GRAZIE ALL'''UNO VALE UNO'' CI RITROVIAMO UNA SCHIAPPA TERRIFICANTE COME LA VICEMINISTRA ALL'ECONOMIA CASTELLI, CHE PARLANDO DEI BOND PERPETUI PROPOSTI DALLA SPAGNA HA DETTO ''NON HANNO SCADENZA E SONO A TASSO ZERO''. E ALLORA CHI CAZZO DOVREBBE COMPRARLI? - OCCHIO: ALL'ESTERO LO VEDONO CHE I TRE CHE IN QUESTA CRISI HANNO IN MANO LA NOSTRA ECONOMIA (GUALTIERI, MISIANI, CASTELLI) SONO CONSIDERATI DEI DILETTANTI ALLO SBARAGLIO DAGLI ECONOMISTI DI TUTTO IL MONDO. AIUTO
Questo ha capito la viceministro Castelli della proposta spagnola: "Debito senza scadenza e a tasso zero". E chi presta i soldi? Non è in grado di leggere. Se oltre al capitale non bisogna pagare neppure gli interessi, si è chiesta a cosa servirebbe il fondo proposto da Sánchez? pic.twitter.com/jQpV90ckQc
— Luciano Capone (@lucianocapone) April 21, 2020
"I debiti dei paesi non sono da restituire dal punto di vista accademico". "È scritto nello speech della Spagna". "È un modo per coinvolgere i cittadini italiani". "Si aprono modelli economici diversi".
— Luciano Capone (@lucianocapone) April 21, 2020
Laura perpetua Castelli spiega così il perpetual debt proposto dalla Spagna. pic.twitter.com/G13BLQg84D
1. IL DEBITO PERPETUO ALLA SPAGNOLA COSTA TANTO IN TERMINI DI INTERESSI, CHECCHÉ NE DICA L'IMPRSENTABILE CASTELLI
Da Dagospia di ieri:
Questo è il fronte dei mercati, ma che succede in Europa? Se di Corona-bond non si parla neanche più, ora restano in campo le due proposte: il Recovery Fund di Gentiloni-Breton, e la nuova trovata spagnola (sussurrata da Angela Merkel all'orecchio di Sanchez), ovvero il debito perpetuo. Di che si tratta? In soldoni, un'obbligazione senza scadenza che garantisce interessi e cedole ma non la restituzione del capitale. Ovviamente si può vendere a terzi, che continueranno a incassare gli interessi. E in genere l'emittente inserisce una clausola per cui a determinate condizioni può rimborsare il capitale e chiudere la faccenda. C'è un bond perpetuo olandese che da 367 anni ancora paga interessi, incassati nel 2015 dall'Università di Yale.
A differenza di quello che dice l'impresentabile viceministra all'Economia Castelli, il tasso c'è, e deve pure essere alto rispetto – ad esempio – ai bond trentennali che potrebbero essere emessi dal Recovery Fund. Per questo la Francia preferisce raccogliere i famosi 1.500 miliardi con obbligazioni a lunga scadenza, invece che con i più costosi bond perpetui. Il problema è che al momento si parla di soli 540 miliardi di aiuti, una cifra decisamente troppo bassa per spalmarla su 27 paesi. Ma ora l'opposizione dei paesi del Nord, dopo aver silurato i Coronabond, si è spostata sull'entità dell'intervento.
2. CASTELLI, LA ''PERPETUA'' DEL MEF
Sandro Brusco per www.ilfoglio.it
È ormai qualche tempo che nel Parlamento italiano sono comparsi vari personaggi che hanno, diciamo così, sottratto gravitas ai titoli di onorevole e senatore. Questa tendenza, già in atto da ormai alcuni decenni e comune a tutti i partiti, ha subito una notevole impennata nelle ultime due legislature, con l’ingresso di quel variopinto caravanserraglio costituito dai gruppi parlamentari del Movimento 5 stelle. Ma anche in quei gruppi talune personalità sono riuscite a spiccare, fornendo con le parole e con le azioni materiale tale da lasciar perplesso chiunque. Tra queste, l’onorevole Laura Castelli è, per chi si occupa di economia, particolarmente degna di menzione.
