LA CAPITANA È OSSESSIONATA DAL "CAPITONE" - DOPO QUASI TRE ANNI E DUE ARCHIVIAZIONI PER IL CASO DELLA MOTOVEDETTA DELLA GUARDIA DI FINANZA SPERONATA, LA TEDESCA COI RASTA, CAROLA RACKETE, TORNA SULLA VICENDA DELLA SEA WATCH 3, CONDOTTA NEL PORTO DI LAMPEDUSA CON 40 MIGRANTI A BORDO: "DA BERLINO MI DISSERO DI FERMARMI, MA IO VOLEVO SFIDARE SALVINI. SE AL TIMONE CI FOSSE STATO UN MASCHIO, L'EX MINISTRO NON SI SAREBBE COMPORTATO COSÌ…" (ORA PURE FEMMINISTA, OLTRE CHE AMBIENTALISTA...)
-Antonio Rossitto per “La Verità”
La speronatrice teutonica dai capelli rasta è pronta per un posticino da sottosegretaria? Dalla cerata gialla al tailleur grigio, è un attimo. Con una scoppiettante intervista a Repubblica, l'ex capitana Carola Rackete festeggia la seconda archiviazione. In una calda notte d'estate nel 2019, a bordo della Sea Watch 3 entrò nel porto di Lampedusa con 40 migranti, urtando una motovedetta della guardia di finanza.
Per i magistrati, niente di rilevante. Per lei, l'inizio di una promettente carriera da ardimentosa eroina. Difatti, ad atto giudiziario acquisito, informa ora che la smargiassata fu un atto politico. Una sfida al governo italiano e all'odiato Matteo Salvini, allora ministro degli Interni.
Capitana contro Capitano. «Alla fine lui ha perso» spiega a Repubblica. L'autostima non le difetta. Gesto epocale il suo, da studiare fin dalle elementari: «Io mi sentivo dalla parte giusta della storia» racconta.
«Il muro invisibile eretto in mare contraddiceva le leggi internazionali marittime e, per sbarazzarsene, qualcuno doveva avere la forza di abbatterlo». Siamo a un passo dalla leggenda.
«Sapevamo che il decreto era stato approvato, ma non ci aspettavamo di finire in un conflitto con l'Italia. Dopo il recupero dei naufraghi in mare, era chiaro che non ci sarebbe stata una soluzione politica: tutti ci stavano rifiutando il porto di sbarco. È lì che mi sono convinta che dovevo avere il coraggio di sfidare il vostro governo proprio sul campo preparato da Salvini col suo decreto».
Intrepida, eppur permalosetta. Il leader leghista, certo, non s'è risparmiato: «Perfino la zecca tedesca m'ha denunciato» disse una volta, seppur ironicamente. «Quel linguaggio» replica adesso Carola «dimostra come dal populismo si scivola facilmente verso l'autoritarismo. Il discorso pubblico è tossico contro le donne, contro i migranti, contro i giovani, contro l'ambiente».
Meglio di un comizio elettorale, appunto. «Se al timone della Sea Watch 3 ci fosse stato un maschio, Salvini non si sarebbe comportato così. E mi ha rincuorato sapere che dopo il mio arresto decine di persone hanno protestato contro il sessismo». Ecco, tra i perigliosi flutti, una spruzzata di neofemminismo mancava.
Anche se l'ex ministro non sembra mai aver mostrato predilezione per gli attivisti maschili. Nemmeno Carola, per la verità. La capitana rivela difatti un retroscena destinato a cambiare le sorti del ventunesimo secolo.
A dimostrazione della sua smania di protagonismo, l'azzuffata con Salvini era cercata. Il quartier generale della Sea Watch non era d'accordo. «Da una parte c'eravamo io, il capo missione Philipp e il capo medico di bordo, dall'altra il back office di Berlino» ricorda.
«Sia quando sono entrata nelle acque territoriali italiane, sia quando ho forzato il blocco a Lampedusa, sono andata contro le raccomandazioni del back office. Non avevamo un accordo stabilito o una strategia comune. Ho preso una decisione che trovava contraria una parte della Ong».
Ovverosia: quella notte Carola sfidò solitaria la legge, sognando di trasformarsi in salvatrice degli oppressi. L'inumano leghista era il nemico perfetto. Un luminoso futuro da paladina cominciava. Lei si sentiva «dalla parte giusta della storia».
A dispetto delle indicazioni dei suoi ipocriti capoccia: «In pubblico Sea Watch è stata dalla mia parte e mi ha aiutato ad affrontare l'indagine, ma avrei voluto consenso pure a Lampedusa».
Sola e temeraria. Pronta a forzare un blocco e speronare chicchessia. Lo rifarebbe, certo. Perfino meglio: «Entrerei in porto anche prima, senza perdere tempo». Il mare però ormai è lontano. «Non è necessario stare su una nave per combattere le ingiustizie». Adesso Carola duella per l'ambiente. Come ogni eroe contemporaneo degno di nota.