A CHE PUNTO E’ LA NOTTE DELLA REPUBBLICA? LO STALLO TRA CONTE E RENZI: IL RIMPASTO (PER ORA) NON BASTA - DAL VALZER DEI POSSIBILI MINISTRI ALLA DELEGA AI SERVIZI, IL PREMIER È PRONTO A CEDERE QUASI SU TUTTO, MA HA UNA PAURA MATTA CHE NON BASTI A PLACARE L’EX ROTTAMATORE – DAL NAZARENO SONO SICURI: "RENZI VUOLE FARE FUORI CONTE, IL RESTO È STRUMENTALE” – LA VIA TRUCIS DI “GIUSEPPI” E I DAGO-SCENARI DELLA CRISI: LA POCHETTE CON LE UNGHIE TORNERÀ A FARE IL PASSACARTE?
-LA VIA TRUCIS DI GIUSEPPE CONTE (DAGOSPIA DEL 4 GENNAIO 2020)
1 – LO STALLO TRA CONTE E RENZI. IL RIMPASTO (PER ORA) NON BASTA
Marco Galluzzo per il “Corriere della Sera”
Nessun contatto fra Conte e Renzi. Nessuno schema certo per sbloccare la crisi. Gli esponenti di Italia viva che continuano ad accusare il capo del governo di non avere mai dato risposte al loro documento politico. Il premier che non fa filtrare nulla, se non che si trova al lavoro, come sempre.
Lo stallo di un crisi che ormai ha i tratti del paradosso, ha anche come contorno scenari che cambiano ad ogni ora: Conte viene dato da fonti di maggioranza costantemente al telefono alla ricerca di responsabili, addirittura vengono segnalati a Palazzo Chigi alcuni senatori eletti all'estero.
Una sorta di piano di scorta rispetto ad un'ipotesi principale, ovviamente ufficiosa, che ha come oggetto un patto politico solenne fra Renzi, Conte e gli altri leader prima delle dimissioni del capo del governo e dell'inizio di una crisi pilotata. Oggi la bozza del Recovery plan dovrebbe arrivare sul tavolo del capo del governo, dopo la sintesi tecnica del Mef, e questo è un'altro snodo centrale.
Conte dovrebbe fare un altro passaggio con i capidelegazione della maggioranza prima di portare il piano in Consiglio dei ministri e affrontare la minaccia di una bocciatura, o delle dimissioni, da parte delle due ministre di Italia viva. Contribuisce alla confusione la divaricazione fra dichiarazioni pubbliche e veline fatte filtrare ai cronisti: mentre si tratta anche su un rimpasto Matteo Renzi continua a dire che «non vogliamo poltrone di ministro, siamo pronti a lasciarle» e aggiunge: «Magari avessimo un problema personale. Noi abbiamo un problema politico con Conte».
Mentre Luigi Di Maio si dice comunque «ottimista», perché «nessuno ci perdonerebbe una crisi in un momento del genere», in tanti anche nel governo si dicono pessimisti, «perché Renzi vuole fare fuori Conte, il resto è strumentale», dicono ai piani alti del Pd. L'argine del M5S intorno alla figura di Conte prosegue, ancora nelle parole di Di Maio: «Ai cittadini va detto che una forza di governo sta mettendo in discussione il governo, ma mi auguro prevalga la responsabilità. Dire che si va a votare tra un mese e mezzo significa rischiare di perdere i fondi del Recovery fund».
Una sintesi prova a farla il vicesegretario del Pd Andrea Orlando, fra l'altro in prima fila nel risiko quotidiano dell'ipotetico rimpasto: «L'alternativa proposta da Renzi non si capisce qual è. Non abbiamo detto che vogliamo il voto perché ci piace andare a votare in piena pandemia ma solo perché non vediamo altra soluzione alternativa all'attuale equilibrio. Ma se si fa un patto di legislatura allora si può andare avanti. Le formule si trovano se c'è la volontà politica, bisogna capire se esiste».
