COME FARANNO I GRILLINI CHE SUL MES SONO PIÙ A DESTRA DI BORGHI E BAGNAI A SPIEGARE CHE IL LORO GOVERNO FIRMA L’ACCORDO SUL FONDO SALVA STATI? – POCO IMPORTA SE LO STRUMENTO NON VERRÀ USATO, SUL TEMA VIGE LA LINEA LANNUTTI (QUELLO DEI SAVI DI SION), CHE INFATTI È SCATENATO - SE DI MAIO VOLESSE ESSERE COERENTE DOVREBBE USCIRE DAL GOVERNO – IL DOCUMENTO DELL’ALA SOVRANISTA DEL MOVIMENTO: "NO AL FONDO SALVA-STATI E EUROBOND CON CHI CI STA"

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1 – LANNUTTI SOLO IL FRONTMAN, MA IL NO SOVRANISTA AL MES COMPATTA DI MAIO E GRILLO

Jacopo Iacoboni per www.lastampa.it

 

CARLA RUOCCO ELIO LANNUTTI

Elio Lannutti scatenato. Telefonate di Alessandro Di Battista. Carla Ruocco contrarissima. Michele Giarrusso a mobilitare uomini. Tutto usando le chat, da questo punto di vista l’impossibilità di incontrarsi fisicamente non è un problema, per il M5S. Tutto il gruppo europeo in forte imbarazzo, costretto a far arrivare a Di Maio la sua massima vicinanza e contrarietà al Mes. L’ala filo-Pd di Taverna e Roberta Lombardi messa momentaneamente all’angolo. E soprattutto lui, Luigi Di Maio: il vero capo del partito in questo momento, rimasto nonostante tutto in contatto con Beppe Grillo, da sempre contrario al Mes, e ancora ieri su questa posizione.

di battista di maio

 

Non è che alcuni grillini sono sovranisti: è che sulla questione-trattati, Europa, Mes, tutto il Movimento centrale (quello che parte da Casaleggio e arriva alla spina dorsale del gruppo parlamentare), è sovranista e ha fatto campagna elettorale su posizioni in tutto affini alla Lega e al gruppo Borghi-Bagnai-Rinaldi. Il Movimento cinque stelle si trova dunque in una tenaglia, adesso, che rischia di essere il suo epitaffio: accettare il Mes pur di restare in questo governo e al potere, ma scomparire dalle mappe elettorali, o avere un sussulto di coerenza, che rischia di danneggiare in modo pesante il governo Conte2?

 

luigi di maio elio lannutti

Alla fine la battaglia sarà combattuta probabilmente sul terreno più congeniale, quello della propaganda piuttosto che della rottura: ossia verrà comunicato che, in realtà, il governo non ha affatto firmato che utilizzerà il Mes, ha solo firmato un accordo che mette quello strumento a disposizione, ma non verrà usato da Conte. Ma le sorti dell’Italia sono secondarie, in questa battaglia e in questo dilemma.

 

GIUSEPPE CONTE ROCCO CASALINO

Si acuisce invece una siderale distanza che esiste ormai tra Conte e il suo portavoce Rocco Casalino, giudicati ormai troppo legati alle politiche di Zingaretti e Franceschini, e il gruppo fondante e i ministri del M5S. Ieri sera c’è stato un crescendo di agitazione e telefonate tra i grillini. Quando Grillo scese a Roma per incontrare Di Maio, alla fine di novembre, si trattenne un’ora all’Hotel Forum con un solo parlamentare dei tanti che glielo chiedevano. Elio Lannutti (per chi non ricordasse, l’uomo che twittò i Protocolli dei Savi di Sion, un celebre falso della polizia zarista, testo chiave dell’antisemitismo contemporaneo, venendo denunciato dalla Comunità ebraica romana). Ieri Lannutti lo ha informato di come stavano andando le cose: «Con o senza condizioni, il Mes è un cappio al collo per l’Italia, una truffa. Altro che Caporetto: una capitolazione. Ma se [Gualtieri e Conte] pensate di consegnarci alla Troika e farci fare la fine della Grecia, vi sbagliate. Dovete passare per il Parlamento con tutto il M5S, compatto contro il Mes». Grilllo era totalmente sintonizzato su questa linea, racconta chi lo ha sentito.

 

elio lannutti
giuseppe conte con rocco casalino al dipartimento della protezione civile

Si potrebbe pensare che Lannutti sia un personaggio minore, ma è un errore grave, e non è la verità: è l’uomo che i grillini (tutti) volevano alla guida della commissione parlamentare sulle banche, e è forse stato in questi anni l’uomo più influente nella formazione interna della classe dirigente M5S, la persona che il viceministro dell’Economia Laura Castelli chiama «maestro», e al quale anche Carla Ruocco guarda con rispetto da discepola.

 

LAURA CASTELLI

La Ruocco, che oggi è presidente della Commissione Finanze della Camera dei deputati, in queste ore va esponendo il seguente ragionamento, quasi a mettere le mani avanti di fronte all’ira dell’elettorato grillino rimasto: «Il Mes non è stato attivato, né è stata richiesta l'attivazione. Qualsiasi decisione presa dall’Eurogruppo dovrà passare al vaglio del Consiglio europeo. La decisione del Consiglio dovrà passare per il parlamento italiano. Il M5S non permetterà mai che si commissari l’Italia». Quando, nella notte, Vito Crimi esce con la dichiarazione ufficiale del partito («Non è stato firmato o attivato nessun Mes e non lo faremo, basta bufale»), è in piena sintonia con ciò che è uscito fuori dall’intesa chiave, tra Luigi Di Maio e Davide Casaleggio.

