CINQUESTELLE, MOLTE FAIDE - GUERRA APERTA NEL MOVIMENTO CONTRO PAOLA TAVERNA ACCUSATA DAI COLLEGHI DI AVER PRESO L'INDENNITÀ DI FUNZIONE LEGATA ALLA SUA CARICA DI VICEPRESIDENTE DEL SENATO - LA GRILLINA HA POI DOVUTO CHIARIRE DI AVER DEVOLUTO QUEI 40MILA ALLA PROTEZIONE CIVILE - BARBARA LEZZI ESCE DALLA CHAT COMUNE DEL M5S - VITO CRIMI SE LA PRENDE CON I MEDIA E DI MAIO…
-1 - M5S: IRA PARLAMENTARI CONTRO TAVERNA, 'INDENNITA' IN BENEFICENZA? VALGA PER TUTTI'/ADNKRONOS
(Adnkronos) - E' guerra aperta tra Camera e Senato contro la vicepresidente di Palazzo Madama Paola TAVERNA, finita nel mirino di diversi parlamentari grillini per il video, pubblicato su Facebook subito dopo la tornata elettorale, in cui si difende a spada tratta dall'azione disciplinare intentata dai probiviri del M5S contro di lei per presunte mancate restituzioni. Così, volto fiero rivolto alla telecamera, TAVERNA ha snocciolato i numeri di quanto versato in questi 7 anni, ben 309mila euro.
Ma a indispettire deputati e senatori -che si sfogano nelle rispettive chat visionate dall'Adnkronos- è l'ammissione, da parte della vicepresidente di Palazzo Madama, di aver chiesto all'amministrazione del Senato, a maggio scorso, la restituzione degli arretrati dell'indennità aggiuntiva da vicepresidente, cui aveva rinunciato,, per un fine nobile: donare tutto alla Protezione Civile per fronteggiare l'emergenza Covid. Quarantaseimila euro, più altri bonifici da 1.750.
Una scelta, la sua, che però ha surriscaldato gli animi. I parlamentari pentastellati, da sempre, rinunciano ai 'benefit' dovuti a deputati e senatori che rivestono ruoli istituzionali. Tra questi, dunque, anche la parlamentare romana. E' una regola scritta nero su bianco nei regolamenti di M5S di Camera e Senato che prevedono la rinuncia preventiva dell'indennità di carica, come ribadito in una mail del capo politico Vito Crimi lo scorso maggio. E qui nasce il malcontento che trova sfogo nelle ultime conversazioni tra gli eletti, e nei corridoi di Montecitorio e Palazzo Madama.
A chi chiede chiarimenti, in particolare il senatore ligure Mattia Crucioli, TAVERNA risponde piccata, spiegando di aver restituito a un ente pubblico, "non a chi mi pareva", e di non essere in vena di ulteriori reprimende. Poi, interpellata dall'Adnkronos, spiega che "superata l'emergenza Covid, tornerà a rinunciare al benefit" da vicepresidente del Senato. Susy Matrisciano, presidente della commissione Lavoro di palazzo Madama e dunque anche lei tra i rinunciatari della indennità prevista, ricorda con rammarico di aver chiesto di poter donare la sua quota, ma di aver ottenuto un secco niet dai vertici.
2 - LA LITE TRA I 5 STELLE RALLENTA CONTE E LEZZI È PRONTA A LASCIARE IL PARTITO
Monica Guerzoni per il “Corriere della Sera”
Se Nicola Zingaretti sprona Giuseppe Conte a pedalare perché la metaforica bicicletta del governo non cada, a Palazzo Chigi sembrano essersi convinti del contrario. Accelerare a questo punto del percorso non si può, perché se il premier si mettesse a correre il velocipede giallorosso rischierebbe di uscire di strada alla prima curva. E così il capo dell'esecutivo, stretto com' è tra i 5 Stelle in crisi di ossigeno e i dem vogliosi di sorpasso, continua la gara alla sua andatura. All'impazienza del Nazareno Conte intende rispondere non con rimpasti e «formule della vecchia politica»., ma con i fatti.
«Il cambio di passo? Basta chiacchiere, il nostro compito è fare le cose che servono a cambiare il Paese - è il leitmotiv del premier - Ora l'obiettivo è concentrare il lavoro sui progetti del Recovery». Quasi una strategia dello stallo, imposta dalle curve della pandemia, dall'instabilità del quadro politico e dalle tensioni che dilaniano i 5 Stelle dopo la batosta alle Regionali. I parlamentari del Movimento sono usciti spaesati, frustrati e in gran numero rassegnati dall'assemblea congiunta di giovedì sera, in cui il reggente Vito Crimi ha indicato la (lenta) via per gli Stati Generali. Gli umori sono neri. La ex ministra Barbara Lezzi, che guida i ribelli del Senato, si è messa in «pausa».
Ha silenziato i messaggi nella chat del gruppo di Palazzo Madama e molti temono che possa mollare: «Farò uno sforzo per farmi andar bene il matrimonio con il Pd se così si deciderà (al 90%). Se non riuscirò, ho una vita che mi aspetta fuori dal Parlamento (quindi dimissioni)». E un altro caso su cui si litiga riguarda Paola Taverna accusata dai colleghi di aver preso l'indennità di funzione legata alla sua carica, anche se la vicepresidente ha chiarito di aver devoluto quei 40mila alla protezione civile. Scintille esplosive, tanto che su Fanpage il presidente della Camera, Roberto Fico, si appella ai parlamentari: «Non è in alcun modo il momento di dividersi».
E Vito Crimi se la prende con i media per aver raccontato l'assemblea di giovedì: «Sembrava andassimo verso la resa dei conti, il far west, una guerra fra bande, l'inferno... speravano scorresse il sangue...». Nessuno psicodramma, smentisce il capo politico. E però ammette che la strada maestra verso gli Stati generali non è tracciata: «Nei prossimi giorni cercherò di capire qual è il percorso migliore». L'elezione immediata del nuovo capo politico è uscita dai radar. Per arrivare al voto dell'assemblea degli iscritti restano due vie. Consultazione sulle linee guida e poi scelta di un leader, oppure (come vorrebbe la maggioranza), percorso «dal basso».
Luigi Di Maio chiede «rapidità». Conte si tiene alla larga dagli scontri interni, ma è chiaro che lo stato confusionale del partito che lo ha voluto premier non gli consente di allungare il passo. Per il Mes c'è tempo e anche per le riforme è tutto in alto mare. Si faranno con l'opposizione, come vorrebbero Franceschini e Giorgetti? Si tornerà al maggioritario o si andrà dritti sul proporzionale? Matteo Renzi prova a riaprire la partita: «Io sono per il maggioritario, ma non sarebbe una catastrofe il proporzionale». Anche al processo delle riforme serve tempo, quel che tempo che il risultato delle urne ha «regalato» a Conte e di cui il Movimento ha bisogno come l'aria, per scegliersi un leader e ritrovare l'unità.