CERCAVANO UN PRETESTO E L’HANNO TROVATO - I FRANCO-INDIANI DI ARCELOR MITTAL LA DICONO TUTTA: “ANCHE SE LA PROTEZIONE LEGALE FOSSE RIPRISTINATA, NON SAREBBE POSSIBILE ESEGUIRE IL CONTRATTO” - PERCHÉ? LE VICENDE GIUDIZIARIE IN ATTO PORTERANNO QUASI CERTAMENTE ALLO SPEGNIMENTO DELL'ALTOFORNO 2, COMPORTERANNO LO SPEGNIMENTO ANCHE DEGLI ALTRI DUE ALTOFORNI ATTUALMENTE IN FUNZIONE A TARANTO, L'AFO1 E L'AFO4. OVVERO LA CHIUSURA DELL'INTERA AREA A CALDO…
-1 - A.MITTAL: ATTESA ASSEGNAZIONE DELLA CAUSA A GIUDICE
(ANSA) - Ci vorrà qualche giorno prima che la Sezione specializzata imprese del Tribunale di Milano assegni ad un giudice, con fissazione poi della data d'udienza, la causa intentata con un atto di citazione da ArcelorMittal che chiede di recedere dal contratto di affitto dell'ex Ilva di Taranto. In media, da quanto si è saputo, ci vogliono una decina di giorni per iscrivere a ruolo la causa e trasmetterla alla Sezione che poi l'assegna ad un giudice. In questo caso, però, data la rilevanza, i tempi potrebbero essere più brevi.
Dopo il deposito dell'atto di citazione, avvenuto tra lunedì e ieri, presso il Tribunale di Milano il procedimento, infatti, deve essere iscritto a ruolo dalla cancelleria centrale del Tribunale civile milanese, che poi trasmetterà la causa alla Sezione specializzata imprese, presieduta da Angelo Mambriani. Da quanto è stato riferito, in media per questo passaggio dall'iscrizione alla Sezione competente ci vuole una decina di giorni, ma in questo caso, data la rilevanza del procedimento, i tempi saranno più brevi, anche perché i vertici del Tribunale si sono premurati che ciò avvenga.
Sarà, poi, il presidente della Sezione ad assegnare ad un giudice la causa e quest'ultimo fisserà la data della prima udienza (negli atti di citazione solitamente la parte indica anche una data di prima udienza che è solo indicativa, perché poi è il giudice a stabilirla). L'atto di citazione presentato dal gruppo franco-indiano nei confronti di Ilva in amministrazione straordinaria ricalca nelle motivazioni addotte per chiedere il recesso dal contratto di affitto delle acciaierie pugliesi quanto già scritto nella lettera sottoscritta dall'amministratore delegato, Lucia Morselli e resa nota lunedì.
L'azienda chiede di accertare e dichiarare l'efficacia del diritto di recesso e in subordine di accertare e dichiarare che il contratto di affitto può essere risolto per "impossibilità sopravvenuta" o ancora in ipotesi ulteriormente subordinata la risoluzione perché è venuto meno "un presupposto essenziale". Infine, secondo quanto ha riportato la stampa locale, anche qualora fossero ripristinate le tutele legali, ossia il cosiddetto 'scudo penale', per il gruppo non sarebbe possibile eseguire il contratto poiché c'è la possibilità che, per un provvedimento dell'autorità giudiziaria di Taranto, venga di nuovo spento l'altoforno 2 e in tal caso dovrebbero essere spenti anche gli altiforni 1 e 4.
2 - MA IL COLOSSO FRANCO-INDIANO TIRA DRITTO: «SARÀ RECESSO ANCHE SE TORNANO LE TUTELE»
Giusy Franzese per “il Messaggero”
Non sembra ci possa essere nessun ripensamento all'orizzonte da parte di ArcelorMittal sull'addio all'ex Ilva. Il colosso franco-indiano tira dritto nella sua decisione di andare via a gambe levate dall'Italia. E tanto per far capire che la lettera di recesso dal contratto inviata l'altro ieri ai commissari straordinari non è un bluff, una pattuglia di avvocati incaricati dall'ad Lucia Morselli alle primissime ore dell'alba di ieri ha già depositato presso il Tribunale civile di Milano un atto di citazione contro Ilva spa in amministrazione controllata con la richiesta di convalidare le ragioni del recesso. Insomma, mentre governo e schieramenti politici si scambiano reciproche accuse e lanciano ultimatum, l'azienda ha già dato il via alla battaglia a suon di carte bollate.
