CHE DOMENICA BESTIALE - I PICCOLI COMMERCIANTI SI ALLEANO CON I VESCOVI PER RE-INTRODURRE LA CHIUSURA OBBLIGATORIA DI DOMENICA E NEI FESTIVI - PROTESTA LA GRANDE DISTRIBUZIONE, TACE RENZI: SA CHE È UN TEMA DOVE PUOI SOLO PESTARE MERDE


Paolo Baroni per “la Stampa

 

negozi chiusi

La controriforma sugli orari dei negozi ha mosso i primi passi a fine 2012 con un’inedita alleanza tra Confesercenti e Conferenza episcopale. I commercianti lamentavano l’effetto devastante della liberalizzazione completa degli orari e la strage di piccole botteghe; i vescovi, invece, puntavano a tutelare di più riposi domenicali e feste comandate.

 

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E così, al grido di «Libera la domenica», una vera e propria campagna a tappeto durata settimane, sono state raccolte ben 150mila firme per spedire in Parlamento una proposta di legge di iniziativa popolare che chiedeva di abolire completamente le norme volute dal governo Monti. I partiti sono arrivati subito dopo e si sono schierati praticamente tutti a favore: Pd, 5 Stelle, Forza Italia, Ndc e Lega Nord.  Tutti concordi nell’innestare marcia indietro, come anche i sindacati (a iniziare dalla Cgil) e la Confcommercio.

 

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CONSENSO TRASVERSALE

Alla Camera nel corso del 2013 hanno sfornato così ben sei differenti disegni di legge, con Pd e Pdl che puntavano a riassegnare competenze ai sindaci in materia di orari e turni di riposo, la Lega che enfatizzava di più il ruolo delle Regioni ed i grillini che invece voleva autorizzare al massimo 12 festività lavorate ogni anno. La sintesi è arrivata circa un anno fa con la legge approvata in prima lettura con un consenso molto trasversale (283 sì, 15 astenuti e nessun no), che ha visto i 5Stelle accordarsi col Pd e Scelta Civica chiamarsi fuori. Il risultato è quello noto: 12 festività di chiusura obbligatoria, poi ridotti a 6 in virtù di una possibile deroga, pesanti sanzioni per gli inadempienti ed una serie di poteri e competenze riassegnati ai Comuni.

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La nuova legge ora è in Senato e, salvo intralci di calendario, potrebbe venire approvata già entro un mese per passare poi rapidamente alla Camera per una terza lettura ed entrare in vigore dal 2016. A nulla in questi mesi sono valse le proteste dell’Antitrust, che ha parlato di «palese violazione della concorrenza» e dei gruppi della grande distribuzione e delle catene associate (Federdistribuzione e Confimprese), che paventano pesanti contraccolpi su fatturati e occupazione.

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IL SILENZIO DEL GOVERNO

Ed il governo in tutto questo bailamme? Zitto. «Fa orecchie da mercante - spiega Sara Sileoni, vicedirettore dell’Istituto Bruno Leoni -. Ma questo è un po’ contraddittorio se pensiamo che Renzi, quando era sindaco di Firenze, fu in prima linea per liberalizzare orari e aperture nella sua città. È vero però che il tema è molto popolare, piace a tanti: finirà che lasceranno fare al Parlamento».

 

matteo renzi pier carlo padoan

Ieri in Commissione industria è stato costituito un comitato ristretto che dovrà esaminare i 70 emendamenti depositati a luglio. Ma stando al relatore, il senatore Bruno Astorre (Pd), il lavoro dovrebbe venire completato entro la prossima settimana per approdare in aula prima dell’avvio della sessione di bilancio. «C’è il rischio che si proceda con maggioranze variabili», denuncia però Area popolare, che per questo «mette in guardia» Renzi dal dare il suo ok: secondo Luigi Marino, vicepresidente vicario del gruppo Ncd-Udc «è del tutto sbagliato introdurre restrizioni alle attività commerciali» e per questo la legge andrebbe fermata. Ma forse è troppo tardi, o forse no.

BRUNO ASTORRE