BRUNETTA REGALA L'ASSIST PERFETTO ALLA MELONI PER AFFOSSARE DEFINITIVAMENTE IL SALARIO MINIMO – IL CNEL HA BOCCIATO LA PROPOSTA DI UNA SOGLIA LEGALE A 9 EURO PER LA RETRIBUZIONE DEI LAVORATORI, E HA ACCOLTO TUTTE LE RISERVE DEL GOVERNO – NELLA COMMISSIONE DELL’ENTE GUIDATO DA BRUNETTA SI È OPPOSTA AL PARERE NEGATIVO SOLO LA CGIL, MENTRE LA UIL SI È ASTENUTA – ORA CHE HA OTTENUTO L'APPOGGIO DEI “TECNICI”, LA SORA GIORGIA AVRÀ GIOCO FACILE A CASSARE LA PROPOSTA DI LEGGE PRESENTATA DALLE OPPOSIZIONI...
-1 - “NO AL SALARIO MINIMO” IL CNEL AFFOSSA I 9 EURO E FA FELICE IL GOVERNO
Estratto dell'articolo di Giovanna Vitale per “la Repubblica”
Come c’era da aspettarsi, l’istruttoria avviata dal Cnel sul salario minimo ha dato esito negativo. Il documento di analisi approvato in commissione Informazione col solo no della Cgil e l’astensione della Uil contiene tutte le obiezioni già espresse dal centrodestra riguardo alla determinazione della soglia legale a 9 euro per la retribuzione dei lavoratori poveri. Le stesse che dovrebbero confluire nel dossier finale, atteso il 12 ottobre nell’assemblea dell’istituto, per poi essere trasmesso al governo.
Il quale, sulla scorta dell’indagine condotta dai tecnici capitanati dall’ex ministro Renato Brunetta, avrà buon gioco ad affossare la proposta di legge presentata dalle opposizioni in Parlamento.
Missione compiuta, dunque. Secondo queste prime risultanze, difatti, il salario minimo in Italia non serve.
Verdetto contro cui i partiti di minoranza, tutti tranne Iv, sono pronti a fare muro. Muovendosi lungo un doppio binario: rilanciare la raccolta firme per il salario minimo e riprendere subito l’esame del testo firmato da Pd, M5S, Azione e Avs che ad agosto la maggioranza aveva chiesto di sospendere in attesa della verifica del Cnel. […]
Sono essenzialmente tre i punti che chiariscono l’orientamento del Consiglio per l’economia e il lavoro. Il primo serve per inquadrare il fenomeno: «Nel dibattito pubblico – è scritto nella relazione – la povertà lavorativa è spesso collegata a salari insufficienti, mentre questa è il risultato di un processo che va ben oltre il salario e che riguarda i tempi di lavoro (ovvero quante ore si lavora abitualmente a settimana e quante settimane si è occupati nel corso di un anno), la composizione familiare (e in particolare quante persone percepiscono un reddito all’interno del nucleo) e l’azione redistributiva dello Stato».
[…] Molto più «utile e urgente » sarebbe invece «un piano di azione nazionale, nei termini fatti propri della direttiva europea in materia di salari adeguati, a sostegno di un ordinato e armonico sviluppo del sistema della contrattazione collettiva». Il cui tasso di copertura, e arriviamo al secondo punto, si avvicina comunque «al 100 per cento: una percentuale di gran lunga superiore all’80%» fissato dalla Ue. Oltretutto con paghe medie in linea con i parametri europei: 7,10 euro all’ora, in base ai dati Istat del 2019.
Terzo punto, a segnalare ancora l’inutilità dell’iniziativa delle opposizioni: la scarsa incidenza dei contratti pirata, che interesserebbero lo 0,4% dei dipendenti nel settore privato (a eccezione di agricoltura e colf) rispetto al 96,5% di garantiti da contratti collettivi firmati da Cgil, Cisl e Uil. […]
2 - BOCCIATURA POLITICA E NUMERI CONTESTATI I TECNICI IN MISSIONE PER CONTO DI MELONI
Estratto dell’articolo di Valentina Conte per “la Repubblica”
L’esito era scontato: no al salario minimo legale. Era quello che voleva la premier Giorgia Meloni. Quello che si aspettava quando l’11 agosto, incalzata dalla proposta delle opposizioni con l’eccezione di Italia Viva sui 9 euro all’ora, ha preso tempo e incaricato il Cnel guidato dall’ex ministro Renato Brunetta di elaborare un «documento di osservazioni e proposte» in vista della legge di bilancio.
