CI VOLEVA LA POLEMICA SULLO STADIO ARCOBALENO A EURO 2020 PER RENDERSI CONTO DELLE POLITICHE ANTI-LGBT DI ORBAN? – DURANTE LA PRIMA GIORNATA DEL VERTICE EUROPEO UNO DEI TEMI PIU’ CALDI E’ STATO IL PROVVEDIMENTO DI BUDAPEST CHE PROIBISCE LA DIFFUSIONE DI MATERIALE INFORMATIVO SULL'OMOSESSUALITÀ FRA I MINORI – RUTTE: “SE L'UNGHERIA NON INTENDE ADERIRE AI VALORI EUROPEI PUÒ SEGUIRE LE ORME DEL REGNO UNITO E ANDARSENE” – MA A BUDAPEST SE NE FOTTONO: “ARROGANZA COLONIALE…”
-Gabriele Rosana per "il Messaggero"
«Se vuoi, quella è la porta». Tutti contro Viktor Orbán al Consiglio europeo, e pure con parole forti. La prima giornata del Vertice doveva avere nel menu una cena a base di politica estera, ma il piatto forte è stato il fuori programma sulla legge anti-Lgbt dell'Ungheria, anticipato rispetto ai piani iniziali e finito in agenda a gran richiesta dei leader tra la discussione-flash sulla migrazione e il dibattito su Russia e Turchia. L'antipasto, in realtà, era stato già servito prima dell'inizio della riunione, sin dall'arrivo a Bruxelles dei vari capi di Stato e di governo, che a più voci hanno condannato il provvedimento di Budapest che proibisce la diffusione di materiale informativo sull'omosessualità, l'identità di genere e la riassegnazione del sesso nelle scuole e fra i minori.
L'ATTACCO DI RUTTE
Ad alzare i toni dello scontro è stato il premier olandese Mark Rutte - per una volta non nei panni di capofila dei frugali -: «La possibilità di uscire dall'Ue è contemplata nei Trattati per una ragione», avrebbe detto a muso duro all'indirizzo di Orbán; insomma, se l'Ungheria non intende aderire ai valori europei può seguire le orme del Regno Unito e andarsene. L'Huxit dopo la Brexit: «Se Orbán non fa un passo indietro non ha più un posto qui in mezzo a noi», aveva spiegato l'olandese prima dell'inizio della discussione, pur riconoscendo «che non possiamo cacciarlo» né espellere il Paese.
Incendiaria la risposta a distanza della ministra della Giustizia ungherese Judith Varga, che su Twitter ha accusato Rutte di «arroganza coloniale. L'Ungheria non vuole lasciare l'Ue; al contrario, vogliamo salvarla dagli ipocriti». Pure il presidente del Parlamento europeo David Sassoli si è rivolto direttamente a Orbán, durante il suo intervento in apertura di Vertice: «Gli ho detto di tenere in considerazione le perplessità e le critiche emerse in tutta Europa». Nelle ore precedenti, il numero uno dell'Eurocamera era andato in pressing anche sulla presidente della Commissione Ursula von der Leyen perché attivi il meccanismo che condiziona l'erogazione dei fondi Ue al rispetto dello stato di diritto e delle libertà fondamentali: «Se l'inazione dovesse continuare siamo pronti ad andare davanti alla Corte di Giustizia».
Xavier Bettell, il premier lussemburghese, ha portato al Vertice la sua storia personale, di omosessuale felicemente sposato da sei anni: «Accettare di essere gay è stato difficile, così come cercare il modo per dirlo ai miei genitori. Stare a sentire adesso che la mia omosessualità sarebbe dovuta a qualcosa che ho visto in tv da bambino è inaccettabile; come lo è accomunare omosessualità, pornografia e pedofilia». Anche il segretario generale dell'Onu António Guterres, ospite d'onore del Consiglio europeo, s' è unito alle prime linee dell'Ue: «Siamo in un'epoca in cui razzismo, xenofobia e intolleranza stanno riguadagnando terreno». Poi la cena in cui la questione è stata affrontata con un dibattito - riferiscono fonti europee - franco e a volte emotivo. Anche Mario Draghi ha affrontato in modo diretto Orbàn: «Guarda che questo trattato, sottoscritto anche dall'Ungheria, è lo stesso che nomina la Commissione guardiana del trattato stesso - ha detto all'ungherese il premier italiano - spetta alla Commissione stabilire se l'Ungheria viola o no il trattato».
LA FIRMA
Ma a Budapest non hanno intenzione di fare passi indietro e anzi cercano lo scontro frontale. Nonostante l'invito della Commissione ad avviare un dialogo prima della promulgazione della legge della discordia, contenuto in una nota inviata due giorni fa, ieri mattina il presidente della Repubblica ungherese ha proceduto con la firma. L'esecutivo Ue può però adesso avviare una procedura d'infrazione «a nome di tutti noi», come ha sottolineato ieri anche il presidente francese Emmanuel Macron.
«È legge ungherese», ha detto candidamente Orbán a chi gli chiedeva lumi sulla possibilità di ritirare il provvedimento. E se il premier belga ieri s' è presentato con la spilla rainbow al petto, a dare il benvenuto a Orbán a Bruxelles, mercoledì sera, era stata una Grand Place illuminata d'arcobaleno, quello stesso gioco di luci che l'Uefa aveva vietato all'Allianz Arena di Monaco per il match fra la nazionale tedesca e quella magiara.