CINQUESTELLE ALLE STALLE - COME DAGO-RIVELATO, CONTE SPERAVA DI USARE LA GIUSTIZIA PER FAR CADERE DRAGHI MA I 5STELLE SONO STATI COSTRETTI A CEDERE - NEL M5S ACEFALO E' CRISI ISTERICA: "QUI NESSUNO È TITOLATO A TIRARE LE FILA" - PER SEDARE LA RIVOLTA E' SERVITA UNA RIUNIONE TRA I CAPIGRUPPO E I MINISTRI (PRESENTE ANCHE BONAFEDE), POI UN ALTRO INCONTRO DEI PENTASTELLATI CON DRAGHI E DI CARTABIA: "NON TENIAMO I GRUPPI" - LA DECISIONE DI ASTENERSI SULLA RIFORMA È RIENTRATA SOLO QUANDO SONO ARRIVATE GARANZIE DA SUPERMARIO…
-1 - CONTE IN PRESSING PER IL NO MA 5STELLE COSTRETTI A CEDERE
Emilio Pucci per "il Messaggero"
«Grillo è un irresponsabile, sta distruggendo il Movimento. Siamo un corpo senza testa, qui nessuno è titolato a tirare le fila, ci ha tolto l' unico vero punto di riferimento che doveva avere il governo». Massimo rispetto per il lavoro dei sette saggi nominati dall' Elevato, per l' operato dei pontieri Di Maio, Fico e Patuanelli che da giorni si vedono in videocall per trovare una soluzione sullo statuto M5S, ma i contiani ora cominciano ad essere impazienti.
Le partite sulla Rai e sulla riforma del processo penale hanno dimostrato ancora una volta che il Movimento è in balia della tempesta. L' intesa sui poteri di Conte e Grillo ancora non c' è, ma il braccio di ferro di ieri sulla prescrizione ha evidenziato ancora una volta la necessità di un' accelerazione. Ieri mattina M5S puntava al dialogo, anche se dai gruppi erano arrivate indicazioni a non cedere di un centimetro.
«Poi si è mosso Conte per alzare la voce», sibila un ministro. In realtà i componenti M5S della Commissione Giustizia di Camera e Senato sono sempre stati sulla stessa lunghezza d' onda: «Noi spiega un pentastellato siamo entrati al governo a determinate condizioni. Non chiediamo la luna ma non possiamo snaturare l' impianto della Bonafede».
«Non si tratta di un capriccio ma non possiamo prendere schiaffi politici. La responsabilità ci deve essere da parte di tutti», il ragionamento di un altro deputato.
Dunque giusto intervenire sulla durata ma è necessario che si salvaguardi pure l' esito dei processi.
EXIT STRATEGY
Non è stato facile arrivare al compromesso. E non tutti nel Movimento si accontenteranno dell' exit strategy, ovvero di prevedere tempi processuali più lunghi per i reati relativi alla Pubblica amministrazione, come la corruzione e la concussione. Lo psicodramma nel Movimento sul tema della giustizia è stato lungo. Prima una riunione tra i capigruppo e i ministri (presente anche l' ex Guardasigilli Bonafede), poi un altro incontro a palazzo Chigi della delegazione pentastellata al governo, con tanto di pressing nei confronti di Draghi e di Cartabia.
«Non teniamo i gruppi», il refrain. La decisione di astenersi sulla riforma è rientrata solo quando sono arrivate garanzie da parte del presidente del Consiglio. «Siamo spaccati su tutto. Sulla Rai, sulla giustizia, sullo statuto», si lamenta un big M5S. L' intenzione da parte del governo di blindare la riforma del processo penale in Parlamento con il voto di fiducia eviterà ulteriori fibrillazioni. Ma si continua a ballare. «Ricordiamoci sempre chi sono loro e chi siamo noi e soprattutto per chi siamo qua», scriveva su twitter l' ex sottosegretario Castaldi.
D' Incà e gli altri membri del governo hanno poi mediato. Così come sta mediando sullo statuto Di Maio che ieri ha visto l' ex ministro Toninelli. Ma ancora c' è impasse sulla contesa Conte-Grillo. L' ex presidente del Consiglio non vuole che Grillo parli a nome del Movimento, non ne discute il ruolo di garante, ma tiene fermo il punto sulla necessità che sia il capo politico a portare avanti la linea.
