1. LE CONSEGUENZE POLITICHE DELLA KAZAKATA RISCHIANO DI RIBALTARSI PESANTEMENTE SU RENZI. VENERDÌ IL VOTO DI SFIDUCIA AD ALFANO AL SENATO VEDRÀ ADDIRITTURA ALLARGARSI LA MAGGIORANZA POICHÉ MARONI E LEGA VOTERANNO A FAVORE DEL VICEPREMIER 2. SE I RENZIANI AL SENATO NON PARTECIPERANNO AL VOTO, O VOTERANNO PER IL SI' ALLA MOZIONE DI SFIDUCIA DI GRILLINI E VENDOLIANI FARANNO UN CLAMOROSO AUTOGOL 3. RENZI PUÒ ANCORA SALVARSI SOLO SE FERMA LA SUA RINCORSA AD ELEZIONI CHE NON SONO PIÙ ALL’ORIZZONTE, PERCHÉ BERLUSCONI HA MESSO IN RIGA VERDINI E SANTADECHE’ E BELLA NAPOLI NON PRENDERA' LE SUE DECISIONI SULLE FIBRILLAZIONI POLITICHE MA SUI NUMERI 4. SE RENZI RISCHIA, ALFANO, NONOSTANTE IL VOTO CHE LO SALVA, NE ESCE CON LE OSSA ROTTE NEL RUOLO PIÙ DELICATO TRA I TRE CHE RICOPRE, QUELLO DI MINISTRO DELL’INTERNO
DAGOREPORT
Le conseguenze politiche del pasticcio kazako rischiano pesantemente di ribaltarsi su Renzi Matteo, nonostante il sindaco di Firenze sia stato ben lontano dal teatro operativo degli sciagurati eventi. Venerdì infatti il voto della mozione di sfiducia ad Alfano Angelino al Senato vedrà addirittura allargarsi la maggioranza che nella stessa aula alcuni mesi fa aveva dato la fiducia al governo di Letta nipote poiché Maroni Roberto e quel che resta della Lega hanno fatto sapere che voteranno a favore del vicepresidente del Consiglio.
Quindi, se i renziani al Senato non parteciperanno al voto, cosa più probabile, o voteranno per l'accoglimento della mozione di sfiducia faranno un clamoroso autogol. Voteranno come i Cinque Stelle e Sel, condannando se stessi all'inutilità di una posizione politica tanto più grave se il proprio leader è l'aspirante premier.
Renzi Matteo può ancora salvarsi solo se ferma la sua rincorsa ad elezioni che non sono più all'orizzonte, perché Berlusconi Silvio ha messo in riga Verdini e compagni e, soprattutto, il Capo dello Stato continuera' a non regolare le sue decisioni sulle fibrillazioni politiche ma sui numeri: quando venerdì vedrà la larga maggioranza del Senato a favore del governo avrà avuto anche la conferma del voto parlamentare ad una decisione, quella di sostenere il governo e di non andare ad elezioni, che era già la sua linea più volte annunciata e mai cambiata.
Il fatto è che, senza elezioni in vista, il sindaco di Firenze sta facendo esattamente il gioco dei suoi avversari interni al Pd senza rendersi conto che si è eccessivamente sovraesposto su vari temi, compreso il pasticcio kazako, e che la sua sovraesposizione ricompatta il partito contro di lui.
Si deve anzi rendere conto, e gli amici politici più stretti glielo stanno dicendo accoratamente, che deve passare attraverso la cruna dell'ago di questo Pd qualsiasi cosa voglia fare dopo, segretario o premier che sia. Deve quindi porre fine alle sue fughe in avanti, fughe "quasi masochisticamente autolesionistiche" dice chi cerca di consigliargli una linea realistica. Anche il suo gruppo di parlamentari, aggiungono, non è coeso e lui stesso dovrebbe ricordarsi che la fretta è cattiva consigliera. In fondo, può essere anche una risorsa per il Paese se non si brucia al primo stormir di fronde.
Se Renzi Matteo rischia, Alfano Angelino (pur ottenendo la fiducia del Senato con buoni numeri venerdì prossimo) ne esce comunque con le ossa rotte e lui stesso, in queste ore, starebbe riflettendo se gli conviene di più rinunciare ad una delle tre cariche che ha, facendo soltanto il segretario del Pdl, il vicepresidente del Consiglio o il ministro dell'Interno.
Perché la verità del pasticcio kazako ancora non viene fuori in tutta la sua interezza. Che è fatta per metà di ragion di stato (le cui fondamenta si sapranno molto più avanti: ma, soltanto per fare un esempio, certamente si poteva valutare anche come pressione verso il ras kazako di tenere nella nostra sfera di controllo in Italia la moglie dell'oligarca dissidente come pegno dei buoni affari delle nostre aziende) e per metà di superficialità.
E questa è tutta di Alfano Angelino, che probabilmente non ha capito fino in fondo la delicatezza della questione e l'ha invece trattata come una pratica di routine, tra una dichiarazione contro la Santanchè, un'occhiata a Facebook, una telefonata alla moglie e una al Cavalier Berlusca e a Letta nipote. Il risultato, nonostante il voto che lo salverà, è che ne esce comunque con le ossa rotte nel ruolo più delicato tra i tre che oggi ricopre, quello di ministro dell'Interno. Il quale per esercitare il suo mandato ha bisogno di autorevolezza integra e di una catena di comando che la riconosca. Se entrambe sono incrinate dalla vicenda kazaka, tutto diventa più difficile per l'autorità politica, a prescindere dall'avvicendamento stesso dei burocrati del ministero.