CINQUE STELLE, MILLE VELINE - IL POVERO CONTE NON RIESCE A DIRNE UNA SENZA ESSERE SMENTITO POCO DOPO. IERI SE NE AVUTA L’ENNESIMA PROVA QUANDO PEPPINIELLO APPULO E TA-ROCCO CASALINO HANNO FATTO USCIRE UNA NOTA CONTRO PIERFERDINANDO CASINI. SUBITO DOPO L’EX PREMIER È STATO COSTRETTO A FARE UN PASSO INDIETRO A TEMPO DI RECORD - LA CHIAMATA CON GRILLO E IL FACCIA A FACCIA CON DI MAIO
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Domenico Di Sanzo per "il Giornale"
Nel primo pomeriggio Giuseppe Conte appare davanti ai cronisti e prova a silenziare le voci su un asse con Matteo Salvini. Mentre in serata va in scena un'altra puntata della guerra delle «veline», tra sospetti e accuse incrociate. Il caso, stavolta, è una dichiarazione fatta alle agenzie da «fonti qualificate» del M5s.
«Se Pd, Iv e centrodestra vogliono votare Pierferdinando Casini lo facciano pure ma si preparino a sostenere da solo il governo, M5s va all'opposizione», è la nota stringata, ma di una chiarezza irrituale in questi giorni di bizantinismi.
Gli avversari interni accusano subito Conte, descritto come ansioso di andare all'opposizione per riacquistare quell'«agibilità politica» di cui ha fatto menzione anche nel faccia a faccia con Luigi Di Maio alla Farnesina prima dell'inizio delle votazioni sul Quirinale.
Dall'altro lato ci sono le accuse sotterranee al ministro degli Esteri, che vorrebbe Mario Draghi al Colle. Ma, in una giungla di battitori liberi come sono i gruppi del M5s, è possibile che la polpetta avvelenata sia partita da frange più o meno autonome di «cani sciolti».
Difficile trovare un colpevole nella balcanizzazione totale del M5s. Fatto sta che fonti vicine a Conte smentiscono a tempo di record. «È destituito di ogni fondamento qualsiasi riferimento o commento del M5s a nomi di possibili candidati al Quirinale», la precisazione. Il nome di Casini impazza per tutta la giornata anche tra i grillini. Di Maio lo incrocia in mattinata a Montecitorio. Ma è difficile assicurare la tenuta dei gruppi sull'ex democristiano.
Come è complicato arrivare all'unità interna con qualunque candidato che non sia Sergio Mattarella. Infatti tra i 125 voti per Mattarella molti portano la firma dei Cinque Stelle. Ma la mattinata e la serata di martedì sono segnate dalla tensione altissima sui presunti abboccamenti tra Conte e Salvini sul nome di Casellati.
Durante l'assemblea convocata alle 21 con i grandi elettori del M5s l'avvocato stoppa la candidatura della presidente del Senato: «Una carica istituzionale non può essere trasformata in candidatura di bandiera. Creerebbe imbarazzo istituzionale senza logica. Ci auguriamo questa ipotesi venga accantonata dal centrodestra».
Ma il leader aveva corretto parzialmente il tiro già nel pomeriggio e ancora nella prima serata. Per l'ex premier «mettere in gioco una carica istituzionale senza una soluzione condivisa sarebbe un grande errore per il centrodestra e un grande sgarbo istituzionale». Passa qualche ora e l'ex premier torna sull'argomento, mostrando un atteggiamento più morbido rispetto al veto di Letta.
«Non poniamo veti su nessuno ma il centrodestra non può fare una prova muscolare su un profilo istituzionale», abbozza Conte. Una mezza retromarcia era d'obbligo per sedare la tensione interna.
Tanto che si rende necessario l'intervento di Beppe Grillo. Il Garante, indagato per l'affaire Moby, avrebbe voluto evitare un coinvolgimento diretto. Eppure in mattinata è costretto a chiamare Conte. «Giuseppe non vorrai mica rompere con il Pd?», l'avvertimento di Grillo che poi smentisce in diretta con una telefonata a Enrico Mentana la sua presunta insistenza con Conte su Draghi al Quirinale.
Dopo la chiamata fonti M5s parlano di «piena sintonia sulla linea della trattativa che Conte sta conducendo». Nella telefonata è stata rimarcata la necessità di «garantire piena stabilità all'attuale governo». Nella riunione con i grandi elettori il leader M5s prefigura possibili svolte nella notte: «Ci saranno evoluzioni, anche notturne. Abbiamo invitato il centrodestra a un confronto, hanno tutta la notte».