CHI MI AMA, MI SEQUI! – ‘’SEGRETARIO DELLA FARNESINA? UN SUICIDIO ASSISTITO. E’ COMPLETAMENTE INADEGUATO”. AMBASCIATORI IMBUFALITI ALLA NOTIZIA DELLA NOMINA DI ETTORE SEQUI, CAPO DI GABINETTO DI LUIGI DI MAIO, A CAPO DELLA FARNESINA, SOTTO LA REGIA DELLO STESSO MINISTRO DEGLI ESTERI - MA SEQUI HA UN’ALTRA ROGNA: QUELLO DI ESSERE STATO, COME AMBASCIATORE ITALIANO A PECHINO, IL TESSITORE DIETRO LE QUINTE DEI RAPPORTI CON LA CINA (IL MEMORANDUM PER LA VIA DELLA SETA) CON I DUE GOVERNI CONTE…
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DAGONEWS
“Sequi, segretario della Farnesina? Un suicidio assistito. E’ completamente inadeguato per il ruolo”. Questa è solo una delle frasi più gentili espresse dalle feluche alla notizia della nomina di Ettore Sequi, capo di gabinetto di Luigi Di Maio, a capo della Farnesina al posto di Elisabetta Belloni, sotto l’attenta regia dello stesso ministro degli Esteri.
Da ieri pomeriggio, gran parte degli ambasciatori sono imbufaliti (o rosicanti?) di tale scelta, pur essendo Sequi un diplomatico di lungo corso con esperienza in Afghanistan e a Pechino, e poi capo di gabinetto del ministro Di Maio alla Farnesina. Prima ancora aveva ricoperto lo stesso ruolo con Federica Mogherini e il suo successore Paolo Gentiloni. Il candidato da premiare, secondo le feluche, doveva essere Armando Varricchio che, dopo Washington, è stato ultimamente destinato a ricoprire il ruolo di ambasciatore in Germania.
Oltre al giudizio sullo standing di ambasciatore, Sequi ha un’altra rogna: quello di essere stato, come ambasciatore italiano a Pechino, il tessitore dietro le quinte dei rapporti con la Cina con i due governi Conte.
Sequi ha preparato il memorandum per la Via della Seta in salsa italiana insieme all'ex sottosegretario in quota Lega Michele Geraci (siciliano, un particolare da non dimenticare nelle relazioni con la Cina). Soprannominato “China man”, Geraci è il fondatore della Task force Cina, che si proponeva “di potenziare i rapporti bilaterali”.
Non solo: prima di arrivare al governo “China man” arrivò al punto (di non ritorno) di scrivere sul blog di Grillo che dalla “Cina possiamo imparare qualcosa” anche sul tema “della sicurezza pubblica”. Praticamente un vero 'piazzista' degli interessi del governo cinese (e responsabile materiale degli accordi Italia-Cina riguardanti la Sicilia e il porto di Trieste, quest'ultimo 'stoppato' dalla NATO).
Ai margini, due altri nomi della 'lobby cinese': Giovanni Andornino (il cui programma TOChina a Torino è uno dei principali canali attraverso cui le 'relazioni cinesi' in Italia si sviluppano) e Enrico Fardella (altro trapanese, professore di Storia delle relazioni internazionali alla Peking Universitya, nonché ccompagnatore e organizzatore con Geraci, della visita a Palermo di Xi Jin Ping. E non dimentichiamo Tiziana Lippiello, Rettore dell'Università di Venezia e gli istituti Confucio, naturalmente.
Per la felicità di Washington e della Cia, correvano gli anni in cui Di Maio non perdeva occasione per dimostrare la sua fedeltà a “Ping”, come chiamò il presidente cinese quando non era ancora Ministro degli Esteri. Non voleva intromettersi sulle vicende di Hong Kong, proprio come Beppe Grillo, che sul suo blog aveva ospitato un intervento negazionista sulle repressioni contro gli uiguri nella regione dello XinJiang.
E quando il leader grillino, colui che attraverso il Mise che guidava aveva aperto le porte italiane ai cinesi promuovendo l’adesione alla Bri (Banca dei regolamenti internazionali), è passato alla Farnesina, sceglie, con una rapidità e una convinzione inusuale, di nominare l’ex ambasciatore a Pechino, Ettore Sequi, come capo di gabinetto. E abbiamo detto tutto.