CERCHIAMO DI CAPIRE IL POVERO CONTE: TRACOLLA NEI SONDAGGI, E GLI SERVE URLARE CONTRO L’AUMENTO DELLE SPESE MILITARI PER RISALIRE - PEPPINIELLO APPULO STA CERCANDO DISPERATAMENTE DI RACCATTARE CONSENSI USANDO I TONI BARRICADERI ALLA DIBBA. MA DRAGHI NON HA INTENZIONE DI CEDERE: NON VEDE L’ORA DI ANDARE ALLA CONTA E SPACCARE IL MOVIMENTO, TENENDOSI L’ALA GOVERNISTA DI LUIGINO DI MAIO - IL SOMMARIO DI GUERINI USATO DAI GRILLINI PER DIMOSTRARE UNA SUPPOSTA RETROMARCIA DEL GOVERNO (CHE NON C’È)

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1 - DRAGHI: "NESSUN DIETROFRONT" CONTE ATTACCA: "STAI MENTENDO"

Federico Capurso,Ilario Lombardo per “la Stampa”

 

GIUSEPPE CONTE DOPO L INCONTRO CON MARIO DRAGHI A PALAZZO CHIGI

Il leader dei Cinque stelle, Giuseppe Conte, di colpo sembra aver abbracciato una nuova radicalità in salsa grillina, nei toni e nelle battaglie da condurre. Radicalità a cui il premier Mario Draghi è invece poco avvezzo. Anche da qui si spiega la crepa nel loro rapporto che si è aperta intorno al tema dei maggiori stanziamenti per la Difesa.

 

E che, nonostante il compromesso trovato intorno alla data del 2028 per raggiungere il 2% di Pil in spese militari, lascia ancora una lunga scia di veleni. I due si scambiano accuse ruvide, offrendo contrastanti ricostruzioni dello scontro avvenuto a palazzo Chigi mercoledì pomeriggio, ma «non c'è alcuna volontà di minare la stabilità del governo», si è affrettato ad assicurare Conte ieri pomeriggio in un colloquio al Quirinale chiesto dal presidente Sergio Mattarella. Draghi, questo, lo ha apprezzato.

MARIO DRAGHI E GIUSEPPE CONTE

 

E il voto favorevole in Senato dei Cinque stelle sul decreto Ucraina, approvato ieri - col no del presidente della Commissione Esteri Vito Petrocelli, che viene espulso dal Movimento - ne è una prova. «Ci accusano di aver fatto questa battaglia per meri fini elettorali - si è spiegato Conte con il capo dello Stato -, ma dimenticano che è insita nel nostro dna, sono i nostri principi».

 

Ci sarà anche la coerenza con i valori M5S, ma Conte vuole soprattutto invertire la sua tendenza alla moderazione e, insieme, quella dei sondaggi del partito. Per questo alza i toni come mai aveva fatto prima. «Da Draghi non ho avuto risposte sulla questione economica e finanziaria», lo accusa. Anche l'ultimo provvedimento sul caro bollette «non è sufficiente», dice in una diretta sui social.

GIUSEPPE CONTE VITO PETROCELLI

 

Poi, promette battaglia sul Def, il Documento di economia e finanza, anche se il premier assicura che non ci saranno riferimenti alle spese militari, e chiede sempre a Draghi che «ci spieghi ora dove trova le risorse per le armi, visto che ci ha detto che non può fare uno scostamento di bilancio». Con l'occasione si dice anche stufo dell'atteggiamento del Pd, che ha appoggiato il premier sul tema degli investimenti nella Difesa: «Pretendiamo rispetto, non posso accettare accuse di irresponsabilità.

 

Non siamo una loro succursale», tuona con i cronisti fuori dalla sede del partito.

Tutto questo, per Draghi, è la riprova di un cambio di atteggiamento poco consono alla gravità del momento e l'inizio di una pericolosa deriva da campagna elettorale all'interno della sua maggioranza. Il premier non manca di far notare il suo disappunto nel corso di una conferenza stampa che in mattinata si tiene nella sede della Stampa estera.

guerini draghi

 

Sceglie un tono freddo ma abrasivo per offrire la sua versione del confronto avuto con il leader M5S sulla data in cui si sarebbe raggiunto il 2% di Pil in spese militari: «Conte chiedeva un allungamento dell'obiettivo al 2030 - racconta Draghi -. Io ho detto: "No, si fa quel che il ministro Guerini ha proposto e deciso", cioè il 2028. Successivamente, è uscito un comunicato che diceva che quella era proprio la richiesta di chi non voleva l'aumento delle spese militari.

 

CONTE DRAGHI

Quindi - conclude con una punta di veleno -, non c'è disaccordo». Come a voler trasformare la «battaglia» rivendicata da Conte. Quando l'ex premier lo ha sentito, è andato su tutte le furie: «Draghi sta mentendo! Non avevo chiesto il 2030, ma avevo chiaramente lasciato un margine più ampio, "tra il 2028 e il 2030"».

 

Ma a infastidire Draghi c'è anche la consapevolezza che Conte, dopo tre anni da presidente del Consiglio, non poteva non sapere che la data del 2028 era molto vicina a quella del 2027, da tempo indicata nei calcoli del ministero della Difesa per il raggiungimento del 2% di spesa.

 

mario draghi e sergio mattarella all altare della patria

Si diceva da sempre, infatti, che il raggiungimento di quell'obbiettivo nel 2024 fosse impossibile. Fonti di governo aggiungono poi che se il Pil dovesse decrescere in maniera significativa per gli effetti del conflitto in Ucraina, la soglia del 2% potrebbe essere raggiunta anche prima della data del 2028, perché quella percentuale equivarrebbe a una minore spesa. Per il premier, questo non si può chiamare «un dietrofront del governo», come hanno sottolineato i Cinque stelle in una nota: è una distorsione che intacca la credibilità di palazzo Chigi.

LA FINTA RETROMARCIA DI GUERINI

 

2 - FACT CHECKING I 5S E LA FINTA RETROMARCIA DI GUERINI

Da “la Stampa”

 

Il Movimento 5 Stelle sta usando un sommario dell'intervento scritto dal ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, per questo giornale al fine di dimostrare una supposta retromarcia del governo sulle spese militari. Retromarcia che però non c'è e per capirlo basta leggere la lettera pubblicata il 28 marzo da La Stampa.

 

Il punto di partenza del ragionamento, correttamente riportato nel sommario, è questo: «L'obiettivo entro il 2024 del 2% del Pil per le spese militari è un impegno assunto con la Nato». Poi c'è lo svolgimento. Scrive il ministro: «Dal settembre 2019 ho cercato di lavorare per una crescita graduale, costante e sostenibile delle risorse per la Difesa che ci avvicinasse, secondo tempi dettati dalle nostre possibilità finanziarie ma con inequivocabile chiarezza di intenti, agli obiettivi assunti».

LORENZO GUERINI - LUIGI DI MAIO

 

E ancora: «Si tratta di continuare su questa strada, con gradualità e costanza, ma mantenendo chiara la direzione di marcia». Nessuna contraddizione, ma un ragionamento che ha come conseguenza lo spostamento dell'obiettivo al 2028. Il volantino di propaganda digitale mette a confronto, in modo scorretto e fuorviante, due cose diverse: il punto di partenza e quello di arrivo.