IL CAPOLAVORO DI PUTIN: HA FATTO LA GUERRA ALL'UCRAINA PERCHÈ SI SENTIVA ACCERCHIATO DALLA NATO E ORA LO È DAVVERO – RAMPINI: “FINO A 500 GIORNI FA L’ALLARGAMENTO A FINLANDIA E SVEZIA NON ERA ALL’ORDINE DEL GIORNO. È STATA QUELL’AGGRESSIONE A SPINGERE DUE NAZIONI NEUTRALISTE A CERCARE PROTEZIONE” – “PUTIN NON È UN GENIO DELLA GEOPOLITICA, BENSÌ UNO STATISTA PRIVO DI LUCIDITÀ, CHE STA CREANDO DANNI ENORMI AL PROPRIO PAESE”
-Estratto dell’articolo di Federico Rampini per www.corriere.it
Con l’ingresso della Svezia nella Nato, Vladimir Putin potrà finalmente dire: ecco la prova che la Nato accerchia la Russia. I suoi simpatizzanti italiani faranno eco alla propaganda: l’Occidente è colpevole, alimenta a Mosca la sindrome dell’assedio. Questo è un classico esempio di profezia che si autoavvera: tanto ha fatto, Putin, che è riuscito a farsi accerchiare sul serio.
Fino a 500 giorni fa, fino alla vigilia della sua invasione all’Ucraina, l’allargamento della Nato a Finlandia e Svezia non era all’ordine del giorno. E’ stata proprio quell’aggressione ad aver scatenato tali e tanti timori nei paesi che confinano con la Russia – via terra o via mare – da spingere due nazioni con antica tradizione pacifista e neutralista a cercare protezione dentro l’Alleanza atlantica.
Putin si conferma il contrario di quel che i suoi tanti ammiratori hanno sempre detto: non è un genio della geopolitica, bensì uno statista privo di lucidità, che in nome di un patologico nazionalismo-imperialismo sta creando danni enormi al proprio paese.
Prima ha spezzato i legami economici con l’Occidente e ha distrutto un patrimonio di relazioni con l’Europa […]. Quindi ha spinto la propria fragile economia verso una dipendenza dalla Cina che assomiglierà sempre più a una colonizzazione. […] Infine ha «regalato» alla Nato un lunghissimo confine terrestre e marittimo presidiato da due eserciti di prim’ordine: svedesi e finlandesi, anche quando erano neutrali, non avevano […] mai abbassato del tutto la guardia rispetto alla minaccia russa. Si capisce che Putin debba trovare un compromesso con Prigozhin. Non è questo il momento di perdere anche la Wagner.
Sulla questione dell’ingresso dell’Ucraina nella Nato, il mezzo passo indietro di Joe Biden ha varie spiegazioni. Ne basterebbe una sola: quando diciamo Nato, ricordiamoci sempre che una parte preponderante della capacità di combattimento è americana. E’ sempre stato così.
[…] Se un giorno la Nato fosse costretta a combattere per difendere l’Ucraina in base all’articolo 5 dello statuto, sarebbe anzitutto l’America a dover mandare i suoi soldati. Biden fin dall’inizio dell’invasione russa in Ucraina, pur condannandola, mise questi paletti: l’America non manderà scarponi sul terreno e l’America non entrerà in un conflitto diretto contro la Russia. A un anno e mezzo dall’elezione presidenziale americana e con una corrente isolazionista ben rappresentata nel partito repubblicano, non è il momento di tradire quelle promesse.
Resta un dilemma molto ben sintetizzato in questa frase dell’Economist: «Come rifiutare all’Ucraina l’ingresso nella Nato finché è in guerra, senza con ciò dare a Putin una ragione per prolungare la guerra». […] Zelensky ha colto perfettamente questo dilemma e la sua esasperazione è legittima: se l’ingresso nella Nato è condizionato alla fine dei combattimenti, per Putin il modo migliore di tenere l’Ucraina fuori della Nato è continuare a bombardarla e a massacrare i suoi civili. […]