CALDEROLI, LO SPECIALISTA DELLE “PORCATE” – FU AUTORE DEL PORCELLUM, CHE LUI STESSO DEFINÌ TALE, E ORA HA MESSO IL CAPPELLO SULLA DISASTROSA AUTONOMIA DIFFERENZIATA, SMONTATA PEZZO PER PEZZO DALLA CORTE COSTITUZIONALE – LUI RINTIGNA: “ANDIAMO AVANTI. LA CONSULTA HA SANCITO CHE È COSTITUZIONALE, LA SINISTRA SI RASSEGNI”. MA LA CORTE HA SMONTATO L’IMPIANTO GENERALE DELLA LEGGE. TRE I PUNTI FERMI: LO STATO CENTRALE DEVE MANTENERE SERVIZI E DIRITTI FONDAMENTALI; IL PARLAMENTO NON PUÒ ESSERE AGGIRATO; VA RISPETTATO L’EQUILIBRIO DI BILANCIO, CHE LA RIFORMA RISCHIA DI METTERE A RISCHIO
-1. L’AVVISO DELLA CORTE: LA RIFORMA SIA PER I CITTADINI NON PER I PARTITI
Estratto dell’articolo di Giovanni Bianconi per il “Corriere della Sera”
Al centro della decisione della Consulta c’è lo Stato nella forma e nelle funzioni previste dalla Costituzione del 1948, con i suoi principi guida: l’unità della Repubblica, la solidarietà e — soprattutto — l’eguaglianza dei cittadini e la garanzia dei loro diritti. Insieme a quelli introdotti successivamente, come l’equilibrio di bilancio.
È sulla base di questi criteri che è stata giudicata (e in buona parte bocciata) la legge sull’autonomia differenziata, recuperando il senso costituzionale originario del regionalismo. Non più, come interpretato in passato, uno strumento di spartizione del potere esercitato dai partiti […], bensì un sistema per migliorare i servizi da offrire ai cittadini.
Una visione ribaltata del regionalismo, sottratto a egoismi territoriali o di parte per restituirgli un ruolo effettivo di efficienza dello Stato nel suo insieme, così esplicitata dai giudici costituzionali: «La distribuzione delle funzioni legislative e amministrative tra i diversi livelli territoriali di governo […] deve avvenire in funzione del bene comune della società e della tutela dei diritti garantiti dalla nostra Costituzione».
Alla luce di questo caposaldo, la decisione di ieri […] sembra caratterizzata da tre punti fondamentali […]. Il primo riguarda la necessità di mantenere in capo allo Stato centrale la disciplina dei servizi e dei diritti da assicurare ai cittadini su questioni ritenute fondamentali.
Ecco allora che l’intesa sul trasferimento di poteri alle Regioni, con le conseguenti «differenziazioni» territoriali, non può riguardare «materie o ambiti di materie», bensì «specifiche funzioni legislative e amministrative».
[…] Inoltre la richiesta di maggiori poteri da parte delle Regioni dev’essere specificamente motivata e «giustificata», sulla base di elementi concreti; l’obiettivo è evitare che la devoluzione a un livello amministrativo più basso avvenga per via di accordi e convenienze politiche […].
Il secondo punto riguarda la centralità del Parlamento, che nella legge appare sacrificata in favore del governo. Al momento la definizione dei Lep, i livelli essenziali delle prestazioni da garantire con lo spostamento delle competenze, è una sorta di delega in bianco, «[…] con la conseguenza che la decisione sostanziale viene rimessa nelle mani del governo, limitando il ruolo costituzionale del Parlamento».
Invece è solo dal Parlamento, dove sono rappresentate tutte le forze politiche e le diverse istanze espresse dalla società, che possono arrivare le indicazioni necessarie per una autonomia differenziata che rispetti i principi della Carta. E lo stesso Parlamento deve avere la possibilità di emendare la legge che sancisce l’intesa tra Stato e Regioni, che non dovrà essere obbligatoriamente approvata o bocciata nel suo insieme ma potrà eventualmente essere rinegoziata in virtù delle modifiche suggerite dal potere legislativo.
Infine c’è l’aspetto finanziario della riforma, bocciata nella misura in cui rischia di mettere a rischio l’equilibrio del bilancio statale creando scompensi a favore delle Regioni meno virtuose. […]
2. «NE TERREMO CONTO MA LA LEGGE VA AVANTI PER I GIUDICI NON È CONTRO LA CARTA»
Estratto dell’articolo di Cesare Zapperi per il “Corriere della Sera”
Ministro, la Consulta ha dato l’ok alla costituzionalità dell’Autonomia ma ha ritenuto illegittime parecchie disposizioni. Lei ha vinto o ha perso?
«Non ha senso parlare di vincitori o di vinti — risponde Roberto Calderoli, il «padre» della riforma —. La Consulta ha sancito che l’Autonomia è costituzionale, questa è una rivoluzione copernicana per il sistema italiano».
Ne è proprio sicuro?
«[…] Quello che conosciamo è un comunicato stampa e non la sentenza che aspetto di leggere bene e nel dettaglio. Ma non esistono dubbi sulla pronuncia dei giudici».
E tutti i rilievi che sono stati mossi? Su più aspetti la Corte parla esplicitamente di «illegittimità».
«Guardi, io ringrazio di cuore i giudici per avermi dato tutte le indicazioni che andrò a leggere nella sentenza. In tutte le parti attuative ne terrò conto».
Per lei sembra che non sia successo nulla, eppure le opposizioni cantano vittoria.
«La gran parte dei rilievi mossi possono essere agevolmente superati in fase di attuazione della legge […]».
Una delle incongruenze rilevata riguarda la possibilità di delegare funzioni e non intere materie, per esempio.
«E io sono d’accordo. Ora che siamo nella fase delle trattative con le Regioni stiamo parlando di funzioni e non di materie. La legge attuativa, lo ripeto, terrà conto di tutto. Lo stiamo già facendo».
[…] Ma il Parlamento è obbligato a conformarsi a quanto stabilito dalla Corte?
«In linea di principio sì, ma avete presente le pronunce sulla procreazione assistita o sul fine vita? Finché non si interviene si procede a legislazione vigente. Lo ricordo: la legge che istituisce l’Autonomia è entrata in vigore e la Corte l’ha considerata costituzionale».
[…] Ci saranno ripercussioni sui tempi dell’iter legislativo?
«Non cambia nulla. Noi ci stiamo confrontando con alcune Regioni sulle materie non Lep. Quando arriveremo alle intese vedrete che conterranno le prescrizioni della Corte. Altrimenti si andrà avanti a legislazione vigente».
Insomma, a sentir lei, pare che per fermare l’Autonomia non resti che il referendum abrogativo.
«In bergamasco si dice: l’è ’ndacia (è andata, ndr). Sì, ci sarebbe il referendum, che per me non è nemmeno ammissibile. Ma lo scoglio vero sarà il quorum […]. A sinistra si rassegnino, la battaglia è persa».