 

LUIGI DI MAIO INCONTRA BEPPE GRILLO A ROMA 5

Di Maio ha tenuto il punto: piaccia o meno, mantiene la sua linea. A differenza del premier, che è stato ondeggiante e in questi giorni ha avuto diversi disallineamenti con il ministro degli esteri. Il 22 marzo, Conte fece un’intervista “europeista” al Financial Times in cui diceva: «L’Unione europea utilizzi tutta la sua potenza di fuoco», riferendosi anche a un nuovo Mes. La cosa produsse un brusco confronto (eufemismo) con Di Maio e, secondo alcuni, addirittura il rischio di una crisi di governo, il leader napoletano gli espose non troppo amichevolmente questo concetto: «Se si accetta il Meccanismo europeo di stabilità con il cappello in mano, il Movimento esce dalla coalizione governativa». Stesso concetto fu fatto pervenire poco dopo, senza tante sfumature, al presidente del Consiglio dal blog delle stelle, gestito dall’Associazione di Davide Casaleggio: «Strumenti vecchi e, per noi dannosi, come il Mes, vanno archiviati». Da quel momento è iniziata la retromarcia di Conte, culminata nella posizione di tre giorni fa, «Mes no, è uno strumento assolutamente inadeguato. Eurobond sì». Grillo, stavolta, non soccorre il premier.

 

2 – IL DOCUMENTO ANTI-MES DEI SOVRANISTI GRILLINI CHE PREOCCUPA CONTE

Ilario Lombardo per www.lastampa.it

 

luigi di maio elio lannutti

Nel pieno della trattativa europea, mentre l'Italia era impegnata in un corpo a corpo con l'Olanda su eurobond e fondo salva-Stati, 21 deputati, 1 senatore (Elio Lannutti) e 1 europarlamentare (Piernicola Pedicini) confezionavano un documento che di fatto rappresenta un programma alternativo a quello del governo giallorosso. Soprattutto sul fonte europeo. In apertura, ci sono le firme di chi ha aderito finora. Il documento, intitolato “Proposte di riforma e salvezza nazionale ai tempi del Covid-19”, è stato fatto girare dalla fronda più sovranista dei grillini nelle chat dei parlamentari e sta preoccupando un po’ tutti - dai ministri 5 Stelle, agli alleati del Pd, al premier Giuseppe Conte, il più coinvolto dai negoziati con i partner dell’Ue -, anche perché non c’è stata una presa di distanza dal capo politico reggente Vito Crimi. Su questa apparentemente insanabile frattura il capo del governo deve misurare l’accordo trovato all’Eurogruppo con chi gli aveva chiesto di cancellare il Mes, anche sulla spinta della muscolare battaglia di Matteo Salvini e Giorgia Meloni.

 

PIERNICOLA PEDICINI

Il documento sovranista del M5S è diviso in due blocchi. Il primo tratta «gli investimenti nell’immediato». Il secondo avanza «ulteriori proposte su scala europea» e ha una premessa che è la mina in pancia al governo: «In una crisi sistemica come questa non c’è fondo salva-Stati che possa reggere».  Al punto 10 della piattaforma alternativa c’è scritto «in una crisi sistemica come questa non c’è fondo salva-Stati che possa reggere». Si parla di «revisione totale dei vincoli di bilancio Ue partendo dal Patto di stabilità e archiviando il concetto di deficit strutturale». Al punto 11 la «revisione del quadro finanziario pluriennale Ue, con assoluta contrarietà alla contribuzione netta dell’Italia al bilancio Ue, poiché – scrivono i 5 Stelle – da quando esiste questo strumento l’Italia ha lasciato sul piatto decine di miliardi di euro a favore di altri Paesi».

 

conte ursula

Al punto 3, un’idea che in realtà a quanto ci risulta è stata soppesata anche a Palazzo Chigi ma che ha una formulazione più choc: i paesi del Sud Europa dovrebbero istituire un piano comune ed emettere garanzie per la Banca europea degli investimenti. Si tratterebbe di «di eurobond via Bei garantiti solo da chi ci starebbe». E ancora: «No a politiche fiscali non concertate, sì a dedicare almeno il 30% delle politiche fiscali a livello europeo»; possibilità di controllo degli asset strategici per i singoli Stati dell’area euro e nazionalizzazione di tutte le aziende sottoposte a procedura fallimentare da più di 10 anni.

 

MARK RUTTE ANGELA MERKEL

Per quanto riguarda gli strumenti da attivare la proposta è di usare le società controllate, in un modo o nell’altro, dal ministero dell’Economia: innanzitutto la banca Medio Credito Centrale e la Cassa depositi e prestiti, che verrebbero «ricapitalizzate e trasformate in banche di interesse nazionale garantite e controllate dallo Stato». Così come le Poste verrebbero delistate dai mercati «per essere messe al riparo dalle speculazioni», concedendo la licenza bancaria a Banco poste. Al punto 13 arriva la conclusione che fa tremare l’euro: «Qualora ci fosse una refrattarietà  degli Stati membri dell’Ue a iniziare un nuovo paradigma in grado di rispondere alla crisi sistemica, vanno stabiliti accordi preventivi per la stabilizzazione monetaria con Stati Uniti, Giappone e Cina oltre che con singoli Paesi Ue con interessi convergenti».