CHE MODI BRUSCHI! – DOPO LA CINA ANCHE L’INDIA LASCIA SOLO PUTIN NEL PANTANO UCRAINO. AL SUMMIT DI SAMARCANDA NARENDRA MODI È STATO LAPIDARIO CON “MAD VLAD”: “QUESTO NON È IL TEMPO DELLA GUERRA” – A SOTTOLIENEARE L’ISOLAMENTO DI MOSCA SONO ARRIVARE ANCHE LE PAROLE DI ERDOGAN: “IL CONFLITTO DEVE FINIRE AL PIÙ PRESTO” - PUTIN, IL GRANDE SCONFITTO - DAGONOTA: ANCHE I PAESI LIMITROFI ALLA RUSSIA INIZIANO A DUBITARE DELLA GUERRA, COME GLI APPARATI DEL CREMLINO (ESERCITO, POLIZIA, SERVIZI): SE CONTINUA COSÌ, LO ZAR RISCHIA DI NON MANGIARE IL PANETTONE...
-Estratto dell’articolo di Paolo Brera per “la Repubblica”
«Questo non è il tempo della guerra», dice il presidente indiano Narendra Modi appena incontra Vladimir Putin con il suo fardello ucraino. È una frase di piombo. Per due giorni, per tutta la durata di questo summit Sco a Samarcanda, in Uzbekistan, il presidente russo non ha fatto altro che ricevere segnali di disappunto, se non proprio aperte critiche, per l'invasione dell'Ucraina in cui dopo sette mesi ancora scorre il sangue.
Prima il gelo cinese con Xi Jinping, sottolineato dai media di Pechino che hanno dedicato al bilaterale più atteso uno spazio minimo. Poi la bordata a freddo di Modi, pronunciata in pubblico: «Ne abbiamo parlato al telefono», ora è il tempo del cibo, dei fertilizzanti e della sicurezza energetica.
Ciò che tiene insieme il mondo, gli ha detto il leader indiano, sono «la democrazia, la diplomazia e il dialogo», monete di cui Putin ritiene di poter fare a meno. Infine pure il presidente turco Erdogan ha detto in chiaro nell'assemblea plenaria dei 15 - rimasti 14 per l'assenza del premier armeno per il conflitto in corso con l'Azerbaijan - che la guerra in Ucraina «deve finire al più presto».
Insomma è un summit amaro per Putin: «Non ha molti alleati in questo momento, è sempre più isolato», commenta il portavoce della sicurezza nazionale Usa, John Kirby, mentre per il segretario di Stato Antony Blinken da Cina e India arrivano chiare pressioni a «mettere fine alla sua aggressione».
E invece no, Putin tira dritto e ricomincia subito a minacciare un'escalation: «Recentemente le forze armate russe hanno inferto un paio di colpi importanti - probabilmente si riferisce alle dighe e alle centrali idroelettriche bombardate - consideriamoli un avvertimento: se la situazione continua peggiorare, la risposta sarà più seria».
Non attende neppure di tornare al Cremlino per togliersi i sassolini dalle scarpe. Lo fa direttamente al summit, nella conferenza stampa finale. «Sono decenni - dice - che l'Occidente coltiva l'idea di farci crollare, è deprecabile che usino l'Ucraina a questo fine. Faremo di tutto per non permettere che accada, e se aumenterà il pericolo per la Russia risponderemo più duramente. Stanno tentando di colpire le nostre infrastrutture: il nostro obiettivo è impedirlo, è per questo che abbiamo iniziato l'Operazione speciale. E non c'è nessun bisogno di modificarla, oggi. Il nostro obiettivo principale resta il Donbass, abbiamo usato una piccola parte delle nostre forze e non abbiamo fretta».
Dell'eventualità di riprendere i negoziati di pace ne aveva invece parlato con Modi: «So delle tue preoccupazioni e anche noi vogliamo che finisca prima possibile, ma purtroppo la leadership ucraina rifiuta di negoziare e sostiene di voler raggiungere i suoi obiettivi sul campo di battaglia », dice rimodulando il suo vecchio stornello secondo cui a volere la guerra è Kiev, non chi ha tentato di invaderla. Lo ripete anche con la stampa: «Sfortunatamente non vogliono trattare, quindi eccoci qui». […]