COMUNQUE VADA, PER DI MAIO SARÀ UN INSUCCESSO – LUIGINO IERI IN SENATO ERA TESISSIMO, QUASI PIETRIFICATO, CON IN FACCIA STAMPATO IL TIMORE CHE LA PACCHIA STIA PER FINIRE – SE SI ALLESTIRÀ L’INCIUCIO CON IL PD, FINIREBBE ALL’ANGOLO E IN UN BATTER D’OCCHIO SAREBBE FATTO FUORI DALLA CORRENTE SINISTRA DEL MOVIMENTO: FICO E DIBBA SONO PRONTI A POLVERIZZARLO – I GRILLINI SI SPERTICANO IN LODI PER IL DISCORSO DI RENZI – VIDEO
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1 – LA STRATEGIA DI DI MAIO: RIPARTIRE DA ME E CONTE MA IL MOVIMENTO SBANDA
Alessandro Trocino per il “Corriere della Sera”
La giornata comincia con il pugno chiuso e finisce con il dubbio se sia il caso di riaprirlo e sventolare il rosario salviniano. Lo sbandamento nelle truppe è evidente e ognuno, nel Movimento 5 Stelle, ormai va per conto suo. C' è chi si butta sul Pd, con eccessi di agonismo che li porta a parlare (talvolta a straparlare) di sinistra e Pci. E c' è chi non vuole tagliare il cordone ombelicale con la Lega. Ma ogni certezza crolla, si abbracciano quelli che fino a pochi giorni fa erano i nemici e si scaricano brutalmente i sodali e alleati. In tutto questo i vertici provano a tenere il bando della matassa. E dopo il j' accuse di Giuseppe Conte a Matteo Salvini, si apre una nuova fase, con l' ipotesi prevalente di un governo M5S -Pd.
Luigi Di Maio, non convintissimo in realtà, ha già in mente una condizione impegnativa per i dem. Che racconta ai suoi: «Senza Giuseppe premier e senza me nel governo, non si va da nessuna parte». Del resto Di Maio, in un messaggio social di ieri pomeriggio, lo elogiava con affetto quasi imbarazzante, definendolo «una perla rara».
Peccato che il Pd farà molta fatica a digerire quello che è stato il garante del patto con Salvini, stracciato tardivamente dal premier, come sottolinea Nicola Zingaretti. Alla conversione sulla via del Pd credono in molti, ma non tutti. Emanuele Dessì - noto alle cronache per episodi controversi, come il video con un membro della famiglia Spada e un post in cui si vantava di aver «menato un ragazzo rumeno» - rispolvera un passato di sinistra, perfetto per un nuovo guardaroba: «Io ho militato in Rifondazione fino al '99. E il Movimento, si sa, è nato su istanze riformiste. È normale per noi ora gravitare nel campo progressista di Zingaretti».
Sarà, ma Gianluca Castaldi, a sentir pronunciare da Dessì la parola Berlinguer, ridacchia. E commenta: «Il Pd? Non credo proprio che si faccia un accordo. Lo scenario più probabile è il voto». Poi rivela: «Chiedete al leghista Centinaio cosa si stava dicendo in chat con Renzi, mentre parlava Salvini, l' altro giorno».
Inciucio? Non è dato sapere. La confusione è tanta. Arriva Giancarlo Giorgetti e incrocia Rocco Casalino: «È stato bello», scherza. Poi precisa: «Renzi ha detto che all' inizio del mandato ho diffuso una sua foto, dicendo che non faremo la sua fine. Sbaglia, era della Boschi, che è anche un po' meglio».
Carlo Sibilia, non proprio di sinistra, è possibilista: «Non ci metterei la mano sul fuoco su un accordo con il Pd. Ma vediamo. Comunque il contratto di governo sarà più rapido che con la Lega». Anche il senatore Matteo Mantero vede margini: «Il Pd su certe cose è anche peggio della Lega. Ma abbiamo idee in comune su ambienti e diritti, possiamo incalzarli sul resto».
A un certo punto del pomeriggio, in Transatlantico si diffonde la voce che con la Lega non sia ancora finita: «Vedrete, Salvini lascerà la sua poltrona e andremo avanti con loro per fare la legge di bilancio e il taglio dei parlamentari», dice un senatore. Un' altra fonte conferma e spiega che Di Maio sta facendo un ultimo tentativo. Comprensibile: l' accordo con il Pd comporterebbe un probabile veto nei suoi confronti e in quelli dell' attuale classe dirigente e anche uno spostamento di potere interno verso Fico e dintorni.
Ad altri il ricongiungimento pare fantascienza.
Ma qui siamo oltre il fantasy. Non ci sono certezze e se fino a poche ore fa Matteo Renzi era, insieme al «Pd di Bibbiano», il nemico da abbattere, ora il senatore di Rignano ottiene lodi per il discorso anti Salvini in Senato. Diversi senatori sono rimasti colpiti positivamente dalle sue parole. Lo dice esplicitamente anche Giulia Grillo, già ministro della Sanità: «È stato un bel discorso, davvero interessante soprattutto la parte sull' economia». Già convertita al renzismo? «Ora non esageriamo, certe ferite restano nel profondo».
Ma la politica è un cicatrizzante potentissimo e le ferite si rimarginano in un baleno.
