COME MAI NESSUNO SI LAMENTA DEL POLTRONIFICIO SPADAFORA? – L’OCCUPAZIONE DEL POTERE DA VERO DC DEL MINISTRO DELLO SPORT: IN UN ANNO ASSUNTE 81 PERSONE, CON UNA SPESA DI 1 MILIONE E MEZZO € - SILURATO SABELLI, SPADAFORA HA PROVATO A DEFENESTRARE ABODI (ISTITUTO CREDITO SPORTIVO) CHE LO HA RESPINTO CON PERDITE GRAZIE ALL'AIUTO DEL PD DI LOTTI - LA RIFORMA (OSTEGGIATA DA CONI E CIO) IN CUI SI MOLTIPLICANO I CENTRI DI POTERI E SI MOLTIPLICANO LE NOMINE DA FARE…
-Alessandro Da Rold per www.laverita.info
Il ministro per le politiche giovanili e lo sport ha un ruolo sempre più centrale nel governo di Giuseppe Conte. Anche grazie a un'occupazione del potere che ha portato avanti da vero democristiano negli ultimi mesi di governo. Ha ingrandito la struttura centrale e ha piazzato i suoi uomini in posizioni strategiche, senza contare le consulenze.
Criticato dal mondo del calcio, spesso vacillante nel suo incarico di ministro per le politiche giovanili e lo Sport durante l'emergenza sanitaria, Vincenzo Spadafora resta uno dei politici più importanti nel governo di Giuseppe Conte.
Prima e durante la ripresa del campionato di calcio in tanti avevano chiesto la sua testa, ma il presidente del Consiglio non lo ha mai messo in discussione. Tanto che il nome di Spadafora non è mai stato nemmeno considerato in un possibile rimpasto della maggioranza. E' inamovibile, apprezzato da Conte, dai 5 Stelle e dal Partito democratico.
Del resto il politico campano di 46 anni è cresciuto alla scuola della democrazia cristiana, prima con Clemente Mastella e poi con Alfonso Pecoraro Scanio, conosce le istituzioni - grazie agli anni insieme all'ex numero uno dei lavori pubblici Angelo Balducci - e soprattutto come mantenere il potere. Basta guardare le riforme fatte nell'ultimo anno al dicastero di largo Chigi, in particolare quelle relative al dipartimento dello sport che in pochi mesi ha visto crescere il proprio personale da 15 unità a 71. Secondo le stime si tratta di una spesa pari 1 milione e mezzo di euro. Non solo.
Pochi mesi fa, a giugno, sono stati selezionati 25 consulenti "esperti" del fondo Sport e Periferie che Spadafora ha assegnato a Studiare Sviluppo, la società del Mef che aveva già accompagnato il ministro nella sua avventura da sottosegretario: 25 profili con stipendi variabili tra 30, 50 e 70 mila euro, di cui curiosamente più del 10% per la comunicazione. Tutt'ora se si va sul sito del bando compare un'errata corrige (https://www.studiaresviluppo.it/avvisi/avviso-per-...). Il fondo periferie è cambiato in «fondo unico a sostegno del potenziamento del movimento sportivo italiano». Del resto esiste un'unità già operativa di questo tipo presso Sport e Salute e un accordo identico con Invitalia di Domenico Arcuri.
In pratica in un anno Spadafora si è rinforzato con 96 persone, un record in tempi di emergenza sanitaria e economica. Il motivo, accentrare sempre di più sul ministero il proprio potere sullo sport italiano. Ma nessuno si lamenta, figuriamoci tra i grillini che hanno fatto per anni una battaglia contro i presunti poltronifici della Prima repubblica. Il ministro è grande amico di Luigi Di Maio e vanta ottimi rapporti anche con il dem Dario Franceschini.
