Carlo Bonomi. Presenti il ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti e il sottosegretario Roberto Garofoli. Sono stati affrontati temi legati alla situazione economica, con al centro il confronto sul cuneo fiscale e sul salario minimo. Lo riferisce Palazzo Chigi.
2 - MA È SCONTRO SUL SALARIO MINIMO BONOMI: "SCASSA I CONTRATTI"
Valentina Conte per “la Repubblica”
Sindacati soddisfatti del metodo, non ancora del merito. Bene il calendario sui temi proposto dal premier Draghi. Apprezzata anche l'annunciata prossima convocazione a fine luglio, prima del nuovo e «corposo» decreto Aiuti. Ma sui nodi caldi - salario minimo, cuneo fiscale e pensioni - Cgil, Cisl e Uil si aspettavano proposte, dettagli, cifre che non sono arrivati.
«Al momento niente », sintetizza deluso Maurizio Landini, Cgil. E proprio sul salario minimo si accende subito il confronto a distanza con Confindustria. «L'Italia non è obbligata a introdurlo per legge, più dell'80% dei nostri lavoratori è coperto dai contratti nazionali», dice da Parigi il presidente Carlo Bonomi - che oggi vedrà Draghi - a margine del quarto Forum con il Medef, gli industriali francesi. «Farlo sarebbe una scelta politica, ma attenzione perché così si rischia di scassare la contrattazione nazionale ».
Perplessità che in realtà hanno anche i sindacati. Un livello fissato per legge, ad esempio 9 euro lordi all'ora, ed imposto a tutti potrebbe far scappare le imprese dai contratti e quindi dai diritti che quei contratti garantiscono, comprimere anziché alzare le buste paga di chi è sopra quel livello.
A quel punto per essere in regola basterebbe applicare la soglia minima. E rendere così sindacati e associazioni imprenditoriali ferri vecchi, gusci vuoti. Ecco perché sindacati e Confindustria preferiscono un'altra strada per proteggere il «lavoro povero». E cioè estendere i contratti nazionali anche a quei 2,5-3 milioni di persone, un quinto della forza lavoro italiana, fuori da ogni contratto o dentro contratti pirata da fame, firmati da sigle sconosciute.
È l'idea del ministro del Lavoro Andrea Orlando: estendere a loro il Tec, il Trattamento economico complessivo dei contratti firmati dalle organizzazioni maggiormente rappresentative o «dei contratti più diffusi», quelli applicati ad un numero maggiore di addetti (idea questa preferita dalla Cisl di Luigi Sbarra).
Ma qui Confindustria non ci sta. «Se fanno il salario minimo in questo modo noi ci ritiriamo », dice Bonomi. Il Tec viene considerata una scelta inaccettabile e financo incostituzionale da Confindustria, perché - in base al Patto per la Fabbrica sulla contrattazione firmato nel 2018 con Cgil, Cisl e Uil - contiene anche gli elementi accessori della retribuzione, come sanità e previdenza integrativa, welfare aziendale, premi di produzione. Un valore alto, legato alla variabilità degli andamenti aziendali.
Confindustria guarda piuttosto al Tem, il trattamento economico minimo, quello che applica il giudice già oggi in caso di controversia sul mancato rispetto costituzionale di una retribuzione "giusta" al lavoratore (articolo 36: "proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro"). Nel Tem ci sono tutti gli elementi fissi della retribuzione e anche ferie e tredicesima. Le differenze sono notevoli: il Tem dell'industria ad esempio è di 1.350 euro netti al mese (valore mediano a cui si rinnovano i contratti), con il Tec siamo a 1.850 euro netti.
Di qui il malumore degli industriali che ricordano come già la legge 389 del 1989 abbia introdotto di fatto un livello minimo di retribuzione per calcolare i contributi previdenziali. «Serve un senso di responsabilità di tutti, non bandierine politiche da piazzare », prosegue Bonomi. «Macron ha spinto la direttiva Ue sul salario minimo per incidere sul dumping interno all'Unione europea», lavoratori di Paesi pagati molto poco e che attraggono le delocalizzazioni di impresa.
«Ma noi in Italia abbiamo i contratti nazionali, un valore aggiunto. Tutti e 58 i contratti applicati da Confindustria, ad esempio, sono sopra i 9 euro lordi all'ora, persino il livello più basso dei metalmeccanici è a 11 euro». Bonomi lo ricorderà anche oggi a Draghi. «Apprezziamo molto la proposta del premier di un grande patto sociale per l'Italia, sono due anni che lo chiediamo. Servono misure strutturali di carattere fiscale, contributivo, industriale e del lavoro».