Anche perché, in questa fase, i migliori amici di Di Maio sono proprio i renziani. I quali, per cancellare il veto nei confronti di Renzi, Boschi e Lotti, accreditano Di Maio come il legittimo leader della delegazione 5 Stelle, a differenza degli uomini di Zingaretti, che invece vorrebbero farlo fuori.
E così i «dimaiani» ricambiano, diventando improvvisamente fan dell' eloquio dell' ex «ducetto» o «avvoltoio persuasore», come lo ha chiamato ancora pochi giorni fa Grillo. Per capire come andrà a finire bisogna aspettare le prossime puntate, a cominciare dall' assemblea congiunta prevista per stamattina.
2 - DI MAIO TERRORIZZATO, COMUNQUE VADA È FUORI
Alessandro Gonzato per “Libero Quotidiano”
A pochi metri dal Senato, mentre in aula i leader di partito stavano tenendo i rispettivi discorsi in un clima da saloon, un nutrito gruppo di sostenitori dei 5 Stelle - la claque grillina - scandiva cori di sostegno a Conte e insultava «il traditore», Salvini. Tra gli improperi più frequenti rivolti al leader leghista, «criminale», «assassino del popolo», «parassita».
Il momento, da violento (per fortuna solo verbalmente) si è fatto tragicomico quando i capi dei manifestanti, a favore di taccuini e telecamere, hanno avuto l' ardire di affermare: «Avevamo i migliori ministri del mondo, i più bravi: Toninelli, Bonafede, Lezzi». Andiamo avanti. Alle 13,49, poco più di un' ora prima che la crisi prendesse ufficialmente il via, sul "Blog delle Stelle" il Movimento aveva pubblicato un post dal titolo «Le capriole di Salvini».
Il testo, oltre ad accusare il leghista di incoerenza, lo paragona a Giuda. «A pensarci bene», hanno scritto i responsabili M5S facendo il verso al libro sul capo del Carroccio Il Vangelo secondo Matteo, «il vero Vangelo ci aveva avvertito: in verità vi dico, uno di voi mi tradirà».
Prima, sempre sul blog, era stato inserito un altro intervento, stavolta a firma Di Maio, in cui il vicepremier ha nuovamente lisciato il pelo al presidente del Consiglio e ne ha decantato le lodi fino all' agiografia. Il finale è strappalacrime: «Sei una delle scelte di cui vado più fiero nella mia vita. Sei una perla rara, un servitore della nazione che l' Italia non può perdere».
GIGGINO PIETRIFICATO
Torniamo in aula, dove Di Maio è parso tesissimo, quasi pietrificato, fino a quando sul finale del discorso di Salvini, il quale ha annunciato la disponibilità a tagliare il numero dei parlamentari per poi andare subito al voto, si è lasciato andare a un sorriso ironico e ha commentato scuotendo la testa: «Non ci posso credere».
I due vicepremier si sono ignorati. L' alleanza Carroccio-5Stelle pare finita, ma non sono ancora passati i titoli di coda. Nel dimenticatoio, sicuramente, è destinato a finire Di Maio (rimasto a fianco di Conte per tutta la durata degli interventi).
In caso di una clamorosa riappacificazione con la Lega il grillino verrebbe divorato da Salvini e perderebbe definitivamente la faccia nei confronti di ciò che rimane del proprio elettorato. Dovesse allestire il governo con Zingaretti e Renzi finirebbe comunque all' angolo, peraltro senza i suoi ministri più fedeli a fargli da parafulmine, e in un amen verrebbe fatto fuori anche dalla stessa corrente M5S che in questi 14 mesi non ha digerito la subalternità alla Lega: l' asse Fico (dato tra i possibili premier)-Di Battista lo annienterebbe.
A testimoniare il clima di tensione, la riunione serale dei deputati M5S senza la presenza di Di Maio. Renzi è pronto a cucinare Giggino, e non a fuoco lento, anche se quando ha incontrato in uno dei corridoi del Senato il sottosegretario leghista Giorgetti ha assicurato: «Io al governo con Di Maio non vado». Il che, si capisce, non esclude che possano andarci i renziani.
L' accordo 5 Stelle-Pd però non è di facile riuscita, non tanto per questioni morali quanto per il contraccolpo che avrebbe sull' elettorato e anche perché il M5S teme l' abbraccio mortale dell' ex sindaco di Firenze.
LE TRATTATIVE
Il capogruppo grillino a Palazzo Madama, Patuanelli, è stato diretto: «Con la Lega la rottura è definitiva». Lo stesso Patuanelli, in mattinata, ha incontrato l' omologo del Pd Marcucci, che ha aperto all' accordo coi 5Stelle, ma per un governo di breve durata, come indicato da Renzi. Patuanelli, con la stampa, ha invece preferito ricorrere alla cortina fumogena: «All' orizzonte c' è il rispetto della Costituzione. Per noi non è un congedo da Conte, non abbiamo paura di nessun scenario, nemmeno delle elezioni». «Fonti del Movimento» hanno chiesto le immediate dimissioni di Salvini: «Ha paura di perdere la poltrona?». Dura anche la senatrice Paola Taverna: «I nostri "no" erano alle porcate di Salvini». E poi: «Conte ha pronunciato un discorso di profilo altissimo. Governo col Pd? È l' ultimo dei miei pensieri».
Falso, naturalmente, perché molti grillini per non perdere il posto spingono per un Conte-bis. Sono però terrorizzati da Renzi. Di Maio non si sbilancia e trema.