COME DAGO-RIVELATO, IL CONSIGLIO NAZIONALE DEL M5S RIUNITO IERI SERA ERA SOLO FUFFA BY TA-ROCCO CASALINO: NIENTE ESPULSIONE, SOLO UNA NOTA CONCLUSIVA IN CUI I VERTICI DEL M5S RIBADISCONO LA COLLOCAZIONE EURO-ATLANTICA DELL'ITALIA (MEJO DI UNA BARZELLETTA) – IL MINISTRO DEGLI ESTERI NON PUÒ ESSERE CACCIATO PERCHÉ NON È STATO ANCORA ISTITUZIONALIZZATO IL COLLEGIO DEI PROBIVIRI. DI CUI PERALTRO FANNO PARTE DUE MEMBRI DEL GOVERNO – COSA SUCCEDERÀ ORA? LA CONVIVENZA È ORMAI IMPOSSIBILE, SOLO GRILLO PUÒ METTERCI UNA PEZZA - L’ATTACCO DEI CONTIANI E LA REPLICA DI LUIGINO: “DECIDONO DI FARE DUE COSE: ATTACCARE, CON ODIO E LIVORE, E METTERE IN DIFFICOLTÀ IL GOVERNO…”
1 - SCINTILLE TRA I 5 STELLE SU DI MAIO MA L'ESPULSIONE PER ORA NON C'È
Emanuele Buzzi per il “Corriere della Sera”
Una domenica sul filo della tensione. I vertici M5S riuniscono il Consiglio nazionale in serata. Tema del giorno le dichiarazioni pubbliche di Luigi Di Maio. «Ora basta», dicono i contiani facendo intuire che il presidente del Movimento punta su una linea dura per chiarire l'affaire Di Maio.
Alle 21,30 inizia la riunione dei big stellati per decidere che linea adottare. Giuseppe Conte pone la questione subito su un piano politico, cercando di evitare toni da processo. Una possibile espulsione, insomma, non è sul tavolo.
Tra i quattordici al tavolo il dibattito è acceso, movimentato. Dopo due ore di conciliabolo non trapela nulla. In piena notte, nella nota conclusiva, i vertici m5s ribadiscono la collocazione euro-atlantica dell'Italia, bollando come «immotivate» le accuse del ministro.
«Comunicheremo le nostre decisioni per tempo», dicono nel Movimento. Quello che viene ripetuto come un mantra dai contiani è che il ministro «ha passato il segno». I dimaiani, invece, ostentano sicurezza. «Noi abbiamo agito per il bene del Paese e per il bene del partito: se ci devono processare per questo facciano pure», è il ragionamento che viene ripetuto da più parti.
Eppure il filo conduttore della giornata è scandito dalle voci in merito a una possibile espulsione dell'ex leader dal M5S. I vice di Giuseppe Conte sono sul piede di guerra. «Trovo gravissimo che un ministro degli Esteri si esprima in questo modo, a fronte forza politica che ha sempre rivendicato di essere all'interno di una compagine euro atlantica e della Nato e che, peraltro, è rappresentata da un ex presidente del Consiglio», attacca Alessandra Todde a Sky tg24 . I dimaiani si schierano compatti a fianco del titolare della Farnesina: sono almeno una dozzina gli interventi a sostegno di Di Maio.
In realtà, la strada per l'espulsione è in salita. E molto. Il Consiglio nazionale non ha il potere di cacciare gli eletti, ma può segnalare il caso al collegio dei probiviri. Qui entrano in gioco una serie di complicazioni non indifferenti.
Anzitutto, l'opportunità politica. Due esponenti su tre del collegio (Fabiana Dadone e Barbara Floridia) fanno parte del governo: «Espellere un ministro che cerca di difendere l'esecutivo non sarebbe un gran segnale d'immagine», commenta uno stellato. Il terzo componente del collegio, Danilo Toninelli, non potrebbe comunque deliberare da solo. In secondo luogo, c'è una questione legale.
Le cause aperte - in particolar modo il reclamo presentato a Napoli sulla votazione per lo statuto contiano - pendono come spade di Damocle sulle decisioni interne. Intanto Lorenzo Borré, il legale storico degli espulsi M5S, dice all'Adnkronos : «Sarei disponibile a difendere Di Maio».
Se la strada per l'espulsione è tortuosa, la «convivenza interna» tra contiani e diamaiani appare ancora più ostica. Gli ostacoli sul percorso vanno ben oltre la risoluzione sull'invio di armi in Ucraina. Dovesse Beppe Grillo riuscire a far rientrare temporaneamente la crisi interna, ci sono altri fronti pronti ad accendersi, a partire dalla questione dell'inceneritore di Roma.
Intanto L'ex M5S Vito Petrocelli punge i Cinque Stelle: «Martedì e mercoledì prossimi il Parlamento può togliere la delega in bianco conferita al governo sulle armi all'Ucraina. Io non l'ho votata e mi hanno espulso dal M5S. Ora hanno l'occasione di agire oppure è meglio che tacciano per sempre?», twitta il senatore. Intanto i dimaiani serrano le fila ed è partita la guerra dei numeri.
