LA CENA DEI RENZINI - L’EX SEGRETARIO SI ATTOVAGLIA CON 120 PARLAMENTARI IN UN RISTORANTE ALL’AVENTINO PER UNA CENA “ALLA ROMANA”: 50 EURO A TESTA - MENU’ DELLA SERATA: IL SUPERAMENTO DEL PD - TRA I SUOI PEONES C'È CHI PENSA A UNA SEPARAZIONE CONSENSUALE CON UN RITORNO A DS E MARGHERITA - UNO STRAPPO CHE POTREBBE AVVERARSI NEI GIORNI DEL MEETING DELLA LEOPOLDA, A OTTOBRE

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Nino Bertoloni Meli per “il Messaggero”

 

RENZI MARTINA

Per tutto il pomeriggio, nel Transatlantico di Montecitorio e in quello più piccolo del Senato si sono visti soltanto deputati e senatori del Pd, con una sporadica apparizione di Antonio Tajani circondato da deputati forzisti. Quelli del Pd aspettavano tutti di andare a cena. Con un ospite importante: Matteo Renzi.

 

Tutti a cena con l'ex leader. Si sono ritrovati in 120 o giù di lì, parlamentari rigorosamente renziani o affini, tipo Matteo Orfini e orfiniani, o gentiloniani senza Gentiloni tipo Roberto Giachetti, 80 su 112 deputati, 40 su 54 senatori. La scelta è caduta su una location dell'Aventino (il colle della storica protesta antifascista del 1925), un locale per feste di matrimonio, a due passi dal giardino degli Aranci.

GIACHETTI - LOTTI - FRANCESCHINI

 

50 EURO A TESTA

Costo della cena: 50 euro cadauno. Un'occasione per ritrovarsi, per farsi gli auguri prima delle vacanze e, politicamente parlando, per far vedere che Renzi c'è, e i renziani pure. Del resto, anche un antipatizzante storico come D'Alema lo ha riconosciuto recentemente: «C'è ancora Renzi, non riescono a liberarsene».

 

La cena non è stata di quelle segrete, non si è fatto nulla per tenerla riservata, anzi. Il risvolto politico è stato il menù riservato di tutte le portate. E si chiama futuro del Pd. Non è un mistero che a Renzi e renziani non sta andando giù per nulla, o quasi, la attuale gestione di Martina, spalleggiato nelle sue iniziative soltanto dalle minoranze interne di sinistra e costretto a difficili mediazioni dopo le proteste o le levate di scudi dei seguaci dell' ex leader.

 

RENZI MARTINA GENTILONI LINGOTTO

Il decreto cosiddetto dignità ne è stato la cartina di tornasole. Lì è riemersa una concezione della sinistra «che pensavamo ormai superata e archiviata», ma poi si sono viste le aperture con in prima fila la Cgil della Camusso con il suo «il provvedimento si muove nella giusta direzione», poi l'offensiva emendatoria di Cesare Damiano, quindi i tentativi di intavolare un dialogo, di più, una trattativa con il M5S «o con l'anima popolare dei medesimi», il tutto culminato con l'invito a Giggino Di Maio alla festa dell'Unità di Ravenna.

 

cesare damiano

«Il problema è che una parte del Pd che proviene dai Ds, vede in aspetti del programma cinquestelle elementi del proprio passato, della propria cultura politica, una specie di album di famiglia di una sinistra d'antan che si pensava superata, di qui il terreno comune che credono di trovare», spiega una dei partecipanti alla cena.

 

susanna camusso al corteo antifascista a roma

Renzi fin dal primo momento ha voluto prendere la leadership di quanti sono per il vade retro M5S, qualcuno si spinge a dire che «tra Di Maio e Salvini il peggiore è il primo», comunque finora i conati aperturisti verso i cinquestelle sono stati bloccati, ultima la vicenda emendamenti sul dignità alla fine stoppata dallo stesso Martina per non luogo a procedere. Che fare, allora? La cena non è servita solo e tanto per marcare presenza, quanto per prepararsi agli appuntamenti politici post vacanze.

 

Nel gruppone renziano si agitano varie spinte: c' è chi pensa, e lo dice pure, a una sorta di strappo, a un qualcosa che somigli a una separazione consensuale con un ritorno a Ds e Margherita ma con la seconda molto più grossa dei primi, uno strappo che potrebbe avverarsi attorno all' appuntamento ormai annuale della Leopolda, a ottobre.

matteo renzi leopolda 2017

 

Qualcun altro parla di federazione, separarsi per poi ritrovarsi, magari alle elezioni, ma ciascuno in autonomia. Renzi finora non ha dato segni di pensare a rotture o fuoriuscite, ma certamente il Pd così com' è (diventato) non lo soddisfa e, soprattutto, non lo considera uno strumento adeguato per la rivincita o remuntada che sia, quando sarà.