CACCIARI A "CARTABIANCA" SFANCULA L'ITALIA MARCIA: ''NON È CHE IL NOSTRO PAESE, IN MODO INDOLORE, TAGLIA IN 10 ANNI 37 MILIARDI DELLA SANITÀ. BISOGNA AVERE UNA NUOVA CLASSE DIRIGENTE. E QUI CI METTO ANCHE LEI, SIGNORA BERLINGUER O IL MIO AMICO PAOLO MIELI. SE IL PAESE È ANDATO IN PASTO AI POPULISMI, È PERCHÉ CI SONO STATI GIORNALI E GIORNALISTI CHE HANNO COMBATTUTO LA “CASTA”. CONTRO I PARTITI E A FAVORE DI MOVIMENTI E LEADER. O CHE ERANO DELL’IDEA CHE LA POLITICA LA DOVESSERO FARE QUELLI CHE NON AVEVANO MAI FATTO POLITICA. CI SIAMO DENTRO TUTTI: È BENE CHE SI VADA A CASA TUTTI" - VIDEO
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Intervento di Massimo Cacciari a “Cartabianca” del 17 marzo 2020
Non è che il nostro Paese, in modo indolore taglia in 10 anni 37 miliardi della sanità e 800 reparti. Non è indolore che ci sia una programmazione della formazione medica per cui in alcune università bisogna lottare per avere più posti per Medicina. L’assenza di “politica preventiva”, a un certo momento, si può dolorosamente scontare. Ne usciremo solo se nulla più sarà come prima. Basta politiche arruffate senza affrontare i nodi del sistema sanitario. Solo un dato: abbiamo 5 mila posti per la terapia intensiva, tre-quattro volte meno quelli che ci sono in Francia o Germania.
Tutte le epidemie prima o poi finiscono. Ma se durerà a lungo dovremo risollevarci da una batosta economica senza precedenti. Per fortuna che tutta l’Europa è in una situazione difficile. Quel che mi preoccupa di più sono le conseguenze economiche. Si tratta, ad esempio, di fronteggiare almeno un anno senza un euro dal turismo. L’aumento dell’indebitamento sarà impressionante. Ora è più necessaria che mai la coesione europea ma poi i debiti saranno solo degli italiani. E poi il consumo delle famiglie è bloccato: io questo mese ho speso 200 euro!
Anche i decreti del governo…quelli interessano solo certi settori, soprattutto le piccole imprese. Ma le medie imprese, quelle con 100-200-300 dipendenti che oggi continuano a pagare stipendi e contributi, se questa situazione continuerà per qualche mese, saranno costrette a portare i libri in tribunale. Bisognerà pensare anche al dopo-epidemia perché il Paese era già debolissimo, in piena crisi di sistema.
Noi non siamo la Francia, la Germania o la Cina, che può ripartire già domani, visto che ha avanzo di bilancia commerciale che le permette di investire triliardi di dollari dal giorno alla notte. Gli unici che sono liquidi sono loro, i cinesi. Ma anche loro se non hanno mercato a chi vendono? Il loro interessi è che l’Europa torni a essere un mercato. Forse riusciremo a risollevarci solo grazie a loro.
I numeri del contagio? Gli scienziati lo hanno detto fin dall’inizio. Il problema è che i paesi europei sono arrivati impreparati ad affrontare un’emergenza di questo tipo. Da anni L’OMS, dopo SARS e Ebola, va ripetendo: badate che non c’è nessun controllo nello scambio tra fauna vivente e uomo. Soprattutto in alcuni grandi paesi del pianeta come la Cina.
L’Organizzazione mondiale della sanità ci aveva avvertito: dilaga il commercio illegale di cibo, di animali, state attenti che può partire un’epidemia gravissima. Non s’è fatto nulla. E’ la dimostrazione che manca un governo della globalizzazione. Abbiamo tutto globalizzato: migrazioni, merci, gente, finanza, economia, tutto…ma non c’è nessun governo di questa cosa qui. E dobbiamo prepararci a crisi continue: una volta l’emigrazione, poi l’epidemia oppure la finanza. Sarà continuamente così. Dovrebbe cambiare tutto ma io credo che non cambierà niente.
Come si può pensare di tornare a vivere normalmente? E non mi riferisco all’abbracciarci o al darci i bacetti ma alle questioni economiche: ci saranno ulteriori decine di migliaia di persone a casa, sarà ancora più difficile trovare lavoro, i giovani saranno ancora più in difficoltà. Dopo l’epidemia, i disastri saranno economici. E mi auguro che per affrontare tutto questo ci siano idee forti.
Bisogna finalmente mettere mano alle riforme di sistema, istituzionali, amministrative, sburocratizzare tutto, de-ministerializzare tutto. I discorsi che si fanno da anni, si devono realizzare subito. Per questo dico che nulla deve essere come prima. Perché se tutto è come prima, è una tragedia. Se tutto cambia, allora ce la possiamo fare. Tutti insieme con l’Europa, ovviamente.
Le dichiarazioni di Christine Lagarde? Se sull’Unione europea stiamo a quello che abbiamo visto in questi mesi, o anni, chiudiamola lì: l’Europa è stata un bel sogno, una bella utopia e mettiamola da parte. Fine dei giochi. Ma con questo cosa abbiamo risolto? Andiamo a sancire la nostra catastrofe: l’Italia senza sponde europee è finita.
Sono cose che la gente deve sapere. Che poi erano cose già note. Nessuno ci ha obbligato a tagliere la sanità, a fare demagogia, a dire puttanate dalla mattina alla sera. Sono errori, non è il destino cinico e baro. Errori commessi sia a livello italiano che europeo.
Tutti i leader hanno trattato il Parlamento come un impedimento. Che poi l’insofferenza verso l’istituto parlamentare viene da lontano. E oggi, che dobbiamo seguire le indicazioni degli scienziati, obiettivamente il Parlamento è impotente. La politica cosa sta facendo? Sta seguendo malamente quello che dicono le autorità sanitarie, la protezione civile, i medici. Però la conseguenza, agli occhi dell’opinione pubblica, è che il Parlamento sarà ancora più insignificante…
La ricostruzione? Me l’immagino come la immagino da 30 anni. L’Italia ha bisogno di riforme strutturali a livello istituzionale, non può andare avanti così. Deve stabilire le sue priorità che sono la formazione, la ricerca, i servizi essenziali, la scuola, la sanità. Deve concentrare lì le risorse e le può ottenere se semplifica, de-legifera e sburocratizza radicalmente. Serve un’ottica di impresa in tutti i settori.
È necessario fare tutto quello che non s’è fatto in 30 anni. Bisogna responsabilizzare le regioni e avere una nuova classe dirigente, non solo in politica. Per esempio, dov’è il capitalismo italiano? Serve un rinnovamento in tutti i settori. E qui ci metto anche lei, signora Berlinguer o il mio amico Paolo Mieli. Se il paese è andato in pasto ai populismi, è perché ci sono stati giornali e giornalisti che hanno combattuto la “casta”. Contro i partiti e a favore di movimenti e leader. O che erano dell’idea che la politica la dovessero fare quelli che non avevano mai fatto politica. Ci siamo dentro tutti: è bene che si vada a casa tutti.