IL CIECO E IL CECATO – L’INDIMENTICABILE ALÈ-DANNO AFFIDÒ LA SICUREZZA DI ROMA AL GENERALE MARIO MORI – UFFICIO RISERVATO, GRANDE BUDGET, MA L’EX CAPO DEL SISDE NON SI ACCORSE NÉ DI CARMINATI NÉ DI MAFIA CAPITALE. POI ARRIVO' PIGNATONE...
di Lirio Abbate (anticipazione da “L’Espresso”)
Nello stesso periodo in cui il clan mafioso di Massimo Carminati, insieme a Salvatore Buzzi, si infiltravano in Campidoglio pilotando affari, appalti e lavori milionari affidati direttamente con lo stratagemma dell'emergenza, l'allora sindaco Gianni Alemanno nominava al suo fianco come consigliere della sicurezza il prefetto-generale Mario Mori. L'ex primo cittadino, nello stesso periodo in cui si alimentavano e sviluppavano i tentacoli di mafia Capitale, ha pure affidato la regia di un ufficio extra-dipartimentale super riservato, istituito appositamente per il «coordinamento delle politiche per la sicurezza» all'ex generale.
Così, in quasi quattro anni di attività in Campidoglio come consigliere dello staff del sindaco, il prefetto Mori, con un passato di esperto investigatore antimafia e analista delle organizzazioni criminali organizzate, e direttore dei servizi segreti, non si è mai accorto della presenza del clan di Carminati che attraverso i propri uomini interferiva nella sicurezza di Roma e nelle casse del denaro pubblico.
Gianni Alemanno, come ricostruisce l'Espresso nel numero in edicola domani, affidò all'ex capo degli 007 la sicurezza della Capitale, e il settimanale svela per la prima volta che questa “sicurezza” è costata alle casse del Campidoglio circa otto milioni di euro. Ma nonostante la cifra spesa per i compensi degli uomini impiegati nell'ufficio extra-dipartimentale e i progetti avviati sul territorio, il prefetto e i suoi uomini non si sono accorti della penetrazione del clan di Carminati.
L'Espresso pubblica inoltre la relazione conclusiva dell'attività svolta dall'ufficio fra il 2008 e il 2013, in cui si parla di «sicurezza e legalità» ma non vi è nessun accenno o sospetto all'infiltrazione di mafia Capitale.
Alla vigilia dell'apertura del processo a 46 imputati accusati di far parte del clan di Carminati, l'Espresso dedica grande spazio al racconto fatto dalle vittime degli uomini del “cecato”, in cui spiegano la violenza, le minacce e le intimidazioni subite. Vengono svelati i pestaggi effettuati in pieno centro a Roma, e le minacce effettuate direttamente da Carminati. Uno spaccato della violenza mostrata da questa organizzazione che è uguale a quella che si vive in molte zone del meridione in cui la mafia è padrona del territorio.