CHE SUCCEDE IN EUROPA? I SOVRANISTI CRESCONO MA NON SFONDANO, CALANO POPOLARI E SOCIALISTI, CHE DOMINANO SOLO IN SPAGNA E PORTOGALLO - L'EFFETTO GRETA FA ZOMPARE I VERDI, OVUNQUE TRANNE CHE IN ITALIA - KURZ DOMINA IN AUSTRIA, CALA IL SUO SOCIO TRAVOLTO DALLO SCANDALO STRACHE - ORBAN HA LA PERCENTUALE PIÙ ALTA D'EUROPA, SEGUITO DA SALVINI
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1. FRONTE SOVRANISTA DA PARIGI A VARSAVIA MA L' EUROPA RESPINGE L' ASSALTO
Marco Bresolin per ''la Stampa''
Un Europarlamento più frammentato rispetto a quello uscente, ma con una vasta maggioranza europeista. O, se preferite: un Europarlamento con una vasta maggioranza europeista, ma più frammentata rispetto a quella uscente.
Giratela come volete, la fotografia scattata ai seggi dagli elettori dei 28 Paesi Ue è questa. Poco mossa, in realtà.
Nelle urne si è fatto sentire il vento nazional-sovranista che ha investito Emmanuel Macron a Parigi e che ha portato in trionfo Nigel Farage a Londra e Matteo Salvini a Roma, ma l' impatto complessivo sull' emiciclo è meno travolgente del previsto.
Il motivo? In altre parti d' Europa - a cominciare dall' Afd in Germania - la spallata delle destre è stata molto meno intensa. La pattuglia sovranista guadagna qualche seggio, ma rimane sotto quella soglia d' allarme che le avrebbe consentito di stravolgere i rapporti di forza nell' Aula di Strasburgo. L' unica che può cantare tranquillamente vittoria è l' affluenza: il tasso è tornato a crescere, invertendo il trend. Ha votato un europeo su due (cinque anni fa il tasso era del 42,5%).
L' incognita dei Verdi Da oggi, quando i numeri saranno definitivi, si inizierà a parlare seriamente di coalizioni. Ma le proiezioni diffuse nella notte rendono possibili due soli scenari. È un dato di fatto il balzo in avanti dei Verdi, trascinati dal successo in Germania (grazie al secondo posto raddoppiano i seggi), Francia, Olanda e Irlanda.
Con il 10% dei voti e quasi 70 eurodeputati (contro i 52 del vecchio Parlamento) «siamo pronti a far valere il nostro peso», come dice il belga Philippe Lamberts, capogruppo uscente. «Gli elettori ci hanno dato fiducia e ciò comporta una grande responsabilità» aggiunge la tedesca Ska Keller. Tradotto: vogliamo entrare nella nuova maggioranza.
Gli schemi di gioco Il bicchiere dei Verdi è indubbiamente mezzo pieno: mai avevano ottenuto un risultato simile. Eppure, dietro le quinte, un pizzico di amarezza c' è. Perché non saranno determinanti. E dunque il loro potere negoziale si ridurrà notevolmente. Come previsto, per la prima volta Socialisti e Popolari non avranno la maggioranza. Però l' apporto dei liberali basterà per superare la soglia necessaria dei 367 seggi. Il nuovo gruppo che si costituirà attorno alla vecchia Alde e alla delegazione di En Marche dovrebbe superare la tanto desiderata «Quota 100», il che garantirebbe alla coalizione tripartito una larga maggioranza (circa 430 seggi).
Litigi sovranisti Numeri che finirebbero per mettere all' angolo i sovranisti, nonostante le nette vittorie in tre dei quattro principali Paesi Ue. Nigel Farage si appresta a guidare la delegazione nazionale più numerosa di tutto l' Europarlamento ed è un vero paradosso visto che il suo partito - il Brexit Party - abbandonerà l' Aula nel momento in cui il Regno Unito uscirà dall' Ue. Nel frattempo in quale gruppo siederà? Marine Le Pen, altra grande vincitrice, preannuncia un «supergruppo sovranista».
