A CHI SI RIFERISCE IL MINISTRO PAOLO SAVONA QUANDO DICE “POTREMMO TROVARCI NELLA SITUAZIONE IN CUI SONO ALTRI A DECIDERE LA NOSTRA USCITA DALL’EURO”? - L'ALLERTA PREVENTIVA: “BANKITALIA MI HA INSEGNATO A ESSERE PRONTI NON AD AFFRONTARE LA NORMALITA’ MA IL CIGNO NERO’, LO CHOC STRAORDINARIO...”
-Lorenzo Salvia per il “Corriere della Sera”
«Mi dicono, tu vuoi uscire dall'euro? Badate che potremmo trovarci in situazioni in cui sono altri a decidere. La mia posizione è di essere pronti a ogni evenienza». Il ministro per gli Affari europei, Paolo Savona, parla davanti alle commissioni parlamentari sulle politiche Ue di Camera e Senato. Presenta le sue «linee programmatiche», quello che ha intenzione di fare nel corso del suo mandato. E torna sul famoso piano B per l' uscita dell' Italia dalla moneta unica, che tanto fece discutere nei giorni in cui si stava formando il nuovo governo e lo stesso Savona sembrava destinato alla poltrona di ministro dell' Economia.
Pronti a ogni evenienza, dunque. In che senso? «Una delle mie case, Banca d'Italia - dice Savona - mi ha insegnato a essere pronti non ad affrontare la normalità ma il cigno nero, lo choc straordinario». La teoria del cigno nero è quella secondo cui un evento inaspettato viene compreso e razionalizzato solo a posteriori, quando è più difficile correre ai ripari.
L'uscita dall'euro, dunque, non è un obiettivo da perseguire. Ma un'eventualità alla quale prepararsi comunque.
Anche perché «se si vuole che l'euro sopravviva» sono necessarie politiche di crescita e «noi abbiamo bisogno di crescere del 4% l'anno, non dell'1%, servono politiche aggressive». Nel suo intervento Savona ha anche annunciato l'intenzione di incontrare Mario Draghi, il presidente della Banca centrale europea: «Mi recherò da Draghi appena terminato questo incontro. Prima volevo che la mia azione godesse della legittimazione democratica. Ero stato delegittimato dai media e non mi sono mosso fino a questo momento per questi precisi motivi».
Un annuncio sul quale ha poi corretto il tiro, una volta fuori dalle commissioni quando i giornalisti gli hanno chiesto quando avrebbe incontrato Draghi: «Non lo so, devo chiedere», ha detto per poi commentare con un «Se mi riceve sì», l'ipotesi che l'incontro avvenga nei prossimi giorni.
In ogni caso Savona ha ben chiaro cosa dovrebbe cambiare per la Bce: «Se non le vengono affidati compiti pieni sul cambio, ogni azione esterna all'eurozona si riflette sull'euro senza che l'Ue abbia gli strumenti per condurre un'azione diretta di contrasto.
L'assenza di pieni poteri della Bce sul cambio causa una situazione in cui la crescita dell'economia dell'eurozona risulta influenzata, se non determinata, da scelte o vicende che accadono fuori Europa».
Savona ha anche parlato dello spread, il differenziale dei tassi di interesse tra i titoli di Stato italiani e tedeschi, spesso considerati il miglior termometro della speculazione: «Le dichiarazioni rese ai massimi livelli che l'Italia non intende uscire dall'euro e rispettare gli impegni fiscali hanno rasserenato il mercato, ma lo spread non scende perché il nostro debito pubblico resta esposto ad attacchi speculativi». E ancora: «Lo spread resta elevato perché gli operatori attendono di conoscere come il governo intende realizzare i provvedimenti promessi all'elettorato, soprattutto reddito di cittadinanza, flat tax e revisione della Fornero».
Ma se le riforme contano, secondo Savona, il risultato elettorale e la composizione del governo non c'entrano: «Lo spread sarebbe salito a 250 punti perché in Italia hanno votato Lega e Movimento 5 Stelle? Alcuni hanno dato la colpa addirittura a me...», dice ancora il ministro. «Sarei felice di governare lo spread, lo farei in senso contrario ma non coinvolgetemi in queste banalità». «Europeo» ma non «europeista», Savona respinge anche la definizione di «sovranista» e preferisce quella di «trattativista», cioè abituato a trattare.
La sua vera linea programmatica sembra questa. E infatti dice che l' esecutivo deve «realizzare i provvedimenti promessi, soprattutto reddito di cittadinanza, flat tax e revisione della legge Fornero». Ma anche «tenere conto» delle preoccupazioni dei mercati in relazione alla possibilità che la spesa «causi un aumento del disavanzo di bilancio».