DAL CAMPO LARGO AL CAMPO SANTO – PER IL PD L'USCITA DEI 5STELLE DAL GOVERNO E LE DIMISSIONI DI DRAGHI SONO UNA CAPORETTO CHE PORTA LA FIRMA DI SOTTI-LETTA E COMPAGNI A 5 STELLE (BETTINI, ZINGARETTI, BOCCIA, PROVENZANO, ORLANDO, ETC.) – CRESCE NEL PARTITO IL PRESSING SU ENRICHETTO AFFINCHE’ MOLLI AL SUO DESTINO CONTE E IL M5S. MA PER LETTA L'ESECUTIVO DRAGHI DEVE ANDARE AVANTI “CON LO STESSO FORMATO E LO STESSO PERIMETRO” (QUINDI CON I PENTASTELLATI). E FRANCESCHINI…
-Estratto dell'articolo di Barbara Acquaviti per il Messaggero
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Enrico Letta è convinto che non sia troppo tardi per provare a far rientrare il famoso dentifricio nel tubetto. E con lui anche il ministro della Cultura, Enrico Franceschini, uno che non parla mai a caso. «Mercoledì sarà la giornata decisiva, non oggi. In Parlamento, alla luce del sole, tutte le forze politiche dovranno dire agli italiani cosa intendono fare».
LE VARIABILI Ovviamente la grande variabile è cosa abbia in mente il diretto interessato. Finora il leader Pd si è mosso sempre in sintonia con Quirinale perorando la causa della stabilità. In Cdm Andrea Orlando ha chiesto a Draghi di ripensarci. Dalla segreteria spiegano tuttavia che la scelta delle dimissioni è stata una «reazione seria» a un fatto considerato «politicamente grave». Se si dovesse andare avanti, è il ragionamento, deve essere chiaro a tutti (in primis alla Lega) che chi pensa di piantare bandierine fa saltare in aria il quadro complessivo.
Nelle prossime ore riprenderà dunque il pressing di Enrico Letta su Giuseppe Conte. Fino a un secondo prima il segretario ha tentato di mediare per evitare strappi, soprattutto dopo le aperture dello stesso Draghi alla cosiddetta agenda sociale. Anche per questo dalla segreteria non si nasconde l'irritazione per la decisione che ha portato il governo verso il precipizio. E tuttavia l'imperativo morale fino a mercoledì è mettere in campo tutta la diplomazia necessaria per ricomporre la maggioranza. Per Letta, infatti, l'esecutivo deve andare avanti «con lo stesso formato e lo stesso perimetro». D'altra parte, per il Pd sarebbe impossibile gestire un governo senza il M5S (come invece propone Renzi), che a quel punto diventerebbe a trazione centrodestra.
Ma c'è anche la speranza che ricomponendo in extremis lo strappo possa rimanere in piedi il cantiere delle alleanze. Se non cambia la legge elettorale, d'altra parte, Forza Italia, Lega e Fdi andranno in coalizione e i dem non vogliono ritrovarsi da soli dall'altra parte della barricata. Se però questo è l'intento di Letta, lo show down del M5S ha ridato fiato a chi nel partito ritiene che si debba andare a cercare altrove, a cominciare proprio dal leader di Italia viva o da Calenda. Ovvero precisamente le forze che continuano a ripetere «mai con il M5S».