Le proposte arriveranno il 12 ottobre. Ma già le osservazioni, contenute nelle 24 pagine intitolate “Elementi di riflessione sul salario minimo in Italia” — votate martedì in commissione Lavoro del Cnel con il solo no della Cgil e l’astensione della Uil e di cui ieri l’assemblea del Cnel «ha preso atto» — contengono il succo dell’operazione: impossibile identificare per legge una soglia di retribuzione oraria sotto la quale non scendere.
Un finale atteso. E che non cambierà quando si passerà dall’analisi alla proposta, con il voto di tutta l’assemblea, il parlamentino del Cnel, del 12 ottobre. […] Difficilmente si ribalterà il voto della commissione di martedì e la tesi che prospetta. Né quello di domani, di nuovo nella commissione Lavoro presieduta dallo stesso Brunetta e guidata dal giuslavorista Michele Tiraboschi, esperto “in quota” Mattarella.
Il voto di domani questa volta sarà sul documento finale di proposte. Nessuno si aspetta che sia più equilibrato del documento di analisi che ha spaccato i sindacati, giudicato dalla Cgil troppo “politico” e dalla Uil poco neutro. In quelle 24 pagine non si fa neanche un cenno alla possibile sperimentazione di un salario minimo orario nei settori con maggiori criticità, che pure vengono esplicitati: settore turistico, pubblici esercizi, logistica, lavoro sportivo, culturale e artistico, attività di cura e assistenza alla persona, lavoro agricolo, lavoro domestico, multiservizi.
Una sperimentazione settoriale sembrava il punto di caduta di una mediazione possibile, che poteva portare il Cnel di Brunetta a salvare la “pace sociale”, a non spaccare il fronte dei tre maggiori sindacati, Cgil, Cisl e Uil. Gli stessi che, come dice il documento di analisi, firmano i contratti a copertura del 95% dei lavoratori italiani. Percentuale issata a vessillo dal Cnel (e dalla premier Meloni) per dire che all’Italia non si applica la direttiva Ue. E che il Paese non ha per questo bisogno di un salario minimo, ma di estendere la contrattazione collettiva a tutti.
[…] Ma una spaccatura dentro al Cnel è comunque un fatto grave. Come pure grave è l’insinuazione emersa martedì, nell’accesissimo incontro in commissione, che alcuni numeri della relazione siano stati scelti in modo discutibile, in pratica forzati. Nessuno l’ha detta così, ma Cgil e Uil hanno fatto notare che l’impostazione era sbagliata.
Perché quei numeri identificano una soglia e sono cruciali per capire quanti sono quelli sotto, i lavoratori poveri. Il documento di analisi, assemblato da Tiraboschi, prende i dati Istat del 2019 che stimano in 7,10 euro all’ora il 50% del salario medio e in 6,85 euro il 60% del salario mediano. Le percentuali sono un riferimento internazionale, le usa anche l’Ocse.
Ma alcuni sindacalisti hanno notato che la stessa Istat, nel documento inviato al Cnel, indica soglie più alte, a 8,51 e 8,38 euro. Ottenute prendendo in esame solo le retribuzioni medie orarie dei lavoratori assunti a tempo indeterminato e a tempo pieno. Se nel calcolo si includono part-time e contrattini precari da poche ore e poche settimane, le soglie crollano. E a quel punto anche il numero dei lavoratori “da coprire” col salario minimo. La soglia di certo non è un numero neutro. È la base di qualsiasi mediazione politica. Per la Cgil e un po’ anche per la Uil quella mediazione non si può fare al Cnel. Ma a Palazzo Chigi.