Però c' è subito un ostacolo: l' incompatibilità con Diritto e Giustizia. I conservatori polacchi - vincitori in patria - sono pronti a discutere con la Lega, ma ieri hanno ribadito il loro veto sul Rassemblement National. A dividerli c' è la linea politica nei confronti della Russia. E così l' obiettivo di un unico raggruppamento sembra impossibile. Le divisioni rischiano di portare Salvini&C. al quarto o forse addirittura al quinto posto: tutto dipenderà dalle scelte delle singole delegazioni nazionali, che dovranno decidere se andare con Le Pen o con i polacchi.
Il fronte sovranista avanza in Spagna grazie al debutto di Vox, ma zoppica in Austria, perde colpi in Olanda (sparisce il Pvv di Geert Wilders, compensato solo in parte dal partito di Thierry Baudet) e non sfonda nel Nord Europa. Poi c' è Viktor Orban: i suoi 13 seggi per ora sono conteggiati nei popolari, ma non è detto che ci resti.
Scontro socialisti-Ppe Manfred Weber vorrebbe tenerlo in squadra per consolidare il primato del suo gruppo. «Siamo i primi, la presidenza della Commissione spetta a noi», dice il bavarese, che punta alla poltrona di Juncker. Ma i risultati sono tutt' altro che positivi. Solo l' austriaco Sebastian Kurz guadagna terreno. Per il resto - dalla Germania alla Spagna, passando per Italia, Francia e Regno Unito - è una débacle.
Fanno oltre 30 seggi in meno. «Non hanno più la forza per guidare la Commissione» attacca Udo Bullmann, capogruppo uscente dei socialisti-democratici. Anche loro perdono una trentina di seggi, ma ci sono alcuni segnali incoraggianti. Primi in Olanda, Svezia, Spagna, Portogallo e Malta. In Belgio (dove si votava anche per politiche e regionali) i socialisti volano nella regione di Bruxelles e in Vallonia (nelle Fiandre, però, cresce l' estrema destra: non sarà facile formare un governo).
Domani sera i 28 leader Ue si troveranno nella capitale Ue per decidere come spartirsi le cariche di vertice. I socialisti sono pronti a fare asse con i liberali per mettere il Ppe all' angolo. Il nome per l' esecutivo Ue potrebbe essere quello di Margrethe Vestager: ieri sera, a urne chiuse, l' attuale commissario alla Concorrenza è uscita per la prima volta allo scoperto: «Sì, cercherò una maggioranza in Parlamento per farmi eleggere presidente della Commissione».
M5S senzatetto Per Giuseppe Conte non sarà facile muoversi al tavolo delle trattative. La Lega resterà fuori dalla maggioranza, mentre la collocazione del M5S rimane un' incognita. Il progetto di creare un gruppo autonomo sembra naufragato ancora prima di cominciare. Mancano gli alleati. I polacchi di Kukiz '15 non avranno nemmeno un eurodeputato, idem i finlandesi di Liike Nyt e i greci di Akkel. I croati di Zivi Zid conquistano un solo seggio.
Troppo poco: per formare un gruppo servono almeno 25 eurodeputati provenienti da sette diversi Paesi.
2. IL CASO STRACHE FA CROLLARE L' ULTRADESTRA L' AUSTRIA PREMIA IL CANCELLIERE KURZ
Walter Rauhe per ''La Stampa''
Il Partito popolare (Övp) del cancelliere Sebastian Kurz é il grande vincitore delle elezioni europee in Austria. Ad una settimana dall' Ibizagate, il clamoroso scandalo che ha travolto il leader dell' ultra destra della Fpoe Heinz-Christian Strache mandando in frantumi la maggioranza di governo, gli elettori hanno premiato la formazione del centro moderato di Kurz con un risultato c
he rafforza la sua posizione in vista del voto di sfiducia che lo attende oggi a Vienna. Il Partito popolare ha ottenuto il 34,9% delle preferenze. Un balzo in avanti di ben 6 punti e mezzo rispetto alle Europee del 2014 e di 3 punti rispetto alle politiche di due anni fa. Ad incassare invece una sonora sconfitta l' ultradestra che ha pagato l' effetto del video nel quale il leader prometteva ad una sedicente nipote di un oligarca russo appalti pubblici in cambio di finanziamenti al suo partito, è stata proprio la Fpö.
