CAPITALISMO DI RELAZIONE IN SALSA RENZIANA/2 – RENZI PRESTA ANDREA GUERRA A FARINETTI PER LO SBARCO IN BORSA DI EATALY – IN CINQUE MESI A PALAZZO CHIGI L’EX MANAGER DI LUXOTTICA HA TOCCATO POCHI PALLONI
Carlo Tecce per il “Fatto Quotidiano”
Soltanto una settimana fa, assiso dinanzi agli impettiti di Piazza Affari, Matteo Renzi ha licenziato il capitalismo di relazione. Non funziona. È deleterio. Ha sbagliato un po’ la tempistica, il fiorentino. Perché il capitalismo di relazione, senz’altro alimentato da un’osannata carriera, ha agevolato la prossima (ma già decisa) nomina di Andrea Guerra a Eataly, la catena di “alti cibi” di Oscar Farinetti.
L’attuale “consigliere strategico per l’industria” del governo, candidato a tutto, sarà amministratore delegato di un’azienda padronale che vuole invadere i mercati asiatici con la distribuzione di prodotti italiani e prepara la quotazione in Borsa. Anche la multinazionale Luxottica, dove Guerra ha imperato per dieci anni, è un’azienda padronale.
Non occorre citare la famosa sindrome psicologica. Qui c’entrano le connessioni renziane: l’amico Matteo, amico di Andrea e Oscar, ha arruolato Guerra per cinque mesi a Palazzo Chigi, un luogo poco accogliente per gli avventizi.
IN CINQUE MESI, dopo aver progettato un anno sabbatico, Guerra ha intuito che il potere senza carica è più noioso che frustrante. Ha seguito la vicenda Ilva, poi l’hanno esautorato. Ha studiato la riforma Rai, poi l’hanno disegnata Antonio Campo Dall’Orto e il sottosegretario Antonello Giacomelli. Ha sfiorato la questione infrastrutture Telecom, poi i presunti decreti, compilati per imbeccare i giornali, li scriveva il vicesegretario generale Lele Tiscar. Ormai Palazzo Chigi è per gli spietati predatori, per i Luca Lotti, e Guerra rischiava di fare la fine di quel bravo e bello dirigente d’azienda che tutti lo vogliono e nessuno se lo piglia.
Il nome di Guerra, che vale 170 milioni di euro, buonuscita (incluse le azioni) di Luxottica, veniva speso per la Rai, per le Poste, per il Comune di Milano, per la Cassa depositi e prestiti e, in ultimo (e Affaritaliani.it ha scritto bene), per Eataly. Allora Guerra, col futuro in sospeso fra gestore di società e impresario in proprio, ha accettato l’offerta di Farinetti in onore di quel capitalismo di relazione che Renzi tanto detesta.
Guerra andrà in Thailandia o in Malesia a vendere Eataly e potrà sfruttare il rapporto con Renzi: ecco il manager che sussurrava al premier italiano, diranno. La Scuola Holden di Alessandro Baricco è il laboratorio di questo capitalismo renziano, lì Oscar e Andrea giocano ai piccoli soci, sperimentano già una convivenza che s’annuncia movimentata. Farinetti è un personaggio ingombrante, adora divulgare il verbo in tv, dispensare ottimismo, sorrisi artefatti, così da oscurare i trattamenti di favore che spesso riceve per inaugurare un punto Eataly: il caso Expo, che ha interessato il commissario anticorruzione Raffaele Cantone, è abbastanza esaustivo.
Per strappare Guerra a Renzi, o almeno per ottenere un prestito, Farinetti ha dichiarato che lascerà le cariche ai figli: la proprietà – minoranza Coop – non la molla. Guerra non appartiene alla generazione Farinetti e, dunque, ha contrattato uno stipendio fisso non enorme per le sue abitudini e una parte variabile che sarà legata al lancio in Borsa. Oscar gli ha promesso che potrà spalmare il marchio nei territori asiatici ancora inesplorati e Guerra, bontà sua, è convinto di trascinare Eataly verso fatturati miliardari. Come Luxottica. Ma Oscar Farinetti è più invadente di Leonardo Del Vecchio.
PER RENZI, Guerra era un consigliere così strategico che l’ha liquidato in meno di un semestre. Però, siccome il renzismo deve girare, il connubio fra Oscar e Andrea è perfetto. Matteo ha bisogno di molti apostoli, mica dodici. Renzi è il novizio del sistema che, nelle società a controllo pubblico (Eni, Enel e Finmeccanica), ci ha infilato il commercialista, l’avvocato e il tesoriere. E sta a Palazzo Chigi da un anno e tre mesi.