A questi incarichi vanno aggiunte altre consulenze, tra cui 35.000 euro a Andrea Fiorillo il 21 luglio, per assistenza nella gestione del management. Poi ce n'è un'altra per Ernesto Caggiano del 17 luglio, 10.000 euro per perfezionamento di aspetti giuridici. Quindi a Celestino Bottoni altri 15.000 per consulenza fiscale. A Anna Teressa Borrelli vengono dati 15.000 euro per una consulenza sulle politiche giovanili. A Valerio Toniolo, già presidente della fondazione Milano Cortina 2016 e commissario per i mondiali di sci 2021, vanno anche 35.000 euro per consulenze nella gestione di risorse artistiche e culturali. E poi ancora Claudio Rosi, Gianluca Del Giudice, Simone Agostini Santucci, Federico Maria De Luca e Manuela Svampa,
Spadafora sa come far girare le poltrone. Non appena arrivato a Palazzo Chigi nel 2018, all'epoca solo sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega allo sport, sollevò dall'incarico il Direttore dell'Agenzia Nazionale dei Giovani Giacomo D'Arrigo, sostituendolo con Domenico De Maio, avvocato di origine campane, che aveva prima lavorato con lui all'Unicef, coordinandone nel 2011 il movimento dei giovani volontari, e poi lavorato nel suo staff a Palazzo Chigi.
Allo stesso modo, poco prima che cadesse il governo Conte I, Spadafora aveva sostituito Luigi Manconi all'Unar (l'Ufficio antidiscriminazioni), con Triantafillos Loukarelis, anche lui proveniente dal suo staff e con cui aveva lavorato assieme sia all'Unicef che all'Autorità garante per l'infanzia e l'adolescenza.
Quando cadde il primo governo Conte Spadafora riuscì grazie ai buoni uffici di Di Maio e alla sponda di Franceschini, a prendere l'ascensore sociale e diventare ministro. Tenne per sé la delega alle politiche giovanili, e il relativo portafoglio aggiunse quello dello Sport, ricevendo il testimone da Giancarlo Giorgetti, che aveva partorito una riforma attesa da anni. Dopo i primi passi all'insegna di un'apparente umiltà – le cronache narrano di un Ministro che ostentava in ogni occasione pubblica, come fosse un merito, di "non sapere di Sport" – Spadafora ritornò poi subito alla sue abitudini. Dopo pochi mesi dal suo insediamento ha costretto alle dimissioni Rocco Sabelli, il manager nominato da Giorgetti al vertice di Sport e Salute, la società cassaforte dello sport italiano.
Le dimissioni di Sabelli arrivarono dopo il pressing a tutto campo che Spadafora attuò per condizionarne le scelte e sottrargli l'autonomia che lo stesso Sabelli aveva posto come conditio sine qua non per accettare l'incarico di amministratore delegato della Società. Le dimissioni non passano tuttavia inosservate, almeno negli ambienti economici e finanziari, perché il manager di Agnone noto per la sua durezza lascia agli atti, e alle agenzie, una dichiarazione al vetriolo facendo intendere che le dimissioni nascono da una sintonia con l'attuale ministro Spadafora «mai nata e, credo, difficilmente possibile in futuro per evidenti e sperimentate diversità di cultura, linguaggio e metodi», cui fa eco qualche giorno dopo il richiamo alla «politica pasticciona».
Qualche mese dopo Sabelli viene sostituito da Vito Cozzoli, avvocato nonché ex capo di gabinetto di Di Maio. Nel frattempo, Spadafora ha messo nel mirino anche Andrea Abodi, Presidente dell'Istituto di Credito Sportivo che aveva assicurato la stabilità finanziaria e l'autonomia della banca, prorogando il mandato di 6 mesi del direttore generale, Paolo D'Alessio. Spadafora ha provato a defenestrare Abodi, che tuttavia al contrario di Sabelli lo ha respinto con perdite grazie all'aiuto del Pd di Luca Lotti, che lo aveva nominato, e dell'interesse del Ministero dell'Economia e delle Finanze, preoccupato per la tenuta della banca pubblica. Ma Spadafora non demorde e la partita è ancora aperta.
Non finisce qui, perché Spadafora, come anticipato su Panorama.it del 14 agosto, ha poi varato una riforma in cui si moltiplicano i centri di poteri e si moltiplicano le nomine da fare: nuovi dirigenti al Coni (in sostituzione di quelli che rimarranno a Sport e Salute), nuovi dirigenti a Sport e Salute (per rimpiazzare quelli che sceglierà Malagò), nuovi dirigenti al dipartimento per lo Sport, dove non è ancora finito il tentativo di far diventare dirigente generale di primo livello lo stesso capo di gabinetto del Ministero, Giovanni Panebianco.