Secondo i contiani con il ministro sono schierate poche persone, «al massimo una ventina», mentre nell'inner circle dell'ex capo politico si danno cifre diverse. Si parla di 30-40 parlamentari schierati al fianco dell'ex capo politico e - assicurano fonti qualificate - «la cifra è destinata a crescere ulteriormente se Conte continuerà a tenere posizioni troppo radicali». Insomma, si ha l'idea di assistere a una partita che è solo al calcio d'inizio e che si preannuncia piena zeppa di tatticismi.
2 - PROCESSO A DI MAIO
Antonio Bravetti per “La Stampa”
La notte delle stelle cadenti. È iniziato il processo a Luigi Di Maio: ieri sera l'ex capo politico è ufficialmente finito sul banco degli imputati per le sue «accuse strumentali» al Movimento 5 stelle. La resa dei conti si consuma col buio, fin dopo la mezzanotte, in una riunione fiume del Consiglio nazionale del partito convocata da Giuseppe Conte.
Il leader M5S esprime «forte rammarico» per le parole del ministro degli Esteri e ribadisce «i cittadini non vogliono vedere l'invio di altre armi all'Ucraina». Vuole schierare tutto il Movimento contro di lui, chiedendo un chiarimento pubblico di fronte agli iscritti, nessuno chiede la sua espulsione, ma «è un problema che va risolto», fanno sapere i fedelissimi di Conte.
Quando ormai è notte e il Consiglio nazionale è ancora riunito, però, sono in tanti a protestare con il leader e i suoi vice per «la guerra comunicativa di questi giorni». Il partito che l'ex premier sognava muoversi granitico contro Di Maio, si rivela essere pieno di sfumature e di colombe che chiedono una tregua.
Quella di ieri, d'altronde, è stata una giornata di cannoneggiamenti, l'ennesima. Durissimi i vicepresidenti pentastellati. Per Michele Gubitosa «siamo a un punto di non ritorno». Riccardo Ricciardi sostiene che il ministro «da tempo è un corpo estraneo al Movimento». Quanto alla sua possibile espulsione, «vorrei ricordare che da capo politico Di Maio ha espulso persone per cose molto, molto meno gravi». La colpa di Di Maio, per Ricciardi, è di aver «detto che il M5S ha una posizione anti-atlantica o anti-europea. Non è così».
Stesso giudizio da Alessandra Todde, che ricorda che il M5S ha «una sola linea» e giudica così le critiche dell'inquilino della Farnesina: «Dichiarazioni forti, neanche supportate dai fatti, perseguendo obiettivi personali, delegittimando la forza politica che rappresenta». L'atteggiamento di Di Maio, all'interno del partito, non è piaciuto a nessuno, ma in molti durante la riunione chiedono di evitare una guerra fratricida. Gli stessi vertici M5S, nel pieno della riunione, percepiscono che se si continuerà su questa strada verranno messi nel mirino i vicepresidenti. Primo tra tutti, Ricciardi, che ha guidato l'assalto più violento.
Di Maio, da parte sua, non desiste. Risponde a metà giornata con una lunga nota. Si aspettava dai dirigenti pentastellati che facessero «autocritica» e invece, sottolinea, «decidono di fare due cose: attaccare, con odio e livore, il ministro degli Esteri e portare avanti posizioni che mettono in difficoltà il governo in sede Ue.
Un atteggiamento poco maturo che tende a creare tensioni e instabilità all'interno del governo. Un fatto molto grave». Per il titolare della Farnesina «l'Italia non può permettersi di prendere posizioni contrarie ai valori euro-atlantici.
Valori di democrazia, di libertà, di rispetto della persona e di difesa degli Stati. In ballo c'è il futuro dell'Italia e dell'Europa». Con lui Francesco D'Uva, che accusa i vertici stellati di essere «di giorno atlantisti ed europeisti, di notte attenti accusatori pronti a puntare il dito contro Di Maio». Sergio Battelli, altro deputato di area, chiede conto di un «fuoco incrociato sui giornali con parole di una violenza e un odio senza precedenti».
In una situazione già di per sé rovente, s' inserisce l'avvocato Lorenzo Borrè, il legale che ha assistito i militanti che con i loro ricorsi al tribunale di Napoli hanno fatto vacillare la leadership di Conte. «Non compete al Consiglio nazionale espellere Di Maio», precisa. Per cacciare dal Movimento il titolare della Farnesina «deve essere avviato un procedimento disciplinare ad opera del Collegio dei probiviri su istanza motivata del presidente, cioè di Conte».
All'articolo 13, comma C, del nuovo statuto pentastellato si legge infatti: «Il Consiglio nazionale esprime un parere circa la decisione da assumere nei confronti di un eletto che non abbia rispettato la disciplina di gruppo in occasione di uno scrutinio in seduta pubblica o non ottemperi ai versamenti dovuti al M5S». Per Borrè, quindi, «non ci sono i presupposti per l'avvio di una sanzione disciplinare. Perché al momento sono state espresse solamente delle opinioni».
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