I CENTRISTI TOTI E BRUGNARO CHIEDONO UN RIMPASTO DI GOVERNO PER AVERE QUALCHE POLTRONCINA E DI MAIO TREMA: NEL SOTTOGOVERNO, LUIGINO HA PEDINE FONDAMENTALI DELLA SUA RETE DI POTERE INTERNA AL M5S - DAL SOTTOSEGRETARIO ALLA FARNESINA, MANLIO DI STEFANO, ALLA SOTTOSEGRETARIA ALLA GIUSTIZIA ANNA MACINA, PASSANDO PER IL MINISTERO PER IL SUD E LA COESIONE TERRITORIALE, PRESIDIATO DA DALILA NESCI, FINO AL MINISTERO DELL'ECONOMIA DOVE SIEDE, DA VICEMINISTRA, LAURA CASTELLI, CHE NEI PROSSIMI MESI GESTIRÀ PER I CINQUE STELLE LA PARTITA DELLE NOMINE NELLE PARTECIPATE…
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Federico Capurso per "La Stampa"
Nei giorni in cui Beppe Grillo è annunciato a Roma per risolvere la crisi interna, il Movimento vive una tregua.
Armata ma è pur sempre tregua. E un momento di confronto ci sarà, tra Giuseppe Conte e Luigi Di Maio, probabilmente con un'assemblea congiunta che verrà trasmessa sui social grillini.
Intanto però i due si trovano allineati - per una volta - nel dire di no a un rimpasto. Non sono i soli.
Per Matteo Salvini e Silvio Berlusconi «non è il momento», nonostante alcuni ministri «non abbiano brillato», fa notare il leader della Lega, e lo stesso sostiene il Pd, come spiegato da Debora Serracchiani ieri su La Stampa.
Ma se ogni giorno c'è qualcuno che frena di fronte all'ipotesi di rimettere mano alla squadra di governo, evidentemente il rischio è tutt' altro che scongiurato. Anche perché continuano le pressioni su Mario Draghi da parte di quelle forze centriste finora rimaste a stomaco vuoto di poltrone, come Coraggio Italia.
Qualche giorno fa Di Maio, in una telefonata con il sindaco di Venezia Luigi Brugnaro, leader di Coraggio Italia, è stato chiaro: «Con un rimpasto, rischiamo di provocare delle fibrillazioni pericolose per la tenuta del governo». Il momento, ha fatto notare a Brugnaro, «è delicato».
Il sindaco, con cui Di Maio vanta ottimi rapporti, avrebbe provato a minimizzare, ma sa bene che la paura del ministro degli Esteri non riguarda solo la stabilità dell'esecutivo.
Di Maio teme che si possa innescare un domino pericoloso tra i sottosegretari e lo avrebbe fatto intendere - sostengono dal Movimento - anche durante i colloqui avuti con i pontieri grillini per ricucire lo strappo con Conte.
Nel sottogoverno, infatti, il ministro degli Esteri ha delle pedine fondamentali della sua rete di potere interna al Movimento: dal suo sottosegretario alla Farnesina, Manlio Di Stefano, alla sottosegretaria alla Giustizia Anna Macina, passando per il ministero per il Sud e la coesione territoriale, presidiato da Dalila Nesci, fino al ministero dell'Economia dove siede, da viceministra, il suo braccio destro Laura Castelli, che nei prossimi mesi gestirà per i Cinque stelle la partita delle nomine dei vertici di 41 società partecipate o controllate dal Tesoro arrivate ormai in scadenza.
Nessuno di loro, nei ragionamenti di Di Maio, deve dunque correre il pericolo di essere rimosso. Perché anche da qui passa, per il ministro del Movimento Cinque Stelle, la strada che porta a un suo ritorno alla centralità nel partito.