Ieri ha raggiunto quota 17,2%, una flessione di 2 punti, tutto sommato contenuta se paragonata al risultato delle ultime europee, ma ben più drammatica rispetto alle politiche del 2017 quando l' estrema destra populista conquistò quasi il 26% dei voti. Stabile il risultato dei socialdemocratici della Spö confermatisi seconda forza nel Paese col 23,4% delle preferenze, e pronti a votare la mozione di sfiducia nei confronti del cancelliere Kurz, come ha affermato la leader Pamela Rendi-Wagner. Anche il secondo grande partito d' opposizione, quello dei Verdi, non è riuscito a sfondare fermandosi a quota 14%, un punto in meno rispetto al 2014.
La decisione di rompere la coalizione di governo licenziando in blocco i ministri dell' ultradestra e indicendo elezioni anticipate per settembre sembra dunque rivelarsi come positiva per i popolari e per il cancelliere. «Abbiamo ottenuto il miglior risultato mai raggiunto ad un' elezione europea - ha commentato a caldo Kurz-.
È un ottimo segnale per l' Europa e per il nostro Paese».
NUOVO TRIONFO DI SÁNCHEZ LO SPAGNOLO È IL LEADER DEI SOCIALISTI EUROPEI
Francesco Olivo per ''la Stampa''
Pedro Sánchez ha vinto anche la partita di ritorno. Il premier spagnolo, fresco trionfatore delle elezioni politiche, allarga ancora il divario con la destra, diventato di fatto il leader della sinistra europea. Il Psoe ha ottenuto 32,8%, contro il 20% del Partito Popolare e il 12% di Ciudadanos.
I socialisti spagnoli porteranno al parlamento europeo 20 deputati, la comitiva più nutrita del Pse: «Dobbiamo costruire un' alternativa in Europa», ha detto ieri notte Sánchez. Arretra Podemos, fermo al 10%. Entra a Strasburgo anche l' ultra destra di Vox, ma con meno forza rispetto alle attesa (6%). Un seggio lo ha ottenuto anche l' ex presidente catalano Carles Puigdemont, attualmente in Belgio, con un ordine di cattura sul capo nel caso in cui tornasse in Spagna.
Avvocati e giuristi dibattono da mesi se «l' esiliato» (come si definisce Puigdemont) potrà effettivamente entrare in parlamento e godere dell' immunità, senza dover prima passare per un tribunale di Madrid. In ogni caso, si apre una questione complessa anche perché anche l' altro leader indipendentista, Oriol Junqueras, è stato eletto. Junqueras, imputato nel processo per il tentativo di dichiarare l' indipendenza della Catalogna, è in carcere preventivo da oltre un anno e mezzo.
Ma in Spagna ieri si votava anche per le amministrative: molte Comunità autonome e tutti i municipi, compresi Madrid e Barcellona. Ada Colau sconfitta Il Partito Popolare potrebbe riconquistare il Comune di Madrid, togliendo il potere alla giudice Manuela Carmena, indipendente sostenuta da Podemos. Carmena è stata la più votata, ma una coalizione formata da Pp, Ciudadanos e Vox potrebbe cambiare colore al municipio. Cade anche l' altra sindaca simbolo: per un pugno di voti Ada Colau non sarà più la prima cittadina di Barcellona. Il nuovo sindaco sarà con tutta probabilità il repubblicano indipendentista Ernest Maragall, del partito di Junqueras. La capitale della Catalogna finisce in mano ai secessionisti.