L’occasione per questo articolo è la proposta, fatta sul suo account Facebook, di emettere titoli di debito pubblico senza scadenza e senza interessi, chiamati “perpetui”. Usando le parole dell’onorevole (che, ricordiamo, è sottosegretaria al ministero dell’Economia e delle Finanze) i “perpetui” sarebbero “titoli di debito emessi senza scadenza e a tasso zero”.
I titoli senza scadenza (o “irredimibili”) non sono certo una novità nel panorama finanziario. Vennero usati, per esempio, nel Regno Unito a partire da metà Settecento. Ne fece uso anche il Regno d’Italia subito dopo la sua costituzione. Oggi non sono praticamente più usati, anche se titoli a lunghi scadenza (per esempio 30 anni), che hanno proprietà simili, vengono emessi praticamente da tutti gli stati. Il “debito eterno” è stato estinto solitamente mediante riacquisto dei titoli da parte dello Stato emittente e conseguente cancellazione.
I titoli irredimibili restano però popolari nei corsi introduttori di finanza e di matematica finanziaria (tranne, apparentemente, in quelli frequentati dall’onorevole Castelli) perché il loro prezzo si può determinare con una formula particolarmente semplice. Sfidando la sorte, scriverò la formula anche se questo è un articolo di quotidiano. Se il titolo paga un coupon di C ogni anno e il tasso d’interesse a lungo termine è r, allora il prezzo di un titolo irredimibile è C/r. Per esempio, se un titolo paga 1000 euro l’anno e il tasso di interesse è il 5% (ossia r=0,05) allora il titolo vale 20.000 euro.
Ora, i lettori più attenti hanno sicuramente notato che nella proposta dell’onorevole Castelli i titoli irredimibili sarebbero “a tasso zero”, ossia nella formula precedente C=0. Una semplice applicazione della formula appena esposta ci dice che il prezzo di tali titoli sarebbe esattamente zero. Una conclusione, peraltro, a cui credo giungerebbero agevolmente anche molte persone totalmente digiune di matematica finanziaria. Provate semplicemente ad andare in giro a chiedere quale prezzo si è disposti a pagare per un titolo che non paga nemmeno un centesimo, né ora né mai.
L’unico modo per sfuggire al paradosso è nel caso in cui i titoli potessero essere direttamente usati nelle transazioni al posto della moneta. In tal caso un titolo emesso per 100 euro nominali varrebbe, appunto, 100 euro. Ma questo ovviamente non è più un titolo di debito, sarebbe moneta. Saremmo quindi nella casistica dei vari strumenti come i “minibot” o i “certificati di credito fiscale” che i vari genietti finanziari de noantri hanno cercato di introdurre, strumenti succedanei alle belle botte inflazionistiche dei tempi andati. Ma forse stiamo dando troppo credito alla sottosegretaria.
I lettori con più memoria ricorderanno un altro episodio in cui l’onorevole Castelli dimostrò una comprensione abbastanza tenue delle relazioni finanziarie. Fu durante un dibattito televisivo con l’onorevole Pier Carlo Padoan in cui, con un memorabile “questo lo dice lei”, si apprestò a negare alcuna relazione tra i tassi dei mutui ipotecari e la generale struttura dei tassi d’interesse dell’economia. Ad avviso dell’onorevole Castelli, e di nessuna persona con un minimo di conoscenza di economia e finanza, i tassi ipotecari vengono determinati in modo completamente indipendente dagli altri tassi, in particolare i tassi sui titoli sul debito pubblico.
Non è mai apparsa alcuna discussione teorica che giustificasse tale posizione, né ovviamente esiste evidenza empirica. Per quel che ci è dato capire la “teoria” della sottosegretaria sembrava essere stata ispirata unicamente da un calcolo propagandistico. In sua opinione, l’elettorato a cui il suo partito si rivolge non è in grado di capire i danni di un aumento dei tassi sul debito pubblico (che il suo governo stava causando con azioni dissennate), mentre può reagire negativamente a un aumento delle quote di mutuo.
Da cui l’urgenza di rassicurare detto elettorato sull’indipendenza dei tassi ipotecari e dei tassi sul debito pubblico. Ovviamente si tratta di un’attitudine che non sembra valutare molto positivamente l’intelligenza dell’elettorato di riferimento, ma qui usciamo dal campo dell’economia e della finanza ed entriamo nel campo della comunicazione politica, in cui brillano diversi personaggi del partito dell’onorevole Castelli.
*Sandro Brusco, Stony Brook University