Niccolò Carratelli per “La Stampa”
«Così non chiudiamo i bilanci». Antonio Decaro non nasconde la preoccupazione per l'impatto del caro energia sui conti dei Comuni. Da una parte, spiega a La Stampa il sindaco di Bari e presidente dell'Anci, si sta ragionando su come ridurre i consumi, dall'altra serve un sostegno maggiore da parte del governo.
Al momento, nel decreto Energia, ci sono 200 milioni a favore dei Comuni, per far fronte ai rincari delle bollette. «Non sono sufficienti, per colmare le perdite di questi primi tre mesi servono almeno 550 milioni - avverte Decaro - altrimenti subiamo un taglio indiretto ai fondi a noi destinati».
Il sindaco di Pesaro, Matteo Ricci, presidente della Lega delle autonomie locali, va oltre: «Serve un fondo ristori per i Comuni, come c'è stato per il Covid - dice - un fondo per tutto il 2022 legato all'inflazione e alle conseguenze della guerra».
In audizione alla Camera, il sindaco di Novara e delegato Anci alla Finanza locale, Alessandro Canelli, parla di «tempesta perfetta in arrivo, avremo gravi difficoltà a tenere gli equilibri di bilancio solidi durante il 2022».
E prospetta conseguenze negative per i cittadini: «Dovremo alzare le tariffe o le imposte dove è possibile - spiega - oppure non resterà che ridurre i costi per i servizi in altri settori».
Nel breve periodo, però, si cercherà di tagliare i consumi, risparmiando dove si può, in particolare sulla pubblica illuminazione, che ha fatto già registrare un +35% e assorbe mediamente il 75% della bolletta energetica di un Comune.
La mossa che i sindaci stanno valutando è quella di smorzare l'intensità della luce dei lampioni durante le ore centrali della notte, a patto di avere la possibilità tecnica di regolare la potenza.
In alternativa, dove la rete è gestita con una doppia linea di alimentazione, se ne può attivare solo una, tenendo accesa la metà dei lampioni. Poi, certo, nelle città d'arte c'è anche l'opportunità di spegnere le luci dei monumenti.
Da una parte si tratta di misure impattanti sulla sicurezza delle città, grandi e piccole, nel cuore della notte. Dall'altra non possono essere risolutive: le stime dei tecnici dell'Anci dicono che il risparmio effettivo sarà poca cosa, rispetto alle esigenze di bilancio.
E il discorso vale, a maggior ragione, per l'altro probabile intervento allo studio, cioè l'abbassamento della temperatura massima del riscaldamento negli uffici pubblici e nelle case private.
Uno o due gradi in meno, magari accorciando anche la fascia oraria di accensione dei termosifoni: partire un'ora dopo e spegnere un'ora prima, tenendo conto delle differenze a livello geografico. Che incidono anche sul calendario di erogazione del servizio.
A Napoli o a Palermo, ad esempio, i termosifoni si spengono il 31 marzo, a Milano o a Roma si possono tenere in funzione fino al 15 aprile. «Sicuramente quest'anno, vista la situazione, non si faranno proroghe, come avviene di solito», precisano dall'Anci.
In ogni caso, è facile intuire che non sarà certo un taglio del riscaldamento per 2-3 settimane a dare respiro ai bilanci. Una situazione di incertezza che non agevola le candidature per interventi legati all'attuazione del Pnrr.
«Abbiamo quadri economici superati settimanalmente dall'aumento dei prezzi dei materiali - lamenta Canelli - questo ci ingabbia nella nostra attività già condizionata dalla carenza di personale e dai tempi strettissimi per la messa a terra delle misure approvate dal governo».