CI SIAMO ROTTI LE FIALE - ORA ANCHE LA GRANDE STAMPA ATTACCA L'EUROPA, ACCUSANDOLA DI ESSERE LENTA E INCONCLUDENTE NELLA CAMPAGNA VACCINALE - DAL "FINANCIAL TIMES" A "EL PAIS" FINO AL "GUARDIAN", TUTTI CONTRO LA VON DER LEYEN SULLA GESTIONE DELLA CRISI - AL REGNO UNITO, LIBERATOSI DALLA TENTACOLARE BUROCRAZIA DI BRUXELLES CON LA BREXIT, NON SEMBRA VERO DI POTER FARE IL PIENO DI DOSI CON ASTRAZENECA...
-Giuseppe Liturri per "La Verità"
Il tema della gestione dell'approvvigionamento dei vaccini ha mandato in subbuglio diverse capitali europee, e non solo, nell'ultimo fine settimana. Dublino, Londra e Belfast, Seul, Tokyo e Ottawa. Ma anche Bruxelles, Berlino e Parigi hanno vissuto momenti concitati. È infatti accaduto contro il Covid, ha pensato bene di mettere sotto controllo l'export di vaccini al di fuori della Ue. Prima un semplice obbligo di notifica, inasprito poi con un vero e proprio regime di autorizzazione preventiva.
Peccato che tutto questo sia avvenuto toccando un nervo scoperto importantissimo nei rapporti tra Ue e Uk: la frontiera tra Belfast e Dublino, la cui apertura permanente era stato uno degli aspetti più critici dei negoziati conclusisi solo qualche settimana fa. La Commissione aveva intenzione di applicare i controlli anche a quella frontiera ed è riuscita a far arrabbiare tutti contemporaneamente e, se possibile, a peggiorare la situazione innescando una goffa retromarcia.
Sui media stranieri, solitamente teneri con la Commissione - a partire da El Pais, seguito da Guardian, Telegraph e accompagnati da interventi su Bloomberg e sul Financial Times - è stato un coro di disapprovazione. El Pais titolava sulla «credibilità della von der Leyen che si incrina», sempre sul quotidiano spagnolo il commentatore Wolfgang Munchau ha intonato un de profundis per la Ue che «all'inizio faceva alcune cose buone. Adesso ne fa molte male».
Secondo Munchau, la volontà di intestarsi la fase delle trattative, degli acquisti e della distribuzione ha fatto andare in sovraccarico la Ue, in quanto del tutto impreparata - dal punto di vista istituzionale e dei meccanismi di governo - a farsi carico di tale compito. La complessità dei meccanismi legali e istituzionali della Ue si è rivelata inidonea alla gestione di un progetto in cui il tempo è fattore scarso e, per tale motivo, determinante.
E quando un motore è su di giri rischia di esplodere, ha chiosato Munchau, facendo riferimento all'unione monetaria, che condivide con la vicenda dei vaccini le stesse difettose regole di governo.
Nella giornata di ieri, come riportato da Bloomberg, hanno cominciato a volare anche gli stracci all'interno della Commissione. Infatti il portavoce della presidente, Eric Mamer, ha dichiarato alla stampa che la gestione del dossier, e quindi l'affannoso dietro front sul tema dei controlli alle frontiere, era di competenza del vice presidente esecutivo Valdis Dombrovskis. Il quale si è difeso parlando di una risposta all'emergenza sanitaria creatasi nell'Unione.
Risposta che si è rivelata un infortunio politico di notevole portata che ha messo ha nudo tutti i difetti dell'assetto istituzionale e dei meccanismi di governo della Ue. Il confronto con il Regno Unito si è mostrato impietoso, al punto che perfino un quotidiano come il Guardian, non certo tenero con il premier Boris Johnson, sabato scorso ha raccontato con dovizia di particolari la lunga corsa cominciata già a fine gennaio, mentre da noi eravamo ancora ad «abbraccia un cinese». Giovedì 30 gennaio 2020 gli scienziati della Università di Oxford erano già riuniti a discutere del vaccino. I motivi che hanno portato i britannici a somministrare 12,5 dosi ogni 100 abitanti, contro 2,5 della Ue e gli 8,8 degli Usa, sono riassumibili in una sigla ed un nome e cognome: Vtf (Vaccine task force) e Kate Bingham nominata al vertice da Johnson già a fine aprile. Col risultato che l'ordine firmato ad Oxford Astrazeneca reca la data del 17 maggio, mentre la Ue ci è arrivata ad agosto. Tre mesi di vantaggio.
Ma ancor prima della nomina della Bingham, l'industria farmaceutica inglese aveva compiuto passi da gigante nell'ampliamento della capacità produttiva necessaria per la produzione di vaccini su una scala senza precedenti. La squadra della Bingham aveva con sé il meglio delle competenze scientifiche, organizzative, militari e, soprattutto, tanto denaro.
Basti pensare che il Regno Unito ha potuto pagare alle case farmaceutiche a fondo perduto, senza obbligo di risultato, ben 1,9 miliardi di euro, contro 1,78 della Ue e 9 miliardi degli Usa. Ma la complessità decisionale ha avuto un ruolo determinante per l'accumularsi del ritardo della Ue. La Presidente ha fatto un'enorme fatica per mettere d'accordo 27 Paesi, tra i quali non tutti concordavano sulla necessità di sborsare somme così rilevanti.
Nel mentre, l'orologio continuava a correre. Ieri pomeriggio è addirittura intervenuta la Cancelliera tedesca Angela Merkel in una videoconferenza con i top manager delle case farmaceutiche, la von der Leyen stessa e i leader regionali tedeschi. La Ue ha pure avuto la sfortuna di puntare sul cavallo sbagliato (Curevac) mentre Astrazeneca si è rivelata ex post la scelta forse più azzeccata.
Ai britannici non sarà sembrato vero di assistere già nei primi mesi post Brexit alla più plastica dimostrazione dei vantaggi dell'agilità e della speditezza del processo decisionale, al confronto di una Ue malata di «comitatologia». «Ci vuole un grande pennello, non un pennello grande», era il motto di un famoso spot pubblicitario dei primi anni '80.