Il giurista pugliese aveva pensato di mettersi in proprio, aveva riaperto i canali con alcuni responsabili al Senato, poi lo stop. Anche per il timore che un suo partito potesse apparire come un format personale. Ma adesso il tempo stringe. I contiani temono ripercussioni per l' immagine dell' avvocato di Volturara Appula. «E' passato già molto tempo il parere di un senatore - così si rischia di perdere la faccia. Deve essere chiaro che sulle condizioni di Conte non si può tornare indietro».
2 - LA VITTORIA DELL'ALA GOVERNISTA ORA INDEBOLISCE CONTE
Domenico Di Sanzo per "il Giornale"
La mediazione è difficile, «restano le distanze» dicono i pontieri alla ricerca di un accordo tra Giuseppe Conte e Beppe Grillo, eppure è già ricominciato lo scontro interno al M5s, come se tutto fosse sistemato, la scissione evitata. Scaramucce tra correnti. Da un lato Conte, dall' altro il vasto fronte dei «governisti». Da una parte l' avvocato che per tornare a Palazzo Chigi punta su una solida alleanza con il Pd, dall' altra il gruppo dirigente che vorrebbe mantenere il Movimento il più autonomo possibile.
Mentre sulla Rai Mario Draghi annuncia di voler fare da solo su presidente e Ad, con i grillini che ancora non riescono a trovare un nome per il Cda, il nodo di giornata è stato sulla riforma della giustizia della Guardasigilli Marta Cartabia.
Come ampiamente prevedibile, il partito si è spaccato. I «contiani», guidati dal capogruppo al Senato Ettore Licheri e dal ministro per le Politiche Agricole Stefano Patuanelli, hanno provato fino all' ultimo a marcare le distanze con il resto della maggioranza. «Ci dobbiamo astenere, questa mediazione è inaccettabile», tuonano per tutta la giornata dalle parti dell' avvocato di Volturara Appula. Licheri, nella riunione con i big di governo, chiede ai ministri di non votare il testo che manda in soffitta la «spazzacorrotti» dell' ex ministro della Giustizia Alfonso Bonafede.
Davide Crippa, presidente dei deputati, vicino a Grillo, dice che bisogna andare a vedere la proposta del duo Draghi-Cartabia. Vince la linea dei «governisti». Il M5s vota a favore in consiglio dei Ministri, convinto dall' allungamento dei tempi per la prescrizione in Appello a tre anni e a un anno e mezzo in Cassazione per alcuni reati contro la Pubblica Amministrazione, tra cui corruzione e concussione.
«Qui nessuno ha intenzione di andare a casa prima del tempo, la maggioranza dei parlamentari non vuole mettere in difficoltà il governo», spiega la situazione un deputato grillino. Alessandro Di Battista arringa dalla Bolivia, bollando la riforma-Cartabia come «un maxi-regalo all' impunità. Ovvero ai ladri!». Delusi i contiani, che provano a rilanciare promettendo miglioramenti del testo in Parlamento. Di fatto, vince la linea governativa, tutt' altro che ostile a Draghi, incarnata anche dal ministro degli Esteri Luigi Di Maio.
Parte dei gruppi parlamentari continua a essere sospettosa nei confronti di Conte. «Tutti quelli che sono stati a Chigi hanno l' ossessione di tornarci», sottolinea con Il Giornale una fonte pentastellata di alto livello. Secondo quanto circola in ambienti del Movimento, anche Conte ha il pallino di tornare premier. Una strategia che passa, giocoforza, da un rapporto simbiotico con il Pd.
Tanto che i beninformati suggeriscono che l' avvocato abbia già in tasca un accordo per correre da presidente del Consiglio con il segretario dem Enrico Letta e con lo stratega Goffredo Bettini, tra i massimi estimatori di Conte. Il percorso passa dai territori, oltre che dal controllo contiano del Movimento.
Cruciale la Sicilia, dove si andrà al voto nel 2022. Nell' Isola l' ex premier punta su Giuseppe Provenzano, ministro giallorosso, ala sinistra del Pd. Un candidato che sarebbe gradito a Letta ma non ai tanti eletti siciliani del M5s. Che già sono in fibrillazione e accusano Conte di voler «svendere il Movimento» in cambio di Palazzo Chigi. Al centro delle accuse anche l' atteggiamento alle prossime amministrative. Con la resa di Milano e Torino, l' appoggio ufficiale al candidato di sinistra Matteo Lepore a Bologna e la corsa unitaria a Napoli, dove il civico Gaetano Manfredi è considerato emanazione del Pd. Resiste Virginia Raggi a Roma, nonostante Conte.