2 – INIZIA IL VALZER DEI POSSIBILI MINISTRI
Federico Capurso per “La Stampa”
Per uscire da una crisi che dentro il Movimento 5 stelle e il Pd considerano già aperta, tutte le opzioni sono ancora sul tavolo. Sopra ogni cosa, c'è il rimpasto di governo. Tre i ministeri segnati in rosso: Lavoro, Trasporti e Interno. Poi, la delega ai Servizi segreti, che Giuseppe Conte ha capito ormai di non poter più tenere. Infine, l'idea di un ritorno del vicepremier, accarezzata dallo stesso presidente del Consiglio durante la conferenza stampa di fine anno.
Eppure, Conte ha il timore che tutto questo possa non bastare a placare Matteo Renzi. Dubbi che si ingigantiscono in queste ore, ma la strada in cui è finito il premier non ha deviazioni meno pericolose. La via del rimpasto - secondo quanto trapela da chi gli è vicino - vuole comunque essere tentata. I ministri, viceministri e sottosegretari del Conte II sono già 65, il massimo consentito dalla legge.
Lo spazio di manovra, anche accorpando alcune deleghe, non è molto. Si sta ragionando, però, sulla possibilità di aumentare il numero limite di poltrone. Sarebbe sufficiente un decreto. Strada non impossibile, già praticata in passato, e che verrebbe giustificata dalla necessità di accelerare sui progetti di rilancio europei. Potrebbe nascere così il ruolo di sottosegretario con delega al Recovery fund, per il quale si fa il nome del vicesegretario del Pd, Andrea Orlando.
Operazione che permetterebbe un più facile assestamento delle altre posizioni. Renzi sa che il minimo che può ottenere è un ministero in più. Per questo, punta ad averne almeno due. La casella meno indolore da liberare sarebbe quella dell'Interno, occupata da Luciana Lamorgese. Un "tecnico" che gode della benevolenza del Quirinale, ma sulla cui sostituzione con un profilo più politico il Colle non porrebbe veti, se si rivelasse necessaria a tenere a galla la nave.
A condizione, però, che al suo posto arrivi un nome "di garanzia". Il profilo individuato è quello del ministro della Difesa Lorenzo Guerini, che verrebbe rimpiazzato dal renziano Ettore Rosato. Ma non è l'unico incastro possibile. Più che in bilico c'è l'attuale ministra del Lavoro Nunzia Catalfo. Anche i suoi compagni di partito del M5S sono disposti a sacrificarla. Renzi avrebbe pronta, per quel ruolo, la sua fedelissima Maria Elena Boschi. Nome, in fondo, gradito a Conte.
Un po' meno ai Cinque stelle, che già ai tempi della formazione del governo giallorosso posero un veto su di lei. Ma sanno anche che il loro potere contrattuale, rispetto a un anno e mezzo fa, è diminuito tanto quanto il consenso. Fermare le ambizioni di Renzi a questi ministeri renderebbe tutto più facile. Ma l'ex rottamatore ha messo gli occhi anche sullo Sviluppo economico, occupato da Stefano Patuanelli. Grillino sulla carta, contiano nei fatti. Se dovesse traslocare, sarebbero due le destinazioni possibili: al ministero dell'Interno, dove sarebbe gradito il suo profilo "moderato", o a quello dei Trasporti.
A proposito di quest' ultimo, occupato dalla Dem Paola De Micheli, la concorrenza è agguerrita. Perché i rapporti tra De Micheli e Conte da tempo non sono idilliaci e in questa crepa potrebbe inserirsi Graziano Delrio, attuale capogruppo alla Camera del Pd, che in quel ministero già occupato ai tempi del governo Renzi tornerebbe volentieri. Come potrebbe tornare all'Agricoltura Maurizio Martina, con la renziana Teresa Bellanova che potrebbe spostarsi al Lavoro. L'aumento di peso di Italia viva all'interno del governo potrebbe essere controbilanciato dal ritorno di un vicepremier, poltrona sulla quale sarebbe in pole Dario Franceschini e subito dietro, se non si riuscissero a creare posti di governo in più, Orlando.
La delega ai Servizi, sulla quale sia Renzi che il Pd spingono perché venga tolta dalle mani di Conte, potrebbe finire nelle mani di un uomo fidato del premier. Si fa soprattutto il nome del segretario generale di palazzo Chigi, Roberto Chieppa, un "non politico" che permetterebbe a Conte di mantenere la sua veste di presidente super partes.