IL CAV USATO E FREGATO - BERLUSCONI SI RITROVA CON TRE MINISTERI SENZA PORTAFOGLIO - NON SOLO: RESTANO FUORI I SUOI FEDELISSIMI TAJANI E BERNINI. ENTRANO A SORPRESA GLI “ERETICI” BRUNETTA E CARFAGNA (CHE PENSAVA DI LASCIARE FORZA ITALIA PER TOTI), SUGGERITI DA GIANNI LETTA - BOCCIATURA CLAMOROSA DI TAJANI, EX PRESIDENTE DEL PARLAMENTO EUROPEO, CHE RESTA FUORI MENTRE ENTRANO GLI ALTRI NUMERI 2 DEI PARTITI (ORLANDO E GIORGETTI)

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Amedeo La Mattina per “la Stampa”

 

GIANNI LETTA BERLUSCONI

La dichiarazione di Berlusconi arriva in tarda serata e non è proprio entusiasta. «Forza Italia farà la sua parte: è' quello che avevo dichiarato l'altro giorno al termine dell'incontro con il presidente Draghi, e che ripeto volentieri stasera». Ha poi aggiunto di accogliere «con soddisfazione la nomina a ministri della Repubblica di Renato Brunetta, Mariastella Gelmini e Mara Carfagna, sicuro che si impegneranno con l'abituale dedizione portando un contributo di competenza e di esperienza all'azione dell'intera compagine governativa. Al presidente Draghi e a tutto il governo il più vivo augurio di buon lavoro».

 

LA DELEGAZIONE DI FORZA ITALIA ALLE CONSULTAZIONI CON DRAGHI

Raccontano che in effetti l’ex premier sia deluso, non è contento della scelta fatta da Mario Draghi. Non erano, a quanto pare, i nomi che aveva suggerito, tranne quello della Gelmini. Brunetta, Carfagna e la stessa Gelmini sono considerati le tre punte anti-sovraniste che più di ogni altro hanno criticato, in maniera più evidente e pubblica i primi due, la linea accondiscendente nei confronti di Matteo Salvini.

 

maria stella gelmini

Carfagna è stata tentata di seguire Giovanni Toti fuori da FI, ma non lo ha fatto per lealtà: è rimasta in attesa di capire se il Cavaliere lavorasse per l’unità nazionale e sul nome dell’ex presidente della Bce. Brunetta è stato il più eretico negli ultimi tempi: era arrivato pure ad elogiare le capacità politiche di Luigi Di Maio. Anche la Gelmini condivideva la linea moderata, centrista, europeista ma avendo l’incarico di capogruppo rimaneva più coperta nelle sue critiche.

 

Ma quello che accomuna i tre ministro di Forza Italia è Gianni Letta. Li ha voluti lui, ha trattato lui direttamente con il presidente incaricato, tagliando fuori i nomi che lo stesso Berlusconi aveva fatto traverso lo stesso Gianni Letta e Antonio Tajani, sacrificato anche lui sull’altare della trattativa quasi privata dell’eminenza grigia azzurrina. Quindi quando da casa Arcore viene fuori che l’inquilino della villa è «molto sorpreso», ed è un semplice eufemismo che nasconde un disappunto che il Cavaliere nasconde in pubblica.

berlusconi letta

 

È arrabbiato come una pantera», dicono coloro che hanno dovuto subire le scelte di Draghi, in tandem con Letta, facendo fuori il resto del partito e optando per ministri più in sintonia con il profilo del suo governo. Come del resto ha tatto con i ministri della Lega. Di fatto sta provando a depotenziare questo pezzo di centrodestra che ha scelto di far parte del gioco. Nella squadra di governo non c’è Tajani o la capogruppo del Senato Anna Maria Bernini. Sono loro due i nomi, insieme alla Gelmini, che il Cavaliere aveva chiesto a Gianni di riferire a Draghi.

MARA CARFAGNA CON IL PANCIONE A CAPRI

 

La delusione è dovuta inoltre al fatto che FI ottiene tre ministeri senza portafoglio. L’esclusione di Tajani, ex Parlamento Europeo, è quella più clamorosa. Berlusconi ci teneva molto. La motivazione è stata che nessun leader di partito fa parte del governo. La risposta è stata: infatti il leader di FI è Berlusconi, Tajani è il numero due, come lo sono Orlando per il Pd e Giorgetti per la Lega. Che però sono entrati nel governo.

 

Un altro aspetto che Berlusconi non ha gradito è la nomina di Cartabia alla Giustizia, non perchè non sia un nome prestigioso quanto per il fatto che, a suo avviso, non avrà la volontà per incidere in un settore dove comandano ancora i magistrati. C’è una parte di FI sulle barricate, quella che sperava nell’asse saldato a Villa Grande l’altro giorno tra Salvini e Berlusconi per bilanciare la sinistra. E proprio su questo lato la Meloni ha avuto gioco facile per affondare il coltello, dicendo che questo governo, soprattutto con Orlando al Lavoro, è «ostaggio della sinistra».

renato brunetta