L'ATTO DI CITAZIONE
Ed è qui, in questo atto di 37 pagine (e altrettanti allegati), dove si ripercorre punto per punto l'avventura della gara, l'aggiudicazione, le modifiche del contratto con l'addendum ambientale, gli investimenti previsti e le condizioni per attuarli, è qui che a pagina 25 si legge la frase che suona come una campana a morto: «In ogni caso, anche se la protezione legale fosse ripristinata, non sarebbe possibile eseguire il contratto» perché nel frattempo le vicende giudiziarie in atto che porteranno quasi certamente allo spegnimento dell'altoforno 2, comporteranno lo spegnimento anche degli altri due altoforni attualmente in funzione a Taranto, l'Afo1 e l'Afo4. Ovvero la chiusura dell'intera area a caldo. E il siderurgico di Taranto funziona a ciclo integrale.
Come dire: il governo ora si può anche scervellare per trovare una soluzione all'abolizione dello scudo penale (che resta comunque la prima causa elencata anche in questo atto di citazione a giustificazione del recesso), ma non sarà sufficiente a innestare una retromarcia. A spiegarlo a Conte e al resto dell'esecutivo oggi a Palazzo Chigi, ci sarà direttamente l'azionista, con il gran capo Lakshmi Mittal e il figlio Aditya.
Una scelta che farebbe pensare a un gesto di rispetto nei confronti del governo. Ed è forse da qui che discende l'ottimismo dichiarato dal premier al termine di una giornata costellata da ultimatum: «Sono fiducioso nell'incontro di domani» ha detto Conte. Ma c'è anche chi interpreta la discesa in campo del miliardario indiano come un segnale di assoluta determinazione a chiudere la partita.
A meno che il premier non riesca a convincerlo che quel «clima di incertezza, sfiducia e ostilità» che il gruppo lamenta anche nelle carte presentate in tribunale, tutto ad un tratto svanisca e si trasformi in leale collaborazione tra soggetti che perseguono gli stessi obiettivi: mantenere alti i livelli di produzione e occupazione, nel rispetto di salute e ambiente.
Nei documenti ufficiali (e nelle parole che l'ad Lucia Morselli ha prima scritto e poi riferito personalmente ieri ai lavoratori di Taranto) sembra però che non ci sia altro scenario che la consegna delle chiavi: il piano industriale è compromesso, si dice più volte. I motivi sono spiegati uno ad uno nella lettera ai commissari, ribaditi nell'atto di citazione (che il sito della testata pugliese Corrieredelgiorno.it è riuscito ad ottenere, pubblicandolo per intero): primo è venuto meno un «presupposto essenziale» del contratto, ovvero la protezione legale appena abolita; inoltre c'è «l'impossibilità sopravvenuta» a causa delle vicende giudiziarie che coinvolgono parti indispensabili dell'impianto (l'altoforno 2).
Ma i legali di ArcelorMittal, Giuseppe Scassellati e Ferdinando Emanuele (studio Cleary Gottlieb), vanno oltre e chiedono ai giudici - se queste motivazioni non fossero ritenute sufficienti - l'annullamento del contratto «per dolo». Perché gli allora commissari, in fase di data room, «hanno deliberatamente descritto in maniera erronea e fuorviante circostanze fondamentali sulle condizioni dell'altoforno 2 e allo stato di ottemperanza delle prescrizioni del tribunale per adeguare gli altiforni».
IL SEQUESTRO
La vicenda giudiziaria dell'altoforno 2, che vede sequestri, sospensioni, ricorsi e controricorsi, va avanti infatti dal giugno 2015, a seguito di un incidente mortale di un operaio. Era tre anni prima dell'aggiudicazione definitiva della gara: in questo frangente i commissari avrebbero dovuto portare a termine tutta una serie di imposizioni per mettere a norma l'impianto, ma non ci sono riusciti. Anche adesso, con una deadline al 13 dicembre, hanno dichiarato di essere lontani dal completamento degli interventi richiesti, pronti a chiedere un'ulteriore proroga.