CARROCCIO A PEZZI – NELLA LEGA ESPLODONO LE TENSIONI INTERNE: NON C'E' SOLO LA GUERRA TRA SALVINI E ZAIA, L’EURODEPUTATO BOSSIANO TONI DA RE STRONCA LA POSSIBILE CANDIDATURA VANNACCI: “SE C’È IL GENERALE IN LISTA, IO NON CI SARÒ” – E IL CAPITONE? NEL GIORNO DELLA SCONFITTA SUL CANDIDATO IN SARDEGNA E DELLE FALLITE RIVENDICAZIONI SUL MOLISE SE NE ESCE CON UN TWEET SULLA VIABILITA’ A BOLOGNA…
-Estratto dall’articolo di Matteo Pucciarelli per repubblica.it
Toni Da Re, anche lui eurodeputato veneto uscente e molto vicino alla corrente nordista di Umberto Bossi, lo dice chiaro: «Vannacci non può fare il capolista, se Salvini non corre l’unico capolista è Giancarlo Giorgetti che è in grado di intercettare quell’elettorato fatto da persone moderate che hanno votato Lega e non voteranno Vannacci. Se c’è il generale non ci sono io».
IL DECLINO DI SALVINI CHE ORA VA A 30 ALL’ORA
Estratti da la Stampa
La favola del Capitano pigliatutto, padrone assoluto del partito, sovrano del consenso, gran mogol dei social, finisce con un post su Bologna a 30 all’ora e contro il sindaco Pd Matteo Lepore che rallenta le auto «per sentire gli uccellini». Appena 1400 «mi piace», poco più di cento condivisioni. Neanche i suoi follower più fedeli si capacitano. Ma come, il traffico? Nel giorno fatale della sconfitta sulla partita sarda, delle fallite rivendicazioni sul Molise, della ribellione del Veneto contro la candidatura del generale Vannacci, non hai altro da dirci?
Matteo Salvini è riuscito a mascherare a lungo la sonora sconfitta delle ultime elezioni politiche e il sovvertimento dei rapporti di forza nel centrodestra. Ha ottenuto molto nel nuovo governo, nella Rai, nelle posizioni parlamentari di riguardo, tenendo a bada tra una nomina e l’altra la delusione del partito per le percentuali in declino e per il crollo di appeal della sua figura. Adesso anche quella fase è finita. Il niet di Giorgia Meloni al bis di Christian Solinas e a ogni immediata compensazione certifica dopo 14 mesi un dato di realtà: il salvinismo non è più il motore della maggioranza ma non può più essere nemmeno forza di interdizione, perché un secondo Papeete porterebbe l’Italia verso il voto e il capo leghista alla pensione.
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È un Salvini che punta sulla velocità anche il leader che ha opzionato fin dall'inizio la candidatura di Roberto Vannacci, il generalissimo del racconto reazionario sulla società, le donne, la famiglia, i gay, l’ambiente, l’uomo che dovrebbe parlare alla famosa pancia del Paese ricostruendo quel tipo di emozioni che indussero pochi anni fa 10 milioni di italiani a dire: voto Lega. Un influencer di primissimo rango per sostituire i voti di apparato che a Varese, in Toscana, in Abruzzo lasciano il Carroccio e passano a FdI: l’ultima è l’assessore alla Sanità Nicoletta Verì, pezzo da novanta della giunta regionale dell’Aquila. Il penultimo l’eurodeputato Matteo Gazzini. Potrebbe andarsene anche il veneto Gianantonio Da Re, recordman di preferenze nel Nord Est, che ieri ha dettato il suo aut-aut: se c’è Vannacci in lista me ne vado io, «non condivido niente del suo libro».
Anche qui: sicuri sicuri che il vannaccismo sia la cifra giusta per interpretare il momento? Luca Zaia, uno che col territorio ci parla, nel suo ultimo saggio va in direzione opposta e contraria e si interroga con efficacia sulla redistribuzione del benessere, sui diritti delle minoranze e del gay, sul fine vita, sull’integrazione degli immigrati e sul sogno degli Stati Uniti d’Europa. Il recente voto in Veneto sul suicidio assistito dimostra che non sono solo parole ma una possibile linea emergente. Il libro ha un titolo immaginifico: «Fai presto, vai piano»: chissà se pure lui ascolta gli uccellini...